Nicole Moudaber è una figura misteriosa nel panorama della musica elettronica, ma non aspettatevi un artista timida e dal basso profilo, anzi. E’ apparsa sulla scena pochi anni fa, entrando dalla porta di servizio, quella dei promoter. Affrontando un percorso difficile ha sfatato diversi tabù, su tutti quello secondo cui devi nascere dj, non puoi reinventarti a partita iniziata. D’altronde, a Nicole non manca di certo il carattere. E’ stata la prima ambasciatrice della cultura clubbing a Beirut, portando in una città appena dilaniata dalla guerra e dall’odio religioso i top dj di metà anni novanta; quando la musica fa i miracoli. Questa sua passione per la musica le ha fatto anche assaggiare la galera, ma non vi anticipo altro. Ribattezzata da Stewe Lawler e John Digweed come “The Queen of Dark House”, Nicole si è presto affermata come dj e producer di talento. Nonostante la breve carriera ha già inanellato produzioni su etichette di grande prestigio come la Drumcode di Adam Beyer, Sided Dice, Kling Klong and Waveform Recordings. Ha remixato gente come Carl Cox, Mauro Picotto e Bart Skills, e ha un booking regolarmente occupato dai migliori club di mezzo mondo. Nicole sarà anche arrivata tardi, ma sta bruciando le tappe e non sembra intenzionata a fermarsi. L’8 settembre riempirà il Cocoricò con il suo sound “sporco, tagliente, soulful e duro”. Nell’attesa vediamo cosa ci racconta.
Nicole, sei una promoter molto conosciuta che si è convertita in dj e produttrice di successo. Non è proprio un percorso comune, puoi raccontarci meglio di questo passaggio? È una scelta senza ritorno?
Ho dovuto abbandonare Londra e l’attività di promoter quando ho comprato casa a Ibiza, dovevo stare sul posto per seguire la ristrutturazione. Mi sono allontanata dal mondo della musica per meno di tre anni, ma appena i lavori si sono conclusi dovevo assolutamente tornarci. Organizzare feste però, non mi appassionava più. L’evoluzione logica era quella di fare musica e da quell’istante non ho più lasciato lo studio, vivendo i migliori momenti della mia vita. Rimpiango soltanto di non aver avuto prima quella rivelazione o quel fegato. Ma in fondo, non è mai troppo tardi.
Nata in Nigeria e cresciuta in Libano, mi sbaglio? L’Africa dovrebbe quindi essere nelle tue vene e nel tuo spirito. Quale eredità ha lasciato nella tua musica?
Sono cresciuta a Lagos (Nigeria) fino alla mia adolescenza. Poi ho vissuto a Beirut per un breve periodo, prima di partire nuovamente per frequentare l’università a Londra. Sono stata in contatto con la musica africana sin da subito, è incentrata sulle percussioni, carica di tamburi. Puoi sentirli nella mia musica. Ho sempre voluto essere una batterista ma non ho mai avuto una batteria a casa, sostanzialmente i miei non volevano troppo rumore. Così andavo di nascosto a casa degli amici che ce l’avevano, lì suonavo la batteria per ore e ore. Facevo finta di suonarla anche a letto, accompagnando la musica che avevo in cuffia. É davvero una parte integrante di me.
Hai cominciato ad organizzare feste in Libano a metà degli anni novanta, quando il paese stava cercando di risollevarsi dopo essere stato violentato da 15 anni di guerra civile. In quegli anni hai portato a Beirut gente del calibro di Paul Van Dyk e Anthony Pappa, giusto per fare qualche nome. Puoi raccontarci quel periodo e l’atmosfera di quelle feste?
É vero, sono tornata a Beirut dopo la guerra, cominciando a organizzare feste. Sono stata la prima a introdurre quel tipo di cultura non solo a Beirut, ma nell’intera regione. Non avevano mai visto prima un dj all’opera, nè tantomeno sentito musica house. La prima festa che ho organizzato era nelle vicinanze di una moschea e di una cattedrale, un modo per opporsi alla cultura dell’odio. Noi (nuova generazione) volevamo dimostrare che potevamo farlo insieme, attraverso la musica. É stato un successo straordinario. Pensare che avevo anche avuto commenti del tipo: ”Chi è che suona in vinile? Saremo mica negli anni settanta?”. Sembrava una roba da ridere, ma da lì le cose sono andate avanti. Adesso ogni dj al mondo ha suonato a Beirut.
I politici Siriani che controllavano il paese ti hanno convinta a lasciare Beirut. Cosa è successo esattamente?
È andata molto diversamente, non sono stata convinta da loro ma è stata piuttosto una mia decisione. Il motivo scatenante fu che mi misero in prigione (solo poche ore), per essere interrogata riguardo la mia ultima festa. Il party in questione era quello organizzato per Halloween, dove tutti i gay colsero l’occasione per travestirsi e venire alla festa. Durante la serata c’erano giornalisti infiltrati e persone del governo Siriano, ma di tutto questo non sapevo nulla. In seguito alla festa sono state pubblicate cinque pagine su un giornale che si può definire l’equivalente di Cosmopolitan. L’articolo titolava: “Omosessualità e perversione a Beirut”. Mi hanno chiesto di andare in commissariato a rilasciare una dichiarazione riguardo il party. Fui oltremodo sdegnata e scossa dal fatto che mi chiesero chi era presente e se conoscevo qualcuno di loro. Non ho sicuramente questa mentalità né questo modo di fare, sono stata fortunata ad avere un avvocato influente che mi ha tirato fuori di lì in pochissimo. Ho mostrato loro il mio dito medio e li ho invitati solennemente ad aggrapparsi. Da lì ho realizzato che quello non fosse più posto per me, avevo bisogno di provare nuove esperienze, altrove. Così, mi son trasferita permanentemente a Londra.
Hai spesso affermato di utilizzare Traktor Pro e Kontrol X1. Cosa ne pensi di quelli che accusano i nuovi sistemi digitali per aver rovinato “l’arte del djing”? Considerando anche la tua provenienza dal mondo dei promoter (quindi senza un background da dj), ti sei mai sentita sminuita dai “puristi”?
Ho cominciato a suonare con i vinili, a casa ne ho una collezione incredibile. Quando ho cominciato ad esibirmi nei club suonavo cd, solamente da due anni sono passata a Traktor. Ho pensato che la tecnologia stesse avanzando e che inoltre fare il dj stesse diventando qualcosa di sempre più creativo. Quello che posso creare al volo, mentre suono, non può essere fatto con l’attrezzatura tradizionale. Per me è un passo in avanti per migliorare la mia musica e portarla a un altro livello. Naturalmente la gente è libera di avere le proprie opinioni, ma è evidente che non sono a conoscenza di quello che i dj possono fare con tutti questi sistemi. Io dico sempre che se va bene per Richie Hawtin, va bene anche per me. Suono su quattro canali, facendo loop costantemente e creando al momento differenti ritmiche di percussione. Insomma, non è facile utilizzare quei software fino alla loro massima potenza, questa è la sfida.
Molti artisti hanno promosso il tuo nome da quando hai cominciato la carriera da dj e producer. In questo ha influito sia la qualità della tua musica, sia i numerosi legami che hai costruito negli anni. Carl Cox è stato particolarmente importante e quest’estate hai anche suonato due volte con lui nella serata “The Revolution Continues”, allo Space. Puoi parlarci della vostra collaborazione? Progetti futuri con Carl?
Tutti i nuovi artisti hanno bisogno di una spinta in quest’ambiente. Ho sempre voluto qualcuno che mi desse questa spinta, quando avevo appena cominciato bussai a diverse porte senza aver risposta. L’unica porta a cui non bussai fu quella di Carl. Questa è l’ironia della vita, non sai mai quando sta per girarti per il verso giusto. Sono stata sopresa quando mi ha nominata durante una sua intervista per l’elezione dei Top 100 DJ e da allora la mia carriera è decollata. A Carl piaceva la mia musica che promuoveva durante i suoi show radiofonici e le sue serate a Ibiza seguite in tutto il mondo. Ho prodotto musica sulla sua etichetta (Intec), e anche remixato uno dei suoi singoli “Chemistry” che quest’anno ha vinto il premio IDMA a Miami come migliore traccia minimal/techno. Attualmente sto preparando un EP per Intec, un’altra bomba dopo le mie uscite su Drumcode.
Per la fine del 2012 dovresti lanciare la tua nuova etichetta, Mood Records. Cosa dovremo aspettarci?
Sto ancora preparando il catalogo, all’inizio saranno prevalentemente mie produzioni e poi mi darò alla ricerca di nuove collaborazioni. All’inizio è sempre meglio far funzionare le cose. Se qualcosa andasse storto in partenza gli altri artisti avrebbero una grande responsabiltà e quindi non vorrei mai metterli in una posizione del genere. Sicuramente Mood avrà il mio sound, anche se con il tempo sto evolvendo. Qualche volta registro la mia voce… l’idea mi sta girando per la testa proprio adesso. NO, non canterò di sicuro.
Da quando hai cominciato a suonare sei stata in tour per il mondo, esibendoti nei migliori club. Il tuo impegno nel produrre musica è stato ugualmente intenso. Preferisci smanettare sui deck oppure immergerti tra Ableton e sintetizzatori? Cosa ti piace maggiormente di entrambe le cose?
Non posso rispondere perchè adoro entrambi i lati di questo mestiere. Ci sono due diverse personalità nell’approcciarlo, una è chiusa a chiave e scrive, l’altra è fuori e si diverte. Penso di essere entrambe perché amo entrambe le cose in egual misura. SI, sono schizzofrenica.
Il prossimo 8 settembre suonerai ancora in italia, per la prima volta al Cocoricò. Come ti trovi a suonare in italia? C’è qualche dj/produttore italiano che apprezzi particolarmente?
Non vedo l’ora, ne ho sentito tanto parlare e non posso più aspettare. Adoro suonare in Italia, gli italiani hanno il sangue caldo come il mio. Mi identifico molto in loro, d’altronde siamo mediterranei. Al momento seguo molto Fabio Ferro, piacevole e “techy”. Crea la giusta atmosfera nei miei set prima di spingermi oltre.
English Version:
Nicole Moudaber is a mysterious figure within the electronic music scene, but don’t think about her as a shy artist with a low profile. She’s pretty far from that. She came in few years ago from the service door, the promoting side, starting an hard path. Nicole debunked many taboo, as the one which claims that to be a dj you must be born as a dj, you can’t do that when the game is already begun. After all, she certainly does not have a lack of spine. Nicole has been the first “clubbing culture” ambassador in Beirut, bringing there the top djs of the mid 90s. Lebanon at that time was just wiped out from wars and religious hatred. When music creates miracles. This great passion even gave her a taste of Lebanon’s jail, but I won’t tell you anymore. Referred by John Digweed and Steve Lawler as “The Queen of Dark House”, Nicole showed soon a great talent as dj and producer. Despite its short career she has already released on prestigious labels as Adam Beyer’s one Drumcode, Sided Dice, Kling Klong and Waveform Recordings. She remixed artists as Carl Cox, Mauro Picotto, Bart Skills, and she’s always booked by the best clubs all over the world. Nicole might be defined as a latecomer but she is shooting to the top, with no intention of stopping herself. She will perform at Cocoricò on September the 8th, spreading inside the club its “sleazy, edgy, soulful, and tough” sound. Waiting for that, let’s see what she got to tell us.
Nicole, you are a well known promoter who turns herself into a successful dj and producer. It is not a common path, may you tell us more about that change? Is it irreversible?
I had to stop promoting parties in London when I bought a house in Ibiza and needed to be present on the ground for refurbishment. I stepped back from the music world for just under 3 years, when that was done I had to get back to music, but promoting wasn’t exciting me anymore. The logical progression was to make music. I got stuck in the studio since then and have been experiencing the best moments in my life. I only wish I had that revelation or the guts to do it before. But hey, it’s never too late.
You were born in Nigeria and raised in Lebanon, right? Africa should be in your veins and in your spirit then. What is the legacy left by the African continent in your music?
I was raised in Lagos (Nigeria) till my adolescent years, stayed in Beirut for a short period before leaving again to London for university. I was exposed to African music since early on, and it’s percussive based and loads of drums. You can hear it in my music. I always wanted to be a drummer but never had a drum kit, my parents didn’t want noise basically, so I used to sneak out to friends houses who had them and beat them drums for hours. Even in bed I used simulate the drums when i had my headphones on, playing along with the music. It’s quite an integral part of me.
You started throwing parties since the mid 90s in a country as Lebanon, which was trying to rise again after being raped by 15 years of civil war. During that period, you brought in Beirut top djs as Paul Van Dyk and Anthony Pappa, just to name a few. May you tell us about that period and the feelings of those parties?
Indeed, came back to Beirut after the war and began throwing parties there. I was the first to introduce that culture not only in Beirut but in the whole region. They never saw djs in action nor heard house music before. The first party I threw in the middle of Beirut city was next to a mosque and a cathedral, it was meant to defy the notion of hatred and prove we can do it together (the new generation) through music. It was a total success. I had comments like “who plays vinyl”? Isn’t that in the 70s? I thought that was hilarious. Things picked from then and every single dj in the world plays there right now.
The Syrian politicians which were controlling the country convinced you to leave Beirut. What exactly happened?
I wasn’t convinced by them, far from it. It was my decision to leave, the reason why I left is because I was thrown into prison (only for a few hours) to be questioned about my last party. It was halloween at that time, all the gays took the opportunity to dress up and come down to party. We had undercover press and people from the syrian government at that party (not to my knowledge then) who subsequently published a 5 page article in the equivalent of Cosmopolitan magazine, let’s say – with a cover headline “Homosexuality and perversion in Beirut”. I was asked to go down to the station and give a statement about my party. I was beyond horrified and shocked that I was being questioned about who was there and if I knew any of them. I certainly don’t come from this mentality nor conventional attitude, i was lucky to have a lawyer with me who had a lot of power and got me out of it immediately. So I gave them the finger and told them to twist on it. Royally. By which time, I thought this was not the place for me anymore, I need to try other things elsewhere. I moved to London permanently since then.
You’ve often stated to play Traktor pro and Kontrol X1. What do you think about those which blame digital systems for destroying the art of djing? Even considering that you are not coming from a dj background, have you ever felt decried by those “purist”?
I started djing on vinyl, at home I have an amazing collection. When I began to play out in clubs i played cds, it is only 2 years ago I switched to Traktor. I thought the technology had advanced and moreover djing became much more creative, what I can create on the fly while playing out cannot be done on traditional decks. For me it’s a step forward in enhancing my sound and take it to another level. People are free to have their own opinions of course, but obviously they’re not aware what djs do with all these equipments. I always say if it’s good enough for Richie Hawtin, it’s good enough for me. I play on 4 decks, looping constantly and creating different drum patterns on the go, it’s not easy to manipulate those softwares to their maximum potential and that’s the challenge.
Since the beginning of your career as dj and producer, many artists gave a boost to your name. This stems both from the quality of your music, and from the network of connections you have built within the music industry. Carl Cox has been particularly important, this summer you even played twice with him at “The Revolution Continues” at Space. May you tell us more about your collaboration? Any further project with Carl?
Every new artist needs a push in this game, I always wanted someone to give me that push and I knocked on many doors to no reply when I first started. The only door I didn’t knock was Carl’s. This is the irony in life sometimes, you never know when it’s gonna hit you. It was surprised when he named me in one of his interviews for the Top 100 DJ poll and since then my career took off. He liked my music, supported it on his radio shows, invitations to play on his nights in ibiza and worldwide followed. I released music on his label, also remixed one of his singles called “Chemistry” which I won the IDMA award in Miami this year for Best Minimal/Techno track. I’m currently preparing an EP for Intec, another bomb after the Drumcode releases.
You are planning to launch in late 2012 your own label, Mood Records. May you tell us what we should expect?
I’m still preparing the catalogue, it will be mostly my releases to start with then I will be looking at A&Ring. It’s always best to get things running properly in the beginning, the responsibility is big for the other artists and will not put them in a position whereby something may go wrong at first. It will definitely sound like me but I’m also evolving as I go along. I’m putting my vocals down sometimes…the ideas are flowing right now. NO I will not be singing.
Since you began djing, you have been touring all over the world, performing in the best clubs. Your commitment producing music have been equally intense. Do you prefer hitting on decks or immerging yourself into Ableton and keyboards? What do you like most of both activities?
I can’t answer that because I love both sides of it. There are 2 different personalities to it, one that is locked in and writing, the other that is out and entertaining. I guess I’m both because I love them equally. YES I am schizophrenic.
You will perform September 8th in Italy, your first time at Cocoricò. How do you feel about playing in Italy? Is there any Italian dj/producer that you really appreciate?
I’m very much looking forward to it, i heard so much about it and I can’t wait to play there. I love playing in Italy, the Italians are hot blooded like me and I can relate to them a lot, we are mediterraneans. I’m really into Fabio Ferro at the moment, nice and techy, sets the mood nicely in my sets before taking it to the next level.