Ci torneremo sopra, su Cosmo: ne abbiamo parlato in passato e ne riparleremo, perché è veramente una “strana bestia” capace di coniugare pop e sonorità “nostre” in un modo molto particolare e, al tempo stesso, molto efficace e naturale. Tanto da essere diventato anche uno da airplay mainstream, con l’album “L’ultima festa”, senza aver minimamente sgomitato per farlo e senza snaturarsi (…e a noi non può che fare molto piacere, visto che il buon Cosmo era anche uno dei protagonisti dei nostri festeggiamenti per il quinquennale).
L’ultima cosa in cui è coinvolto lo vede comunque nel ruolo di protagonista involontario: ovvero quello del remixato. “Le voci”, uno dei brani dell’album di cui sopra, è stato infatti remixato da uno dei più talentuosi e raffinati producer che abbiamo qui in Italia, quel Bienoise che si meriterebbe il triplo dell’esposizione che ha (e se esiste una giustizia, ci arriverà). Noi non solo vi offriamo l’anteprima, ma aggiungiamo anche due parole al volo con Bienoise stesso, per un piccolo, efficace “insight” su questo remix.
Come è nato questo remix? Come siete entrati in contatto tu e Cosmo?
Nella maniera più classica: suonavamo a Guastalla all’Handmade Festival, e dopo il live Marco mi ha chiesto se volessi lavorare ad un remix. Conoscevo già bene il disco e non ho esitato – promettendogli fin da subito un rework lunghissimo! Anche se ammetto di essere stato debole e di non essere riuscito a sfiorare nemmeno i 20 minuti… Ascoltatelo a 33 giri, così dura di più!
Quanto è stato difficile intervenire sul materiale-Cosmo, dal punto di vista musicale?
Più semplice del solito: la traccia ha un arrangiamento apparentemente semplice ma molto stratificato, quindi avevo moltissimo materiale “nascosto” sul quale lavorare. Anche la struttura è interessantissima, e mi aveva colpito al primo ascolto: al di là del ritornello “anthemico”, ci sono sezioni che raccontano una storia non banale.
Da quale parte hai iniziato, nel “ricostruire” la traccia? Sapevi fin dall’inizio che avresti “scomposto” la voce, o è una scelta che è arrivata in un secondo momento dopo aver modellato la parte strumentale?
Ancora prima di sentire le parti separate, sapevo già che struttura volevo dare al brano: lunga apertura alla Terry Riley, innesto arrogante del beat, crescendo centrale vertiginoso e ripresa (…con “tisana purificante” finale, come ha commentato qualcuno), cercando di mediare tutto con fluidità. Pur avendo usato quasi soltanto i suoni del brano originale, sapevo comunque che la voce sarebbe stata determinante per poterlo chiamare remix, ed è l’elemento che mi ha messo più in crisi: volevo un risultato sognante alla Clams Casino, e quindi ho lavorato sullo spazio e sull’armonia finché non ha cominciato a trasmettermi ciò che volevo.
Il remixato ha apprezzato il remix fin da subito, o ci ha messo un po’ a digerirlo?
La domanda è lecita, ma non credo di aver messo in difficoltà Marco – mi sembra un ascoltatore decisamente preparato! Spero stupisca chiunque gli voglia dare una possibilità.