E’ una banalità? Forse. A prima vista lo sembrerebbe. A seconda vista, invece, col cazzo. Sapete perché il clubbing di un certo tipo è andato (in parte) in crisi? Perché ad un certo punto non era più divertente. La gente andava alle serate, ma non per divertirsi, no, ma per mostrare che “c’era”, che “era nel posto giusto”, che “aveva i gusti giusti”. Risultato? Il grosso del pubblico s’è rotto i coglioni e ha (ri)scoperto le serate ultra-commerciali, quelle legate ai format, al “ti piace vincere facile” e non al contenuto musicale di spessore. Gliene facciamo un torto? Mica tanto. Perché li capiamo. Perché tantissime serate techno e house si erano ridotte al guest di turno che fa il compitino, e tanti saluti, via verso la prossima data, tanto la cosa importante è che abbia suonato nel locale X o Y, non che abbia suonato bene e abbia fatto davvero la differenza regalando una notte speciale. Colpa dello star system che è stato costruito attorno alla figura del dj: ha impigrito tantissimo chi ha iniziato a diventare famoso (…e, per paura di perdere la fama, ha iniziato a fare solo i compitini, facendo set senza sorprese, senza rischi). Col risultato che pure dj improvvisati e cialtroni potevano offrire una serata meno dispendiosa, meno snob, più divertente. Male.