Matthew Herbert, si sa, non è nuovo ad imprese un po’ strambe, basti pensare a “One Pig”, suo album del 2011 dove il tema principale e unico del lavoro fu un suino.
E’ forse per questa sua incredibile voglia di sperimentare e apertura ad ogni tipo di contaminazione che la New Music Biennal gli ha affidato un lavoro decisamente molto impegnativo denominato “20 Pianos”. Il progetto, di una durata complessiva di 65 minuti è stato presentato lo scorso 16 maggio all’Oxford Contemporary Music Festival e riguarda sostanzialmente lo studio, il campionamento e l’alterazione del suono di 20 pianoforti provenienti da luoghi e situazioni totalmente diversi tra loro: si passa da un piano del Culto Vittoriano di metà ‘800 a pianoforti malconci provenienti da scantinati e vecchie scuole, per arrivare addirittura al piano usato da Lennon per “Imagine”.
“Ogni pianoforte racconta una storia, e io voglio raccontare a mia volta la storia di 20 pianoforti unici che vengono da tutto il mondo, esaltando le loro differenze tonali, timbriche, di accordatura e anche quelle biografiche, storiche” e poi ancora”. Queste le parole di Herbert a commento della sua ennesima fatica.