Venticinque anni fa, 31 maggio 1995, usciva “La Haine”, il film di Mathieu Kassovitz. Potrebbe bastarci quello che è successo a Minneapolis e sta succedendo ora in molte parti degli Stati Uniti, in questi giorni, per farci capire quanto questo film sia ancora attuale. Potrebbero bastare le mille ingiustizie quotidiane nel rapporto tra cittadini ed autorità di polizia. Ingiustizie che sono un problema profondo, profondissimo e che può – e deve – andare al di là degli slogan para-adolescenziali e/o da ultrà stile “ACAB!” che fanno assolutamente il paio col corporativismo autoassolutorio delle istituzioni e degli organi di sicurezza: anzi, si nutrono proprio a vicenda. Come appunto insegna il film, se uno lo guarda non dalla curva di uno stadio.
Un film dove la musica gioca un ruolo fondamentale. E che ricorda, appunto, quanto la musica possa avere un ruolo fondamentale nella vita. Quanto sia un moltiplicatore di emozioni. Quanto possa incidere nel profondo. Forse ancora oggi la scena più emozionante nel rapporto tra immagini, musica e significato della musica-da-dj (la base della club culture) è questa. Anzi, senza “forse”:
Venticinque anni dopo, queste immagini emozionano come allora. Venticinque anni dopo, certi problemi irrisolti sono ancora maledettamente in campo. Venticinque anni dopo, la musica e lo stile avrebbero ancora il potere di raccontarli “aumentandoli” emozionalmente come poche altre espressioni al mondo. Un certo tipo di approccio all’hip hop e al deejaying è stata la scintilla per moltissimi artisti e semplici fruitori che hanno segnato la storia del clubbing e delle arti. Cerchiamo di mantenere questa scintilla viva, nell’arte. Cerchiamo di farlo: perché – ancora oggi – potrebbe aiutarci a capire meglio la contemporaneità, e a capire come migliorarla.