Questa volta è stato proprio il tanto amato/odiato Facebook a mettermi in guardia su quello che sarebbe successo al Brancaleone il 26 Marzo. Mi sono fatto un piccolo calcolo e mi sono reso conto che ben 5 giorni prima dell’evento, le conferme di partecipazione erano più del doppio di quelle per Magda (per cui qualche settimana fa si è messo in moto tutto il Lazio)! Sappiamo tutti che Facebook è il regno dell’apparenza e che non ci si può fidare poi così tanto, ma in questo caso ha fatto centro. Chi era al Branca questa volta, ancor più delle altre, ne deve essere orgoglioso per un’infinità di motivi. Uno di questi è il rischio che quella del 26 Marzo sia stata l’ultima serata in cui Sasha Ring si sia presentato a Roma con il suo progetto “Apparat”. L’apertura della serata è stata messa nelle mani esperte della crew di Martux e in quelle di Daniel Meteo. Poi schermi neri, consolle vuota e un Brancaleone che scalpitava per sentire nuovamente uno degli artisti più apprezzati dal pubblico romano. Gli schermi iniziano a prendere colore ed eccolo, lui, con il suo taglio di capelli allucinante, che si avvicina alla consolle e da inizio alla magia. Prima del live, fra manager pazzi che lanciavano acqua, insulti scherzosi in falsetto fra i componenti della crew di Apparat, siamo riusciti a sapere alcune cose in più sul passato, presente e futuro di Sasha Ring.
Ciao Sasha. Cominciamo dagli albori: come e quando avvenne il tuo primo approccio alla musica elettronica?
Molto tempo fa! Per tutta la mia vita ho sempre ascoltato e lavorato sull’elettronica, praticamente facevo solo quello. Già da quando avevo 14 anni ero immerso nel mondo della Hard Techno. Provengo da un paesino della Germania dell’Est in cui stavamo sempre ad organizzare rave party vista la libertà che avevamo: facevamo un po’ come volevamo. Poi mi sono spostato a Berlino e lì ho iniziato a produrre un genere un po’ più melodico, ma parliamo sempre di elettronica. Solo sei o sette anni fa ho iniziato ad ascoltare artisti più diversi e particolari come Steve Reich, Radiohead e cose del genere; così i miei gusti musicali si sono allargati, sicuramente sono diventati più interessanti e hanno creato il Sasha che si presenta oggi.
Nel 1997 ti sei trasferito a Berlino. Di conseguenza a questo spostamento, come pensi sia cambiata la tua musica e il tuo modo di essere?
Come ti dicevo, finché sono rimasto nella mia città natale, si parlava solo di Hard Techno, rave infiniti, droghe… Rimasi attaccato a questa vita per 2 o 3 anni, che sono tanti quando sei un teenager; sono stati anni lunghi ma fantastici: sempre a duemila, fra una festa e l’altra, perennemente in ospedale per accertarsi di non essere matti (ride). Dopo un po’ però, questa vita ti inizia a pesare e hai bisogno di cambiamenti, così mi sono trasferito a Berlino per una vita più tranquilla. Mi iscrissi a una scuola di graphic design e smisi di fare tutte quelle cose che nuocevano alla mia salute; quindi smisi di fumare, di assumere droghe e cose così, anche se ovviamente non ho mai smesso di bere birra. Sono andato avanti con questa vita per un po’ e ne ha risentito non solo la mia personalità ma anche la mia musica. Comprai la mia prima strumentazione e iniziai a rendermi conto che la Techno mi iniziava ad annoiare, quindi cambiai definitivamente genere e mi avvicinai un po’ più alla chillout.
Quindi in definitiva è cambiato anche il tuo modo di vivere…
Si, certamente. Quando mi sono trasferito a Berlino non stavo mai a casa e la mia concezione di quotidianità è cambiata radicalmente perché stavo sempre o in studio o a lavoro. Era raro che uscissi la sera, facevo una vita tranquilla. Ellen è stata fondamentale. Per i primi anni non ho conosciuto praticamente nessuno a Berlino, quindi quando conobbi lei fu stato fantastico. La situazione in città non era quella che c’è oggi: nessuno era interessato a fare amicizia con te visto che eri uno “straniero”, mentre ora con il mix di culture che vi sono è totalmente differente, infatti quando vai in un club dopo 10 minuti ti sei già fatto una ventina di amici. Quando mi ci trasferii io invece non era assolutamente così, ho avuto però la fortuna di conoscere la gente giusta, così è iniziato tutto.
Infatti nel 2006 hai lavorato con Ellen Allien all’album “Orchestra of Bubbles”, un lavoro molto particolare. Come e quando ebbe inizio questa collaborazione e qual è l’idea alla base dell’album?
Guarda, tutto è nato molto prima del 2006; sono amico con Ellen da 10 anni e abbiamo sempre parlato del voler lavorare insieme, ma non era mai successo fino a quell’album. Ellen era già una Dj rinomata che suonava ovunque, e io proprio a Berlino, come ti dicevo, ho iniziato a lavorare sodo; quindi non ci incrociavamo quasi mai. Quando ci vedevamo era della serie: “Lo sai che dobbiamo fare un album insieme io e te?!”. Quindi alla fine siamo riusciti a vederci in studio e a iniziare un qualcosa. E’ stata un po’ una scusa per passare del tempo insieme, ed è stato fantastico. Per due anni abbiamo viaggiato insieme e passato grandi momenti.
All’inizio, dal punto di vista musicale, non sapevamo minimamente cosa saremmo andati a creare. Avevamo già lavorato insieme, ma mai così a fondo. Infatti la prima settimana l’abbiamo passata a cercare un sound che sentissimo nostro, ma non ne abbiamo mai trovato uno preciso; infatti quello che senti nel disco è un sound che varia profondamente da brano in brano. Ogni volta uno dei due faceva: “Ehi, fica questa cosa. Lavoriamoci su!”. L’album è tutto fatto di momenti del genere. Poi devi anche considerare la suggestione del posto in cui ci trovavamo: era inverno e il nostro studio si trovava all’ultimo piano di un palazzo; fuori era tutto innevato e ci sentivamo un po’ come quando è natale, quando tu sei dentro casa al caldo e fuori è tutto ricoperto di neve. Non so bene come spiegarti, è nato tutto da momenti diversi, infatti non è un concept album. Non sapevamo dove stessimo andando con la nostra musica.
Invece per quanto riguarda il 2000 è stata proprio quella la data in cui hai dato vita a questo progetto: Apparat. Come mai? Qual era la necessità?
Quando mi trasferii, come ti dicevo, cambiò tutto, dalla musica che ascoltavo a quella che producevo. Nonostante ciò, non avevo in mente di produrre quello che facevo… Tutto è partito dal fatto che io e il mio compagno di stanza provenivamo dalla stessa città. Fù lui che diede un mio CD a Marco della Shit Catapult… Io non volevo. Il mio amico uscì dall’appartamento senza dirmi quello che stava per fare. Poi Marco mi chiamò e mi fece “I tuoi lavori sono spettacolari, li voglio pubblicare!” ed io “Cazzo, ma è fantastico! Non ci avevo pensato ma… Perché no!”. A quel punto avevo bisogno di un nome e pensai che sarebbe dovuto cominciare con la “a” in quanto così sarebbe stato sempre il primo delle liste. Una idea molto pratica (ride). Così è nato l’album ed Apparat. Poi anche Marco si è trasferito a Berlino per lavorare all’etichetta ed era ricoperto dal lavoro, così mi chiese di aiutarlo con la grafica visto che sono un grafic designer. Abbiamo fatto tutto un po’ insieme!
Ci sono molte differenze evidenti fra “Walls” e “Moderat”. Cosa ci puoi raccontare su questi due album?
Walls è nato dopo l’opera di Apparat e… Di Ellen Allien ed Apparat. Le donne vanno sempre prima! (ride) Dopo aver lavorato con Ellen avevo voglia di sperimentare qualcosa di diverso, così per la prima volta nella mia vita ho iniziato a registrare molti strumenti veri. Walls è sicuramente elettronica, ma unita a molti suoni reali. Ero stanco della solita elettronica, quindi iniziai a registrai violini, batteria, chitarre e cose così. Mi è piaciuto molto quel nuovo modo di lavorare e ha definitivamente cambiato il mio sound. Infatti poi è arrivato Moderat, in cui è ancora più evidente questo cambiamento. Ora sta per uscire questo nuovo album… Non so bene quando (sorride)… che è giusto un po’ elettronico, ma per la maggior parte è acustico. Ora come ora preferisco registrare suoni più che crearli: è più umano, più reale. Voglio andare in studio ed avere risultati immediati. E’ un approccio più musicale. Inoltre è fondamentale vedere come vengono registrati gli strumenti, quale schema bisogna dare ai microfoni… La magia è anche lì!
Quali sono i software e gli hardware che usi solitamente?
Guarda è cambiato tutto ora. Quando cominciai, 10 anni fa, mi sono dovuto creare un set-up molto old scool e con quello ho creato il mio primo album. Il secondo invece è fatto tutto al computer. E’ stata una grande rivoluzione. Non è stato facile però: per noi all’inizio era strano doversi adattare a questo nuovo tipo di approccio. Per questo ho sempre lavorato in parallelo con degli hardweares ed ora sono ritornato a strumenti reali. Ancora oggi a volte uso Reaktor perché comunque ho lavorato molto anche con programmi come quello e come Max/Msp.
Lavori ancora oggi con Max/Msp?
Beh, molte delle cose che ho fatto sono basate su quell’ambiente di sviluppo grafico. Tutti i live successivi a Moderat sono stati fatti con Max/Msp e strumenti reali. Ora come ora non lo uso più tanto spesso. Preferisco suonare con cose più vere, strumenti che puoi chiudere gli occhi e suonare, sentendo quello che ti dice l’anima. Avevo raggiunto un punto in cui ormai era così anche con alcuni softweares, ma ho deciso di stabilire un limite… E’ stata una scelta totalmente personale.
Nota: In tutto ciò, il discorso di Sasha è stato interrotto da un allegro membro della sua crew, che avvicinandosi ha iniziato a cantare senza un motivo a noi noto “your love… your love… your love…” abbracciandoci. Sasha ovviamente non ha perso l’occasione per intonargli egregiamente uno “Shut the fuck up”
Per concludere abbiamo scelto un classicone: cosa hai in mente per il futuro?
Guarda sto lavorando al mio ultimo album da circa due anni, mi ha preso molto tempo. Iniziò tutto quando andai con degli amici in Messico e iniziammo a fare musica come una vera band. Era fico, ma non era ancora quello che avevo in mente. Quando tornai a Berlino iniziai di nuovo a lavorarci. L’ho finito due mesi fa, usando cose registrate in Messico ma anche molte cose che creai in studio a Berlino con l’aiuto del mio amico Pizzy (un folle). Posso dirti che è un album in cui l’elettronica rappresenta solo il 20%, il resto sono tutti strumenti veri. Probabilmente a molti non piacerà, ma io in ogni modo ho bisogno di cambiare, di evolvermi. E’ noioso rifare sempre le stesse cose. Quindi niente, vedremo. Uscirà dopo l’estate, dopo l’uscita tutto sarà diverso: farò un tour con la mia uova band e non suonerò più questo tipo di elettronica, invece di fare serate come quella di oggi, farò concerti che inizieranno alle 10… Cose per vecchi (ride). Vedrete, tanto tornerò ad Ottobre!
Grazie mille! Siamo curiosi di vedere cosa ci proporrai questa volta!
Sarà interessante! Grazie a voi e buna serata.
English Version:
This time it was the loved/hated Facebook to warn me about what would happen at Brancaleone Saturday, 26th. I realized that 5 days before the event, the number of the confirmations of participation was amazing. We all know that Facebook is the realm of appearance and it isn’t so reliable, but in this case it hits the spot. Those who were at Brancaleone this time, more than any other, must be proud for many reasons. One of these is the risk that the party was the last in which Sasha Ring appeared in Rome with his project “Apparat”.
The opening was placed in the hands of the Martux crew and in those of Daniel Meteo. Then black screens, no one in console and a prancing Brancaleone, waiting for listen to one of the most respected artists by the Roman public. Screens begin to take color and here he is, him, with his crazy hair cut. He walks toward the console: the magic starts!
Before the show, between crazy and throwing water men, we interviewed Sasha in order to know something about his past, present and future.
Hi sasha! Let’s start from the beginning: how and when did the first approach to the electronics happen?
A long time ago! For my all my life I’ve been listening and making electronic music, I never did anything else. Already when I was 14 I was immersed in the world of Hard Techno. I come from a small town in east Germany where we often organized rave parties ‘couse there, we had lots freedom: we did what we wanted. Then I moved to Berlin and there I started to produce more melodic music, but we’re always talking about electronics. Only six or seven years ago I started listening to different genres such as Steve Reich, Radiohead and others like those; so I expanded my musical tastes, they became more interesting and certainly they created the Sasha you have now in front of you.
In 1997 you moved to Berlin. As a result of this, how do you think you changed the way you are and your music?
As I said, until I was in my hometown it was all about Hard Techno,infinite raves, drugs … I was stuck in this life for 2-3 years, which are many when you’re a teenager. It was a long but fantastic and crazy period. After a while this life starts to be hard and you need to change… I needed to leave so I moved to Berlin for a quieter life. I enrolled in a school of graphic design and I stopped everything, I stopped smoking, taking drugs and all things that demage my health… But obviously I’ve never stop drinking beer. I went ahead with this life for a while, and this affected not only my personality but also my music. I built my lilltle studio, I bought synthesizers, samplers, and I began to realize that Techno annoyed me; so finally, I changed my gender and I started making more chillout music.
So definitely also your personality changed…
Yes, certainly. When I moved to Berlin, I never was at home and my conception of everyday life radically changed because I was always either in the study or at work. It was a quiet life. Ellen was essential. For the first year I did not meet anyone in Berlin, and then, when I met her, it was amazing. The situation in the city was not the one we have today. Berlin was not a friendly environment. Berlin people didn’t talk with me ‘couse I was a stranger. Now is different becouse you have so many mixed people from all over the wolrd, and if you go to a club, you have like 20 new friends istantly. But when I moved there, nothing like that. I just met the right people and all started.
In 2006 you worked with Ellen Allien to “Orechestra of Bubbles”, a very particular album. How and why was this collaboration start and what is the idea behind the album?
It was born a long time before 2006, I’ve been friends with Ellen since 10 years and we’ve been talking about making music together several times, but it never really happened until that album. Ellen was already a famous DJ who played everywhere and about me, as I said, in Berlin I started to work hard, so it was hard to spend time togheter. we were like “Do you know we have to make an album together !?”. So at the end we managed to see us in the studio and we started. We created an album to spend time together, and it was really cool. For two years we were traveling together, we had great times.
From a musical standpoint, when we started we didn’t know what we were going to do. We had worked together, but never so thoroughly. In fact, the first week we were looking for a sound that we never found out. Infact what you hear in the album is a sound that varies greatly from song to song. It was like “Hey, this is cool. We have to work on in!”. The album is made of moments like that. Then you must also consider the suggestion of where we were: it was winter and the study was on the top floor, and everything was white outside. It was like christmass: when it’s white outside and you are inside where is warm. I do not know how to explain it, It is not a concept album… Each track is a different moment. We did not know where we were going with our music.
In 2000 you started this project: Apparat. Why? What was the necessity?
When I moved, as I said, everything changed, I started making completely different music. I’ve never thought about releasing it … I just had a flatmate who came from the same small town I was from, and he knew Marco from Shit Catapult. My flatmate gave him my music… I didn’t want it! Than Marco called me and he said “This is great, I wanna release it” and I said “What the fuck?! That’s crazy! Why not?!”. This was the moment when Apparat was born. I thought that I needed a name. “Apparat starts with an “a” and it is gonna be on top of every list” I thought. A very practical thought (laughs).
Marco was working on the label, it was alone, and there was to much work for him. It took one years to release my album. So he aseked me to help him with the label, becouse I am a graphic designer; so I worked on the graphic. At the end both of us released my album.
There are lots of differences between “Walls” and “Moderat”. What do you can tell us about these two albums?
Walls was born after the Apparat an… after the Ellen Allien and Apparat work. Women always go first! (laughs). After working with Ellen, I wanted to try something different, so for the first time in my life I started to record a lot of real instruments. Walls is definitely electronic, but it has many real sounds. I was tired of the usual electronic, then I started to record strings, drums, guitars and things like that. I really liked this new way of working and I definitely changed my sound. In fact, then, Moderat came, where this changing is more evident; and now a new album is coming out… I do not know when (smiles)… That is just a bit electronic, but for the most part is made up of real sounds. Right now I prefer to record sounds insted of create them: it is more human, more real. I want to go into the studio and to have immediate results. It ‘s a more musical approach. It is also crucial to see how the instruments are recorded, what pattern should be given to the microphones… The magic is there too!
What software and hardware do you usually use?
Right, all is changed now. When I started, 10 years ago, I created a very old scool set-up and with that I created my first album. On the contrary I made the second one completely using laptop. It was a great revolution. It was not easy: for us at the beginning it was strange having to adapt to this new approach. For this reason I’ve always worked in parallel with hardweares and for this now I work with real instrument. Even today sometimes I use Reaktor, because I worked a lot with programs such as Max / MSP, for example.
Do you still work with Max/Msp?
Well, many of the things I did are based on that visual programming language. All shows for Moderat were made with Max/Msp and real instruments. Right now I don’t use it any more. I rather play with real things, stuff that you can play closing your eyes, feeling your soul. I reached a point where it was the same with some softweares, but I decided to set a limit … It was a personal choice.
Note: In all this, Sasha’s speech was interrupted by a cheerful member of his crew, who started to sing without reasons: “Your Love … Your love … Your love … “. Sasha, obviously, did not lose the opportunity to answer him singing very well: “Shut the fuck up”
Talking about your future: what are you going to do?
I’m working on my last album. It took a long time. All began when I’ve been in Mexico with some friends. There, we made music like a real band. It was cool, but it was not what I had in mind. When I returned in Berlin I started to work again. I finished it two months ago using things recorded in Mexico, but also many things I created into the studio in Berlin with the help of my friend Pizzy. I can tell you that is an album in which the electronic represents only 20%, the rest is real instruments. Probably many of you will not like it, but any way I need to change and evolve myself. It’s boring if you do the same things over and over again. So let’s see, It’s gonna be out after this summer. After this album all will be completely different: no more show like this, I’m gonna play with a new band, I’ll stop to play electronic like this, no rave shows anymore but concerts at 10 o’clock… For old people (laughs). You will see. I’ll come back in October!
Thank you! We are very curious to see what you are going to do this time!
Yeah, It will be interesting! Thank you and I hope you enjoy the show tonight!