“Non dirmi quanto lavori duro, dimmi ciò che hai realizzato” così affermava James Ling, uomo d’affari statunitense negli anni ’70 del secolo scorso: ebbene, in questa citazione ci vedo la figura di Ryan Crosson, vedo un’artista che cura in modo maniacale ogni battuta di ogni singolo pezzo, un perfezionista che sa unire armonicamente l’estetica musicale moderna d’avanguardia con i profondi legami affettivi derivati dalla “subculture” della musica dance. Vi prego, non datemi del visionario: piuttosto ascoltatevi i suoi grandi successi come “Gotham Road” e “Hopskotch” per rendersi conto di che cosa significhi sound minimale o per comprendere le altre sue produzioni che nascono da un’evoluzione di base di suoni provenienti dal funk degli anni settanta o addirittura dal jazz dell’Africa orientale. Ma le sorprese non finiscono qua. Sabato all’Altavoz, ad affiancare Ryan, ci sarà uno dei suoi migliori amici, nonchè un altro dei fantastici quattro “Visionquest”, ossia Shaun Reeves: pioniere enigmatico con tratti distintivi provenienti dalla scuola americana (lui, come Ryan è nativo di Detroit) e, al contempo, con aspetti squisitamente rivolti alla techouse, entusiasma un pubblico sempre più ampio in entrambe le sponde dell’Atlantico. Non c’è due senza tre: infatti, se ancora non vi siete fatti ingolosire, in serbo ci sarà un altro colpo: Gaetano Parisio. Oltre alla discografia, mi sento in dovere di sottolineare anche la particolare sensibilità umana di quest’ultimo. Pochi sanno infatti che nel 1999 prese parte in collaborazione con i numeri uno della techno alla produzione di un disco, i cui profitti furono poi devoluti ai bambini colpiti dalla guerra in Kosovo. Parisio è un “giramondo”, è già stato nei quattro continenti , ha in mente nuovi progetti e non intende fermarsi: ora che ha scelto come sosta l’Altavoz, sarebbe un peccato perderlo.
Altavoz c/o Rivolta
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