Dall’Italia con furore, un “nuovo” talento sta facendo impallidire i mostri della techno berlinese. Stiamo parlando di Luca Mortellaro, o meglio Lucy, che con la sua Stroboscopic Artefacts sta inanellando una serie di fortunate release finite nelle bag dei nomi forti del clubbing teutonico e mondiale.
Benvenuto su Soundwall Lucy, raccontaci la tua storia: come mai(te come tanti altri dj/producer) hai deciso di lasciare l’ Italia per l’estero (prima Parigi, poi Berlino); esigenze creativa o semplice curiosità?
La prima volta che mi sono mosso dall’Italia non è stato per motivi musicali, ma per motivi universitari; dopo di che la mia esperienza parigina mi ha portato a pensare che la musica potesse essere il mio mezzo di sussistenza e vita professionale a 360 gradi. Il successivo passo per Berlino è stata pensato quando a Parigi ho iniziato a capire che la mia musica potesse avere un pubblico. Parigi non era la città adatta per il tipo di sound che propongo e per l’ambiente dove mi trovo a mio agio, a Berlino (dove avevo provato a vivere già per un mesetto) ho trovato una comunità underground e sopratutto una città aperta a nuove idee.
La tua Stroboscopic Artefacts è già una label di culto per gli amanti del sound underground: come nasce la tua label e come si arriva al Berghain? Se fossi rimasto in Italia cosa sarebbe successo?
Quando mi sono trasferito a Berlino avevo un’idea di comunità musicale, ristretta, con un obiettivo comune che non fosse poi per forza una label. Un network che poi è diventato Stroboscopic Artefacts. Non penso il Berghain come punto di arrivo, è uno dei club migliori al mondo, per me un posto magico, che all’estero ho notato è percepito come una meta di arrivo. Lo showcase è stato un grande successo anche a livello di pubblico, però credo che sia giusto pensarlo come un’importante step, ma non una svolta della mia carriera: penso che Stroboscopic Artefacts debba fare musica e farsi riconoscere con la musica. Se fossi rimasto in Italia cosa sarebbe successo? Io sono “scappato” dall’Italia anche per la situazione politica che mi sembra limitare le persone e la creatività, credo che se fossi rimasto non avrei nemmeno pensato a creare quello che oggi è Stroboscopic Artefacts.
Nella tua carriera hai già stampato per la Perspecitv di Ripperton, Brise Records,CLR, Mote Evolver; hai rilasciato Podcast sempre per CLR e RA-Resident Advisor: molti dj vedrebbero questi traguardi come punti di arrivo per la propria carriera, tu cosa pensi del tuo futuro?
A me non piace troppo pensarla a categoria strette, questi riconoscimenti sono importanti, però non voglio identificare la mia carriera con un locale o con un podcast. Alcuni identificano me e la mia label con il sound techno, dub techno, dark techno come è normale; ma queste sono solo etichette su un barattolo. Io credo che il futuro sia innovazione e quindi imprevedibilità. Riguardo ciò mi rassicura molto vedere che da quando è nata Stroboscopic Artefacts i suoi artisti si stanno evolvendo. Né io né loro cerchiamo punti di arrivo, preferiamo camminare verso una destinazione ignota. Ci godiamo il percorso senza pensare alla meta.
In Italia ti si vede poco, anzi pochissimo (purtoppo), come mai un talento (internazionalmente riconosciuto) non trova spazio dove è nato? Colpa dei promoter, dei clubbers o semplicemente il sound che tu proponi è poco convenzionale alle attuali tendenze italiane?
Al momento abbiamo avuto diverse richieste di showcase, però finora non abbiamo trovato sempre le condizioni per poterci esprimere a 360′. Per noi è importante che la serata sia speciale e se non troviamo le condizioni adatte per realizzarla preferiamo rifiutare. Per fare un controesempio, di recente ho suonato a Milano con un gruppo di promoter davvero bravi e professionali. Con ciò voglio dire che in Italia in realtà le condizioni ci sarebbero per mettersi a livello europeo. Le strutture (club/discoteche) che ci ha lasciato in eredità l’epoca della “italo-disco” sono impressionanti… con certe line-up farebbero invidia ai club inglesi e tedeschi, ma si occupano di nomi mainstream. In Italia il pubblico c’è, me ne accorgo dalla risposta agli stimoli che mandiamo. Però mancano le strutture promozionali per la diffusione della cultura underground.
Tra le tue prossime gig spicca la tua presenza con lo Showcase di Stroboscopic Artefacts al Sònar, indubbiamente il festival più influente d’europa. Questi eventi che coinvolgono una città intera pensi saranno mai realizzabili in Italia o dobbiamo accontentarci del poco che abbiamo?
Il Sonàr è un altro step molto importante. Lo Showcase consiste in Dadub, in live set, e me stesso in dj set. L’Italia, come ti dicevo, ha strutture perfette che potrebbero ospitare festival simili al Sonar spagnolo. Il problema credo stia nel rischio che i promoter spesso non sono disposti a prendere. La musica underground è per definizione rischio, e per questo é in grado innova costantemente…
In Italia (e anche sulle nostre pagine) di recente si è polemizzato sulla presenza o meno di nuovi talenti tricolori. Siamo davvero senza un futuro, o l’establishment del clubbing italiano preferisce non promuovere i giovani?
Il problema dell’Italia è il solito, me ne accorgo sulla mia pelle: serve un esplosione di hype all’estero che ti valorizzi per poi avere un appeal anche in Italia. All’estero è diverso, si coltivano i proprio talenti locali. Ad esempio il Berghain si è coltivata i propri resident djs per anni, ed oggi Marcel Dettmann lo associamo al Berghain e ogni Sabato un’intera flotta EasyJet scarica clubbers provenienti da tutta Europa. In Italia non credo sia solo un problema dei promoter, ma più in generale di un certo tipo di cultura di massa che viene iniettata nelle giovani menti. Non disprezzo l’Italia, ci tengo a sottolinearlo, però è un gran peccato che pochi abbiano la scintilla di fare qualcosa di diverso e ancor meno siano le strutture organizzative pronte ad accoglierli.
Qualcuno dice che Berlino stia esaurendo la sua magia, tu che la vivi ci confermi questo declino?
Credo che la città stia cambiando ad una velocità impressionante e proprio per questo la apprezzo. E’ la città più dinamica che io abbia visitato nella mia vita, sotto ogni punto di vista. Nuove label nascono continuamente e i nuovi artisti vengono all’occhio e i vecchi artisti si evolvono, contribuendo alla crescita generale della musica e a scolpire il panorama della techno in particolare.
Infine la domanda che non si può fare ad un dj: cosa consigli ai novizi del “mestiere”?
Prima di tutto consiglio di non limitarsi a fare i dj, ma consiglio di fare musica. Amo fare il dj, mi piace, adoro questo mestiere…però credo che la priorità sia la produzione musicale (anche perchè si acquisisce una certa sensibilità nel mix, producendo). E, cosa più importante di tutte, consiglio di valorizzare i talenti locali il più possibile. Al riguardo ti voglio menzionare un articolo del blog MNML SSGS – con cui ho anche collaborato con un mix molto sperimentale: creare un Berghain in ogni città, creare una propria scena locale, seguire la propria strada. Esempio, ci arrivano molte demo ogni giorno a Stroboscopic Artefacts, e mi accorgo che però le produzioni sono sempre simili alla nostra ultima uscita pubblicata. A me non serve materiale simile a quanto già fatto, ma qualcosa di nuovo, qualcosa che possa sviluppare la label… mi ricordo una frase di Flying Lotus che ha scritto credo su Twitter “per favore continuate a mandarmi musica, ma non mandatemi qualcosa di simile a ciò che faccio, già ne ascolto abbastanza”.