La voce preoccupata di Ali Love, ripresa dal recentissimo singolo “Forward Motion” firmato Hot Natured, ripete: “I can’t go back in time”. Lo rassicura Kenny Glasgow degli Art Department, rispondendo con un filtratissimo: “Maybe in the future we can”. Sullo sfondo profonde linee di synth ed effetti eco sfumano poi nel classico di Sebastian Tellier “La Ritournelle”, remixato da Metronomy.
Così Jamie Jones dà il via al suo attesissimo mixato per Fabric, timbrando così il cartellino numero cinquantanove della celebre collana del club di Charterhouse Street. Considerando che l’album d’esordio di Jamie Jones (uscito nel 2009 sulla Crosstown Rebels del suo amico Damian Lazarus) si intitola “Do you remember the future?” si potrebbe pensare a lui come ad uno ossessionato dai viaggi nel tempo, che magari tiene in garage una DeLorean grigia (quella di “Ritorno al Futuro” per intenderci…). Ma evidentemente il “flusso canalizzatore” funziona perchè con questo Fabric Jamie Jones abbatte le barriere spazio-temporali e traccia una linea di congiunzione tra il passato, con pennellate di house puramente old school della splendida “You Can’t Hurt Me” di Karren Pollack remixata da Murk, e il futuro grazie agli inni nu-disco, electro e leftfield house di White Lions, James Teej (evidente strizzatina d’occhio all’ottima label canadese My Favourite Robots, che tra le sue fila include anche Kenny Glasgow), passando per la meravigliosa “Open for Service” dei Crazy P e il remix “maximo”di “Goblin City” dei Panthers firmato dagli Holy Ghost! Scorrendo la tracklist troviamo un Cajmere (aka Green Velvet) che si spoglia dei ritmi ossessivi di “Perculator” e si veste di pailettes, affidando alla voce di Jamie Principle la sua “God Sent”, mentre nella traccia successiva è la voce di Miss Kittin a celebrare “Miss Hollywood” di Felix da Housecat (altro inno ufficiale electro-clash dopo la celebre “Frank Sinatra”).
Jamie Jones ama l’attuale scena di Bristol e lo dimostra includendo “Is this Something”, traccia dalle sonorità deep-house dei Coats of Arms e “Body Shivers” dei Waifs & Straifs. Un’altra delle tante chicche di questo Fabric 59 è la cover del successo pop di LIO “Amoureux Solitarie” (1980), letteralmente ribaltato e stravolto in un pezzone electro-clash da Jenny Goes Dirty. Con “Assimiliation” (feat. Ali Love & Kenny Glasgow), cavallo di battaglia del progetto Hot Natured intrapreso insieme a Lee Foss, Jamie Jones finalmente esce allo scoperto, piazzando poi abilmente il suo pezzo inedito da solista “The Lows” (in uscita su Crosstown Rebels) tra i synth minimal wave di “The Devil’s Dancers” degli Oppenheimer Analysis e la solare “Get up Disco” dei Newyorkesi Soho808.
Jamie Jones ha gusto da vendere: non è un caso che l’inglese chiuda il suo Fabric con la splendida (e inedita) “Fear Of Numbers” di Footprintz, traccia post-wave dalla fraganza oscura. E qui torna l’ossessione di Jamie Jones per lo spazio-tempo: il ritornello di “Fear of Numbers” ripete “Move On”, le sonorita’ guardano al passato mentre il pezzo deve ancora uscire, tra l’altro per la Visionquest, label sulla bocca di tutti (nata dall’omonimo collettivo Detroitiano formato da Seth Troxler, Ryan Crosson, Shaun Reeves e Lee Curtiss) che ad oggi rappresenta quello che c’è di piu’ progressista ed innovativo nel mondo della musica elettronica, quindi il futuro (rieccoci!).
L’uscita ufficiale del Fabric numero 59 firmato da James Jones è prevista per il 22 di Agosto (del 2011 of course…). Godetevelo.