Vecchio o nuovo? Se non esistesse il vecchio non esisterebbe il nuovo, al contempo sarebbe alquanto insensato parlare di un ipotetico vecchio che prescinde l’esistenza di un nuovo. Qual è il peso che bisogna dare a questi due aspetti della stessa storia? Tranquilli, di sicuro non siamo qui per parlare di semantica o di logica, il problema però non è semplice come sembra! Fino a che punto è utile stravolgere le nostre tradizioni, le nostre certezze, in ambito musicale e non solo, al fine di evolverci? Quand’è che il passato ci incatena alla staticità del presente e quand’è invece che ci permette di progredire? Il virtuosismo è sempre un inutile sollazzo per la mente o c’è altro? E’ interessante notare come ognuno di noi abbia idee completamente diverse a riguardo. Bugge Wesseltoft su questi argomenti non tituba neanche un pò. E’ certo della sua visione della musica ed è convinto che il sapore della vita si trovi proprio nel provare, nel vedere cosa succede e, in particolare per quanto riguarda il suo “lavoro”, nel mescolare differenti stili musicali. E quello di Bugge non è solo un pensiero teorico, bensì una concezione che viene subito messa in pratica con “New Conception Of Jazz” (1996), album in cui l’artista sperimenta per la prima volta l’unione fra il Jazz e le infinite possibilità della musica da circuito, unione che trova la sua ultima espressione in “Duo”, album nato dalla collaborazione fra Bugge e Henrik Schwarz e di cui vi abbiamo parlato non troppo tempo fa. Abbiamo davanti a noi una personalità dalle mille sfaccettature, una personalità carica di energia, totalmente aperta alla sperimentazione, un artista che nel suono di una corda di violino pizzicata e in un onda noise trova la stessa magia… A voi il futuro di Bugge Wesseltoft!
Ciao Bugge, benvenuto su Soundwall.it! Cominciamo dal tuo ultimo lavoro con Henrik Schwarz: “Duo”, un album che nasconde un mondo infinito dietro i suoi suoni. Parlaci della genesi, delle origini di questo progetto!
Avevamo un amico in comune, Sven Fobbe, il quale come noi vive e lavora nel campo della musica a Berlino. Conosceva tutti e due e voleva assolutamente che ci conoscessimo e collaborassimo. Un paio di anni fa avevo in programma un concerto a Berlino, così invitai Henrik ad unirsi a me sul palco. Fondamentalmente ci conoscemmo quella sera; facemmo il soundcheck e la sera suonammo insieme… Fu una cosa fantastica e la traccia che improvvisammo lì quella sera è proprio la traccia di apertura del nostro album.
Mi collego proprio a quest’ultima cosa: sappiamo che l’improvvisazione è uno degli aspetti più importanti della tua musica. Quanta improvvisazione e quanta razionalità ci sono nell’album? Come è stato costruito l’album?
Beh, tutte le tracce sono basate su ciò che facciamo live, e nei live improvvisiamo, suoniamo assieme nel vero senso della parola: sul momento, sul palco io presento un’idea o Henrik presenta un’idea e lavoriamo su quest’idea durante la performance; poi portiamo in studio le cose che sentiamo funzionare veramente bene, le limiamo, le perfezioniamo al fine di trasformarle in qualcosa che si avvicini un pò più ad una composizione. Quindi usiamo sempre nuove idee. Penso sia un ottimo modo di lavorare, anche perché vedo che tutto il materiale poi diventa un qualcosa di abbastanza organico. Quindi tutto quello che senti nell’album proviene in qualche modo dai nostri live!
Quindi in conclusione cos’è “Duo” per te? Dacci la tua personale presentazione dell’album!
Penso di poter dire che per me quest’album è una specie di essential mix di suoni. Ho sempre voluto fondere il suono del Gran Piano con quelli generati da un laptop e penso che quest’idea funzioni molto bene. L’avevo già sperimentato come solista lavorando contemporaneamente su questi suoni, ma collaborare con Henrik è stato fantastico; è una persona veramente molto intelligente. Musicalmente parlando proviene da una realtà un pò diversa, nonostante ciò siamo molto in sintonia, io mi sento molto in sintonia con lui. E’ stato bello lavorare su “Duo” perché amo collaborare con altre persone; è sempre interessante cercare di creare qualcosa assieme a qualcun altro. Hai la possibilità di essere veramente libero. Quando suoni in un gruppo è difficile coordinare le idee di tutti e quindi creare musica sul momento… Per il semplice fatto che ci sono troppi cervelli in azione. Due cervelli è la collaborazione perfetta!
Ok, parliamo un pò di te ora. Sappiamo che sei nato e cresciuto circondato dalla musica. Quando eri un bambino, quali erano le cose che ti affascinavano di quel mondo? Ricordi, emozioni…
La musica ha sempre fatto parte della mia vita perché sono cresciuto ascoltando la musica di mio padre, è un chitarrista e stava sempre o ad ascoltare musica o a suonare… Qualche volta lo seguivo nella sala prove del gruppo e in quelle occasioni suonavo un pò di batteria, cose così. Quindi la musica è sempre stata qualcosa di fondamentale nella mia vita, di fondamentale e di naturale, nel senso che non ho avevo un’educazione musicale classicamente intesa; all’inizio era un gioco, non c’era nessun tipo di pressione da parte dei miei genitori… Provai a prendere qualche lezione di piano, ma non funzionavano con me, non concepivo proprio il “tornare a casa e fare i compiti”, per me era molto più utile suonare a casa per conto mio e ascoltare musica.
E a prescindere dalla tua famiglia, quali sono stati gli artisti che ti hanno formato?
Ah! Sono tantissimi… E’ impossibile fare una cernita… E’ innegabile che la musica di mio padre sia stata fondamentale, quindi Jazz americano, Soul Music, praticamente tutto ciò che veniva pubblicato dall’Atlantic, Stevie Wonder, etc. etc. Poi iniziai a crescere da solo, quindi ancora Jazz, ma anche Rock fino a scoprire poi il Jazz europeo, il norvegese Jan Garbarek ad esempio e tutta quella gente là. Dopodiché venne… mmmh… Non lo so, sono veramente troppi! Ah, iniziai a suonare punk con un gruppo!
Una punk band?
Sì, in realtà è stato anche il mio primo vero gruppo, eravamo un pò di amici! Dopo tutto questo ero in cerca di ispirazione, di novità, così iniziai a sentire le prime cose di musica elettronica e comprai il mio primo sintetizzatore. Conobbi i Tangerine Dream, Thomas Dolby, Sakamoto [Ryuichi Sakamoto ndr], Brian Eno e similari! Poi arrivarono gli anni ’80 e rimasi affascinato da quei suoni così sintetici; penso da lì la mia vita musicale si concentrò sul cercar di combinare in maniera organica l’esser un musicista Jazz, quindi il suonare strumenti veri, con le infinite possibilità dei suoni elettronici. Penso sia una fusione molto interessante, veramente!
Come dicevamo, l’improvvisazione è un elemento fondamentale nella tua musica. Cosa significa per te? Qual è la tua concezione di “improvvisazione” e perché è così importante per te?
Beh è un’ottima domanda. Per me l’improvvisazione è una sfida… Se suono in una band in cui so tutto quello che succederà sul palco dopo un pò mi annoio. Penso sia veramente una grande sfida creare musica sul palco. E per me è fondamentale l’improvvisazione in quanto voglio autodefinirmi un musicista jazz e ciò che rende il Jazz unico è proprio il creare musica davanti ad un pubblico, questo è fantastico, questo è veramente unico! Amo quell’energia, amo quel qualcosa che sento passare fra me e il pubblico… In qualche modo loro possono seguire la dinamicità della mia musica, possono seguire come questa si evolve dal niente in qualcosa di orribile o in qualcosa di bello (ride). Penso anche che per il pubblico sia interessante seguire questo lavoro e vedere come la musica possa essere composta direttamente sul palco. Penso questa sia vera musica. Se si va a fondo nel concetto di musica, si capisce che questa è in realtà una conversazione… Come ti posso dire…
E’ un dialogo…
Ecco, sì assolutamente, è un dialogo fra l’ascoltatore e il musicista e penso sia proprio questa la cosa più interessante della musica.
In un’intervista hai citato Miles Davis dicendo: “E’ meglio suonare male qualcosa di nuovo piuttosto che suonare bene qualcosa di vecchio”. Quest’affermazione rispecchia adeguatamente il tuo pensiero?
Sì, assolutamente sì! Penso sia fondamentale per un musicista, qualsiasi cosa proponga live, il cercar di scovare nuove cose. Tutte le evoluzioni in ambito musicale, artistico, culturale, nella vita, generalmente provengono proprio dall’esplorazione di nuove idee e in particolare dall’incontro di più idee: si proviene da una determinata realtà con le sue regole e le sue caratteristiche, poi se ne conosce un’altra con altrettante peculiarità e differenti prospettive… Quando si diventa in grado di vivere in entrambe queste dimensioni, quando si diventa padroni di questi due mondi allora si è in grado di creare qualcosa di nuovo, di creare una nuova dimensione con nuove regole e peculiarità. E penso che in generale sia proprio così che giri il mondo. Quindi è fondamentale continuare a sperimentare e cercare nuove cose. Penso veramente che sia molto più importante cercar in tutti modi di evolversi più che sentirsi protetti da cose che sappiamo funzioneranno di per certo. Per questo adoro Miles Davis, è sempre stato costantemente alla ricerca di qualcosa di nuovo, e ciò è incredibile!
Non pensi però che a volte con il cercar a tutti i costi di creare qualcosa di nuovo, qualcosa di mai sentito, si vada a morire nella masturbazione mentale, creando qualcosa di strano ma fondamentalmente di inutile? Attività intellettuale priva di scopi pratici insomma…
Certo! Ma allo stesso tempo penso che la cosa importante è provare. Ad esempio nella scienza si fanno miriadi di esperimenti, ma solo alcuni di questi portano poi a qualcosa di nuovo e di utile. Se nessuno facesse niente, niente accadrebbe! E’ veramente fondamentale andare alla ricerca del nuovo, provare contemporaneamente con il cuore e con la mente… Specialmente nell’arte è necessario combinare cuore e mente! Rispetto molto più chi segue questi principi piuttosto che persone che copiano o continuano a suonare sempre le stesse cose.
Beh, infatti alla fine penso sia stato proprio questo tuo desiderio di improvvisare, questa tua perenne ricerca che ti ha portato alla musica elettronica. Quando e come è avvenuto il tuo primo approccio alla musica elettronica?
Penso avvenne tutto verso la fine degli anni ’80, avevo un gruppo, un quartetto composto da amici, e fu con loro che iniziai a cercare veramente un sound più elettronico. Non usavamo ancora software, usavamo però un approccio per così dire elettronico, utilizzando sintetizzatori ed effetti.
Quali sono gli elementi che il Jazz e l’Elettronica hanno in comune? Qual è la loro connessione secondo te?
La connessione è la dinamicità! Molta musica Jazz, ad eccezione dei solo, non è poi così differente dalla musica elettronica, c’è la stessa energia la stessa dinamicità! Il Jazz potrebbe benissimo essere una genere da ballare, specialmente se si prende in considerazione il “groovy Jazz”. Ci sono molte connessioni anche fra l’Ambient e il Modern Jazz… Le idee alla base sono le stesse, cambiano solo i suoni! Penso siano gli assolo a rendere a volte inaccessibile il Jazz: la cosa negativa del Jazz è che i musicisti si concentrano troppo spesso sul solo. Io, come musicista Jazz, sono più interessato all’improvvisazione, questo è ciò che rende fantastico il Jazz. Per molte persone ascoltare un solo senza fine è noioso, e lo è anche per me, è una cosa che odio veramente! A meno che non stiamo parlando di John Coltrane! (ride) Lo stesso Miles Davis, ad esempio, suonava sempre assoli molto brevi; il solo non era e non è il nocciolo della musica di Davis, lo è l’energia, invece! Quindi Elettronica e Jazz vanno di pari passo, se si eliminano i soli!
Poi di fatto è stato con “New conception of Jazz” che hai messo su CD questo tuo desiderio di combinare Jazz ed Elettronica. Ricordi come è nato questo progetto e come si è evoluto?
Ho iniziato a lavorarci nel 1993, 3 anni prima dell’uscita in commercio. Era il periodo in cui andavo nei club a sentire fondamentalmente House e Techno; furono proprio quei posti che mi portarono ad un Jazz più groovy. Volevo un Jazz che suonasse come suona un bravo Dj, un Jazz che il pubblico potesse ballare. Amo veramente molto l’energia che si genera nei club, così volli tirar su una band che avesse la stessa energia. Quindi in conclusione l’idea generale è stata quella di unire il suono di classici strumenti come batteria, basso, tastiere e piano a quello dei beats programmati e di usare tutto questo per creare qualcosa di organico e potente.
“Public Outburst” è stato forse l’album in cui hai mescolato il maggior numero di stili, per quanto riguarda la musica elettronica. Cosa ci puoi dire su questo progetto? Com’è stato lavorare con Laurent Garnier?
Guarda, è stato fantastico, è una persona grandiosa… Un pò di anni fa venne ad uno dei miei primi concerti a Parigi; gli piacque molto così qualche tempo dopo si unì alla mia band per suonare una traccia live, sempre a Parigi, una serata splendida… Poi suonammo una cosa come 7 ore live al Rex Club, come fossimo un vero duo. Così iniziò tutto… Fu veramente fantastico, lui è fantastico!
Essendo a conoscenza della tua visione universale della musica, ti volevo chiedere: Cosa ne pensi di questo presente (musicalmente parlando)? Siamo in un periodo di evoluzione o siamo forse un pò troppo statici rispetto al potenziale tecnologico di cui disponiamo?
Penso, parlando di musica elettronica, che siamo semplicemente all’inizio! C’è un molta musica interessante in questo periodo, c’è molta commistione di generi… Ormai la gente fonde qualsiasi tipo di musica, si mixa il Black Metal con il Jazz, musica elettronica e contemporanea con il Jazz… E’ veramente un ottimo periodo secondo me. Penso che la musica elettronica sia l’idea più fresca, più nuova al momento e, come dicevo, siamo solo all’inizio. La cosa fantastica dell’elettronica è che non è particolarmente costosa, più o meno tutti possono comprarsi un computer, qualche software e iniziare a fare musica. Sicuramente molta di quella musica non sarà buona o magari non uscirà mai fuori dalle cantine, ma non importa; ciò che secondo me è fondamentale è che chi magari non avrebbe mai trovato la sua strada nel violino o nel piano, può trovare il suo mondo nel computer e può potenzialmente creare musica ottima. Questo è grandioso!
E ora cosa ti passa per la mente? Hai già qualche progetto per il futuro? Nuovi esperimenti?
Beh, Henrik ed io continueremo a suonare per il tour di Duo, poi ho un nuovo solo album da portare a termine e ho un nuovo progetto che mi intriga molto: andrò a suonare con Joe Clausell, il Dj, assieme al francese Erik Truffaz e a Ilhan Ersahin, un sassofonista turco-americano dalla Nublu Orchestra. Sono veramente eccitato per questo progetto. E’ una vera e propria band con un Dj. Sono molto curioso di vedere cosa possiamo fare assieme.
Ok, penso possa bastare, abbiamo spalancato un bel pò di porte! E’ stato un piacere parlare con te, veramente! Grazie mille, ciao!
(Ride) Figuratevi, piacere mio. Ciao!
English version:
Old stuff or new stuff? If there was no old stuff, new stuff would not exist, and it would be foolish to talk about hypothetical old stuff, independent of the existence of new stuff. What is the importance that must be given to these two aspects of the same History? Don’t worry, for sure we are not here to talk about semantics or logic, but the problem is not simple as it sounds! Up to what point is it useful distorting our traditions, our beliefs (and not just in music), in order to evolve, to improve ourselves? When is that the present enchain us to the immobility of the present rather than when it allows us to move forward? And it’s interesting to note how everyone has completely different ideas about it. Bugge Wesseltoft on these topics do not hesitates! He is convinced of his vision of music and he is convinced that trying, seeing what happens, and in particular, with regard to his “work”, mixing different musical styles are the great things of life. And this is not just a theoretical thought for Bugge, but it is a concept that he immediately put into practice with “New Conception of Jazz” (1996), albums on which the artist experimented for the first time the union between Jazz with the infinite possibilities of the music circuit, a union which finds its ultimate expression in “Duo”, an album born from the collaboration between Bugge and Henrik Schwarz. The future of Bugge Wesseltoft is here!
Hi Bugge, welcome on Soundwall.it! Let’s start from your last work with Henrik: “Duo”, an album that hides an infinite world behind its sounds. Tell us about the genesis of this project… The beginning…
We had a common friend, Sven Fobbe, who is living and working with music in Berlin like us. He knew both of us and he really wanted us to meet and to do something together. So a couple of years ago I had a concert in Berlin and I invited Henrik to join me on stage. So we basically had a meeting in the afternoon, we did the soundcheck and we played toghether… And it was very wonderfull! The track we improvised that night is the opening track of the album “Duo”.
Regarding this last thing, we know improvisation is one of the most important element in your music. How much improvisation and how much rationality are there in the album? How did you build up the album?
Well, all the music is based on what we do live, and in the live concerts we improvise, we really play together: I present an idea on stage or Henrik presents an idea on stage and we work together on it live. Then we try to bring into the studio the stuff that works really well, to refine it, to make it a little bit more like a composition. So we always use new ideas. I think it’s a very good way of working becouse the all material becomes quite organic! So all the stuff comes from live sections!
So at the end… What is “Duo” for you? Give us your personal presentation of the album!
I think for me it’s a kind of the essential mix of sounds. I’ve always wanted to mix the sound of the grand piano with the sound of the laptop somehow, and I think this concept works very well. I did this also in solo, I mixed the grand piano and laptop, but I think it is wonderfull to collaborate with Henrik; becouse he is really really a clever person, he comes from a little bit different world musically, but we are very connected, I feel we are very connected. And for me it was fantastic work on “Duo”, becouse it’s great to work with another person, it’s always great to try to create something with another person. You can be really free. When you are in a band what is difficult it’s to make a kind of instant music… Because there are too many brains. Two brains is the perfect collaboration!
Ok let’s talk about ‘you now. We know that you grew up surrounded by music. What were the things that fascinated you more about that world when you were a child? Memories, emotions…
Music has been always part of my life because I grew up listening to my father music; he’s a guitar player and he was always playing or listening to music… Sometimes I went to his band rehearsals where I could play little bit of drum… So music has been a big part of my life and it was something natural, becouse I had not a musical education, at the beginning it was only for fun! There was no pressure… I tryed to do some piano lessons but it didn’t work for me at all, for me play at home and listen to music were something better than take lessons.
And regardless of your family, what were the artists that formed you?
Oh they are so many… It’s impossible… Of course I grew up with my father music, so American Jazz, Soul music, everything from Atlantic, Stevie Wonder… Then I started growing on my own, so Jazz again, but also Rock, and then I discovered the European Jazz, the Norwegian jan garbarek and those people and, after that, came… just so many… I played in a punk band!
A punk band?
Yes, actually it was my first group, there were some friends! Then I was looking for inspiration, I bought my first synthesizer when I started to listen to electronic music. So I found Tangerine Dream, Thomas Dolby, Sakamoto, [Ryuichi Sakamoto ndr], Brian Eno… That kind of stuff! Then the 80’s came… So I was struck by that sound, the digital sound, it was beautifull and I think since than my musical life has been about trying to combine the organic way of being a jazz musician, playing a really instruments, and the sound of that instrument with the possibility of the electronic sound. I think it’s a very interesting combination, really!
As we said, improvisation is a very important element in your music. What does it mean for you? What is your conception of improvisation and why is it so important for what you do?
Yeah it’s a good question. I think for me it is a challenge… If I play in a band where I know all the music when I go on stage, it’s a bit boring for me… I think that creating something on the stage it’s a great challenge, also because I want to define myself as a jazz musician and what is unique in Jazz is creating in front of the audience, this is fundamental, this is really unique! I love that energy, I love what comes between the musicians and the audience… Somehow they can follow the dynamic of the music and how it developes from nothing to something horrible or to something quite good (laughs). And I think it’s interesting for the audience to follow this work and to see how music is composed on stage. I think it is very true music. If you go a little bit deeper down in music, you understand that music is all about conversation… I mean it’s a…
It’s a dialogue…
Yes, absolutely, it’s a dialogue between listeners and performers, and I think this is the interesting thing of music!
In an interview you cited Miles Davis: “It’s better to play badly something new than play well something old”. Does this sentence reflect your thought? Why yes, why not?
Yes, it definitely does! I think it’s very important for a musician, whatever you do live, try to find new things. All developments in music, in art, in culture, in life, in general come from exploring new ideas, expecially when new ideas meet: you come from one world, then you meet another world with different prospectives; when you’ll be able to live in both worlds, you’ll be able to create something new, I think that is how in general the world turns. So it’s very important to keep experimenting and to try new things. Actually, I think trying to develope yourself it’s more important than being safe and than just playing something you know works. So I love Miles Davis, he was always, constantly trying something new, and this is incredible!
Don’t you think that sometimes with the research at any cost to create something new, something never heard, get to the mental masturbation, creating something strange but useless at the end? Intellectual activity that serves no practical purpose…
Of course, but I think the important thing is to try something new. I mean in science they do all kind of experiments, but just few of them bring out new things. If nobody did anything, nothing would be happens. I think it’s very important to try things, try with your heart and your brain together, expecially in art you have to combine them! I have more respect for who do this, than for people who copie or keep playing always old stuff.
At the end, maybe, it was your desire to improvise, it was the research that led you to electronic music. When and how did you approach to the electronic music the first time?
I think it was in the late 80’s, I had a band, we were a quartet and we really tried to have also an electronic sound. We were still not using program, but we used an electronic approach to music with synthesizers and effects.
What are the elements that jazz and electronics have in common? What is their connection in your opinion?
The connection is the dynamic! In lots of jazz music, if you take away the solo, it is not so different from electronic music, there are the same energy and dynamics. Jazz could be dance music too, expecially if we’re talking of groovy Jazz! There are lot of connections also between the more ambient Electronic and modern Jazz music. There is the same idea behind it, but sounds are different! I think solos sometimes make Jazz inaccessible; becouse the bad thing in Jazz is that musicians are too concerned to play solos. I am, as a Jazz musician, more concerned about to make improvisations, this is the fantastic thing of Jazz. For a lot of peolple listening to an endless jazz solo is really boring , and for me too, I really hate it … Unless we are talking about John Coltrane! (laughs) Even Miles Davis was always playing very short solos; solos were not the essential thing about his way of making music, it was only all about energy! So you can see easly Jazz and Electronic music go together, if you take away the solos!
Then in fact it was with “New Conception of Jazz” that you’ve put on CD your desire to combine jazz and electronic. Do you remember how the project was born and developed? What was the main idea?
I started to work on it in 1993, 3 years before the album came out. I was starting to go in clubs listening to basically house and techno music, and so I wanted to make more rythmic Jazz. I wanted to make jazz music that could play like a good Dj. A groove that people can dance to, I wanted to bring music up and down like a very good Dj can do, in order to have a good conversation and energy together with the audience dancing. I love so much the energy that exists in clubs… So I wanted to create a band that has the same idea behind it. So finally, the general idea was to use classic instruments like drum, bass, keyboards, piano but also programmed beats and to use all these to make something organic and groovy!
“Public Outburst” was perhaps the album in which you amalgamated more genres of electronic music. What can you say us about this project? How was it working with Laurent Garnier?
Well, it was great, he is a great person… Many years ago he came to one of my first concert in Paris and he liked it, so later he joined my band for a live track in Paris, he liked that too… So we played like a duo at Rex club for something like 7 hours. It was fantastic and he is fantastic!
Knowing the universal vision of music you have, I wanted to ask you: What do you think of this present (musically speaking)? Are we in a period of evolution or are we a little ‘too static considering the technological potential available to us?
I think, talking about electronic music, we’re still at the beginning! I think there is a lot of very interesting music today, lots of mixes… People blend all type of music, they mix Black Metal with Jazz, Electronic music and contemoporary music with Jazz… It’s really a very good period at the moment I think. I have to say that for me electronic music is the newest idea, the newest music and we are just at the beginning of this musical world. I mean, the great thing about electronic is that basically it is not so expansive, anyone can buy a laptop, some softwares and start to make music. Of course most of that music will never be very good but it doesn’t matter becouse maybe someone who never fit playing violine or piano, can find his world in the laptop and probably he creates fantastic music. I really love that!
And now what’s going on in your mind? Have you already had any new projects for the future? New experiments?
Well, Henrick and me are playing for the Duo tour. Than I have one more solo album to do and I have a new project that intrigues me a lot. I’m gonna play with Joe Clausell, the Dj, Erik Truffaz from France and a turkish-american saxophone player, Ilhan Ersahin from the Nublu Orchestra. I am very excited about it. It’s gonna be a full band with a Dj. I’m very curious to see what we can do!
Ok, I think it’s enough, we opened wide a lot of doors! It was a pleasure, really! Thank you very very much, bye!
(He laughs) No, my pleasure and thank to you. Bye!