Dasha Rush è russa di nascita, ma in realtà è cittadina del mondo, e quasi per caso. Le piace mischiare la musica ad altri elementi per spingere i confini al limite, verso la sperimentazione. Nel suo mondo strano e distorto le macchine sono le protagoniste di un nuovo romanticismo e si intrecciano ai sogni umani. Sua la label Fullpanda Records, la sub label Hunger To Create, più orientata verso nuove ricerche formali, ed il progetto LADA, in collaborazione con il berlinese Lars Hemmerling.
Hai vissuto divisa tra Mosca, Parigi, Londra e il Giappone, quindi sei una persona estremamente cosmopolita. Che relazione hai con ognuna di queste città e come ti hanno influenzata?
E’ successo casualmente che mi sia ritrovata a vivere in così tanti posti da giovane. Se c’è una volontà o della casualità in tutto ciò, posso solo provare ad immaginarlo. Nel ‘95 a Mosca ho avuto la proposta di lavorare nel mondo della moda, da parte di una delle maggiori agenzie. Non avevo mai considerato o pianificato di lavorare in quel campo, ma c’era una parte che mi affascinava e cioè la possibilità di viaggiare. Volevo avere la possibilità di vedere che cosa c’era al di là della ‘cortina di ferro’ sovietica, ho pensato che fosse una cosa fantastica, così sono partita. Il tempo passava e io continuavo a spostarmi nelle varie città e ovviamente con ognuna di esse ho avuto un rapporto diverso. Era un rapporto che cambiava in base alla mia età, come prima cosa, nel senso che vivi diversamente un posto quando hai diciotto anni e quando ne hai trenta. Quello che ho capito è che non è solo la città ad influenzarti, ma è una cosa reciproca, in un certo senso. Anche tu ne fai parte: il linguaggio, la cultura, il cibo, le tue abitudini (buone o cattive che siano) influenzano la tua visione della vita e le decisioni che prendi, i passi che fai, e accade anche il contrario, perchè fai dei passi nella tua vita di ogni giorno o nei tuoi momenti creativi, ci sono delle micro particelle che influiscono sulla città in cui vivi. Quindi diventa una cosa unica, ma poi tu reagisci in vari modi, dipende dalla tua esperienza, che dipende appunto dalla tua età. Se dovessi usare una metafora direi che Mosca è stata mia madre, Parigi la mia sorella maggiore, Londra un’amica curiosa e Tokyo uno straniero bellissimo e folle, nei confronti del quale ho avuto bisogno di più tempo per capire come comportarmi.
Hai sempre voluto diventare una musicista, o avevi altri sogni?
Nonostante io abbia sempre avuto un interesse verso la musica e una disordinata educazione musicale, no, non volevo fare la musicista. Beh, almeno non come professione. Da piccola, nei brevi momenti in cui mi soffermavo a pensare al mio futuro, mi vedevo a disegnare case, o a fare la maga, insomma varie cose. Non avevo un vero piano per la mia vita, ma crescendo via via ho messo da parte le cose che non avrei mai voluto fare e ho cercato di seguire il mio cuore verso ciò che realmente mi sarebbe piaciuto fare, in base alle mie possibilità.
Come ti sei avvicinata alla musica elettronica?
Principalmente ci sono stati due dischi fondamentali che ho sentito nella mia infanzia, uno di questi era un disco dei miei genitori degli Zodiac, una band electro-strumentale, e l’altro ‘Oxygene’ di Jean Michel Jarre. Ero talmente affascinata dal suono degli strumenti, senza però sapere realmente quali fossero gli strumenti che creavano quei suoni, e ed è questo che mi ha incuriosita. Mi sono avvicinata alla musica elettronica, alla techno in particolare, con i primi rave negli anni Novanta. Ero affascinata da tutta quella follia che scaturiva dai suoni e dalle persone, follia in senso positivo intendo.
Hai suonato live anche mischiando performance teatrali ed installazioni sonore. Hai un background teatrale? Suppongo che questo ti abbia permesso di sperimentare ed esplorare molto i diversi campi artistici…
Non so se si è capito bene quello che facevo realmente, sarò più precisa. Ho collaborato con artisti di vari campi, come il teatro, o la danza, ed altri ancora. Quindi a volte mi trovavo a fare musica per dei piccoli pezzi teatrali o di danza, o per delle installazioni sonore, o a collaborare con qualche pittore. E durante queste esperienze, ma non solo con queste ovviamente, ho imparato a vedere altri aspetti della musica, emotivi ed espressivi, ed ho capito come questa possa essere connessa ad altri campi artistici. E ho anche imparato diverse cose sugli aspetti tecnici, le basi di cosa è un suono quando non viene considerato come musica. Ovviamente ho ancora molto da imparare e lo desidero fortemente, e spero di riprendere in mano queste sperimentazioni in futuro, mescolando la mia musica e il mio sound alle altre arti.
Quali sono le differenze tra i tuoi live set e i tuoi dj set? Hai un approccio emotivo diverso con il pubblico e con il suono, o per te è principalmente una questione tecnica?
Le differenze tra i live e i dj set ovviamente sono tecniche per me, ma riguardano anche l’aspetto più musicale. Durante i live crei una storia molto più personale che con i dj set. Mi spiego meglio: il dj set è come un collage, lavori con elementi altrui per costruire una scultura musicale, o una storia; in un live usi i tuoi elementi, i tuoi suoni, quelli che crei tu, come quando disegni su un foglio bianco. Inoltre i dj set sono più orientati verso la pista da ballo, anche se questo personalmente non mi influenza, riesco ad essere lo stesso molto soggettiva. In un live mi sembra di avere più possibilità per sperimentare.
Che emozioni provi quando ti esibisci?
Oh, sono piena di emozioni durante i miei set, magari non le esprimo al massimo fisicamente, ma sono davvero piena delle più diverse emozioni quando suono.
Sei una clubber? Intendo quando non suoni ti piace andare a ballare con i tuoi amici, o tendi a dividere lavoro e divertimento?
Onestamente quando non suono non vado spesso nei club, e credo che sia a causa del mio lavoro da dj. Ma a volte ovviamente mi piace ballare per tutta la notte o ascoltare i miei amici, o colleghi, o altri artisti che suonano, e mi piace anche mettere insieme le due cose, esibirmi e poi andare a ballare.
In un’intervista parlando della musica hai detto ‘E’ una questione ambigua; ha poca logica eppure è l’espressione più autentica’…
E’ una ‘questione ambigua’ perchè ritengo che puoi davvero ‘uccidere’ qualcuno con un brano, che un’altra persona per esempio può trovare inutile. Quindi come vedi non c’è logica! Quello che intendo per ‘logica’ è una sorta di razionalità, non so, dovrei collocarlo in un contesto. Per ‘espressione autentica’ sono convinta che la musica migliore venga creata nel momento in cui provi e percepisci qualche emozione, non quando analizzi una questione (mi riferisco ad una musica che deve avere una certa praticità, per esempio una musica che deve vendere o cose del genere, insomma più un prodotto che una creazione).
Quando leggiamo qualcosa su di te, traviamo parole come ‘freddo’, ‘minimale’, ‘industrial’, ‘macchine’. Come artista ti senti più orientata verso l’oscurità o verso la luce?
Beh, non so dove hai letto queste parole, ma se ricorrono spesso un qualcosa di vero ci deve essere. Io riconosco delle sfumature industrial nei suoni che uso, è connesso al romanticismo del nostro tempo, o almeno secondo la mia percezione. I suoni freddi delle macchine interagiscono con il calore dell’anima dell’uomo sognatore che c’è dietro ad esse. E’ qualcosa del genere. Minimale, beh la techno è principalmente una musica minimalista ripetitiva, è ipnotica. A volte non hai bisogno di molti strumenti o suoni per creare un’atmosfera. A me piace la musica articolata, eloquente, piuttosto che scarna e minimale, ecc… Per rispondere alla seconda parte della domanda, io mi definirei ‘dentro una luce oscura e una luce dentro l’oscurità’. insomma è una cosa che contrasta!
Il tuo suono è stato definito un ‘collage sonoro’, ti rivedi in questa descrizione?
Per quanto ne so questa definizione è stata usata per il mio album ‘I run iron I run ironic’, mi sembra. Non ho nulla in contrario.
Un grande artista è sempre un sognatore, quali sono le tue visioni? Come ti rapporti alla realtà e come ti influenza questa?
Un grande artista… beh a volte è soggettivo, non nel caso di Dalì probabilmente. Credo che siamo tutti dei sognatori! Ma suppongo che la definizione stessa di artista venga dal rapporto di come questo si comporta nei confronti dei propri sogni. E del come usi i suoi sogni e le sue idee, se in conflitto o in simbiosi con quello che lo circonda. La realtà?! Hmmm. La vita di tutti i giorni? Il mondo nel quale viviamo? La guerra o il fisco sono reali? O sono solo un incubo? Oh, e che ne dici del tramonto? Sembra vero, ed è bellissimo! Sinceramente a volte non sono sicura di come definire il confine tra la realtà e il sogno.
Qual è l’artista del passato che ammiri di più?
“Dio”, cioè non sono sicura quale fosse il suo vero nome, ma è colui che ha creato l’Universo! Credo che sia colui che ammiro di più. Se sai il suo nome, per favore fammi sapere!
Cosa ne pensi dell’attuale ibridazione delle arti? Come si evolverà?
Oh sì! Arte ibrida, qualcosa come i cani. No seriamente, penso che tutte le forme d’arte sono, sono sempre state e saranno connesse le une alle altre, quindi sicuramente si influenzano a vicenda. Come si evolverà tutto ciò? Non lo so in realtà, dovremmo guardare a dei progetti ben precisi per fare un bilancio.
Chi è Dasha nella sua vita quotidiana? Cosa ti piace fare?
Dasha è una pensatrice, Dasha è una madre, Dasha è un’amica, Dasha non è una brava cuoca ma le piace mangiare, Dasha lavora di notte, a Dasha piacciono i Monty Python, a Dasha piace creare suoni, è questa la sua vita.
Se ti dovessi reincarnare in qualcosa, cosa vorresti essere?
Se potessi scegliere, mi piacerebbe moltissimo essere un uccellino! Un uccello selvatico che può volare ovunque, senza controllo passaporti, o senza essere condannato ad aspettare nei ristretti spazzi degli aeroporti con i ‘Dirty free shops’, contaminati dalla maleducazione, dallo stress e dalla mania del consumismo. E sarebbe totalmente libero, in grado di ammirare la bellezza dei luoghi dall’alto del cielo… dico sul serio! Mi piacerebbe moltissimo, mi basterebbe per poco tempo, anche se subito dopo dovessi essere mangiata da una tigre, o travolta da un aereo.
Hai qualche messaggio da lanciare al mondo?
Hmmm… lasciami pensare… Caro Mondo! Per favore, puoi essere grande, bello e cieco come l’Amore?!
English Version:
Dasha Rush is Russian born, but actually she is a citizen of the world, maybe by chance. She likes to mix music with other elements to push the boundaries to the limit, searching for the experimentation. In her strange and twisted world the machines are the protagonists of a neo-romanticism, weaved with human dreams. Dasha runs her label Fullpanda Records, the sub label Hunger To Create, mostly oriented towards new researches, and she created the project LADA, in collaboration with Berliner Lars Hemmerling.
You were living between Moscow, Paris, London and Japan, you are a very cosmopolitan person. What is your relationship with each of these cities, and how did they influence you?
It just happened that way, that I have lived in several places since my young age. Where is the volunteer or upon fate part in it, I can only guess. In ‘95 in Moscow I had a proposal to work in fashion with one of the biggest agency. I was never thinking or planing to work in that domaine, but some how a part of it seduced me and that part was the possibility of travelling, a chance to see on my own what is there, on the other side of the soviet ‘metal curtain’, so I thought it was a good thing and I left. Time passed, I moved around, I lived in earlier mentioned cities and others, and of corse I had a different relation to each of them. My relation to every city is diversifying itself by an age phase at first ,what I mean is: when you live somewhere at the age of eighteen or thirty it is different. What I discovered was that: it is not only the city that could influence you, but it is mutual, in a sense. You are part of it, the language, the culture, food, manners (good or bad) influence your visions of life and decisions you take, steps you do, and reverse, you do steps in everyday life or creative moments, that are micro particles and influence the city you live in. So it is all one, but you react differently, depend how much experience you have due to age. In my metaphor I would say: Moscow was my mother, Paris was my older sister, London was a curious friend, Tokyo was a beautiful crazy stranger, where I needed relatively more time to figure out how we feel about each other.
Did you always know you would become a musician, or did you have other plans for your life, another dream?
Despite my interest to music since young age anda chaotic musical education, no, I did not .Well as a profession, no. As a child, in those brief moments when I was thinking about it, I thought to design houses, or to be a magician, different things. I did not have a plan really, as i grew a little older I slowly pushed away things that I definitely do not want to do and I tried to follow my heart in what I want to do, in a degree of my possibilities.
How did you approach the electronic music?
There were two significant records that I heard in my childhood: one of them was from Zodiac, the instrumental-electronic band that my parents had at home, and later on Jean Michel Jarre’s ‘Oxygene’. I was so intrigued by the sound of the instruments, without really knowing what kind of instruments make those sounds, so it revealed my first curiosity to it. My approach to electronic music, in relation to techno genre in particular, was during the rise of raves in ‘90s. I was amazed by all this madness of sounds and people, in a good sense.
You were playing live, mixing theatre performances and sound installations. Do you have a theatrical background? I think that you were exploring and experimenting a lot the various artistic and emotional fields…
I am not sure if there is full comprehension in your question of what it was. May iIclear a bit the sense. I had collaborations with other artists in different domaine, such as theatre, or dance, or others. So sometimes I was doing music for small theater piece or for a dancer, or making artistic sound installation, or collaborating with a painter. During those experiences, not only of course, I learned about emotional and expressive side of the music and how it could relate to different ways of expression, also some of the technical aspects and even some bases of what the sound is, not as the music . Of course I still have a lot to learn and I wish to learn more, and in the future come back more to those sort of experimentations combining my musical or sound related activity with other arts.
What are the differences between your live sets and your dj sets? It is a different emotional approach to the public and to the sound, or it is just a technical question?
Difference between a live act and a dj set is technical of course for me, but it is also musical. During the live act you create a more personal story than during the dj set. I might repeat my self, dj set it is like a collage, you work with elements of others to build a music sculpture, or a story. In a live act you use elements (sounds) that you created from scratch, like if you draw on a plain surface. And a dj set, even being subjective and not really compromising for me, is still mostly oriented to dance entertainment, but not only. In a live set I have an impression to have larger field to experiment .
What are the emotions during your shows?
Oh , I am plenty of emotions during my sets, I am not always the most expressive physically, but I am full of diverse emotions when I play.
Are you a clubber? I mean, when you are not playing do you like to hang out with your friends and go to the disco, or work and amusement are two separated things for you?
Honestly I do not go out so much to the clubs if I am not playing, I guess due to my professional activity as a dj . But sometimes of course I like to dance all night, or to listen to my friends, colleagues or other artists playing, or even combining both, performing and going dancing then.
In an interview you said, speaking about music ‘It’s sensible matter; it has a minimum of logic and is more sincere expression’…
‘It is a sensible matter’, I believe you can ‘kill’ someone with a track that another one finds pathetic, for example. So there is no logic in that case! What I meant by ‘logic’, I guess, it is rationality in some sort,I have to read it in a context! About ‘sincere expression’, I believe that best music is created in the moments when you feel, sense and not analyze (referring to functional music, that was calculated to sell or so, more like a product then a creation).
When we read something about you, we read words like ‘cold’, ‘industrial’, ‘minimal’, ‘machines’. As an artist, are you mostly oriented towards dark or towards light?
Well, I do not know where you read those words, but if they come back it must be true in part. I do recognize that like, the industrial flavor in the sounds is directly related to the romanticism of our age, in my perception.
Cold sound of the machines interacting with the dreaming warm soul of a man beside it, something like that Minimal, well techno is mostly a minimalisic repetitive music, that has an hypnotic aspect. Sometimes you do not need a lot of instruments or sounds to create an atmosphere… But I like complex, overblown music as much as naive or minimal or…To answer the second part of your question ‘I am into dark light and a light in the dark’ a contrast I think!
Your sound was described as a ‘sonic collage’, do you agree?
As far as know it was described that way in the particular case of the album ‘I run iron I run ironic’, I think. I have nothing against it.
A great artist is always a dreamer, what are your vision? What is your relationship with the reality and how does the reality influence you.
A great artist… sometimes it is subjective, not in case of Dalì maybe, or even. I think we all are dreamers! But I guess that the definition of being an artist comes in relation with what you dream about, and how you use your dreams and ideas, in symbiosis or in conflict with everything around you. Reality?! Hmmm. The everyday life? The word we live in? War or Tax Office are real? Or a bad dream? Oh! What about sunset? Looks real and amazing Honestly I am not sure in my definition of the border between the reality or dream, sometimes.
What artist of the past do you admire the most?
‘God’, well I am not sure what was his name really, it is the one who created Universe! I think that I admire him the most . If you know his name, please let me know!
What you you think about the crossbreeding of today’s art fields? How will this evolve?
Oh yes please! Crossbreeding art forms like dogs. Seriously, I think that all art forms are, has been and will be connected to each other, so definitely they influent each other. How will it evolve? I do not know really, we have to look particularly into precise projects then to make a statement.
Who is Dasha in her everyday life? What are your interests and what do you like to do when you are not behind the decks?
Dasha is a wonder, Dasha is a mother, Dasha is a friend, Dasha is not really good at cooking but she likes to eat,
Dasha works at night, Dasha likes Monty Python, Dasha likes to make sounds, it is her everyday life.
If you reincarnate in something, what will you be?
If I had a choice I would love to be a bird! A wild bird that can fly everywhere, without passing passport controls or without being condemned to wait in the confined airport spaces with ‘Dirty free shops’, contaminated with rudeness, fatigue and consumer virus! Just be able to move around freely, and to see the beauty of the places from the sky view… seriously! I would love that, event for a short while, even if I will be eaten by a tiger, or crashed by a plane.
Do you have any message for the world?
Hmm… let me think… Dear World! Please, could you be as big, as good, as unconditional as Love?!