Il 7 aprile il Fabric di Londra ospiterà Joris Voorn, insieme a Rebel Rave, Hold Youth e Marc Houle. Per chi ci sarà e no ecco intanto un assaggio, l’intervista a uno che con la musica ha sempre avuto a che farci: genitori insegnati e compositori, Joris impara da piccolo a suonare il violino e la chitarra, ma i nuovi filoni musicali degli anni Novanta lo trascineranno in un’altra direzione, verso l’elettronica. Affascinato dal modo in cui questa musica si forma e viene composta, decide di iniziare anche lui a prenderla in mano e imbocca la sua strada. Dal 2002, anno di uscita del suo primo EP ‘Muted Trax’, è un susseguirsi di successi.
Ciao Joris, benvenuto su Soundwall e grazie per il tempo che ci dedichi.
Tanto per iniziare, puoi dirci qualcosa sulla tua infanzia e su di te prima che entrassi a far parte del mondo della musica elettronica? La tua famiglia ha un notevole background musicale, quindi possiamo dire che quest’arte ha sempre fatto parte della tua vita. Ma quali erano i tuoi altri interessi?
Mio padre è un compositore ed entrambi i miei genitori sono degli insegnanti di musica, quindi sì, è un elemento importante nella nostra famiglia, nonostante loro fossero più orientati verso la classica. Sono molto fieri di me e del fatto che anche io ho intrapreso una carriera musicale, anche se non sono del tutto sicuro che abbiano capito che tipo di musica faccio. Oltre alla musica, sono sempre stato appassionato di design e di architettura, che ho studiato e nel campo della quale ho lavorato prima di scegliere di fare il musicista a tempo pieno.
Come hai scoperto la musica elettronica? Lo ricordi come un qualcosa di emozionante?
Ero più interessato alla musica indie, specialmente a quella fatta con la chitarra. Ma quando a metà degli anni Novanta hanno cominciato ad emergere band come Portishead, Chemical Brothers, Underworld e Leftfield, la mia stazione radio preferita ha cominciato a passare la loro musica nei suoi programmi più alternativi. Il che mi ha aperto un intero mondo, sì, credo che tutto sia cominciato proprio con la musica orientata verso il trip hop. Poi ho sentito l’album ‘Achive One’ di Dave Clarke, che mi ha conquistato con la potenza dei suoi brani minimali e decisamente techno. Proprio questo lato oscuro ed inflessibile era affascinante, ed aveva dei punti in comune con le band indie rock più dark.
Hai iniziato a suonare nel 1997, poi alla fine del 2000 ti sei dato anche alla produzione. Come mai? Cercavi altre vie per esprimerti?
Appena ho scoperto come veniva prodotta la musica elettronica ho subito desiderato cominciare anche io. Il mio primo acquisto, una Roland MC-303, era una macchina tutto in uno, che poteva fare tutto ciò che faceva uno studio pieno di attrezzatura, in una qualità molto bassa, ma mi ha insegnato a programmare i beat e i synth. L’ho usata in tutti i modi durante i miei studi di architettura, prima di comprare finalmente qualcosa di nuovo nel 2000.
Il tuo primo EP ‘Muted trax pt.1’ è stato un grande successo, seguito da numerosi altri. Ti aspettavi tutto questo, o è stata una sorpresa?
E’ stata una grande sorpresa, credo che tu non possa certo aspettarti grandi cose dal tuo primo disco. Anche se dieci anni fa era molto più facile farsi notare, dato che c’era ancora poca gente che faceva questo tipo di musica.
Fai uscire i tuoi lavori sotto vari nomi, quali sono le differenze tra loro? Senti il bisogno di suddividere la tua personalità?
Per me è utile fare musica sotto nomi diversi, ogni stile nel quale mi sono cimentato ha un nome diverso. Non lo faccio più ormai, adesso esce tutto sotto il mio nome d’arte, non importa quale sia il genere.
Essere un dj ti permette di viaggiare il mondo, ma che ci dici della tua città, Rotterdam? Com’è stato crescere qui e com’è la scena clubbing attuale?
Ho vissuto qualche anno a Rotterdam a causa dei miei studi di architettura, ma vivo ad Amsterdam dal 2008. Amsterdam è favolosa, un po’ più internazionale di Rotterdam, è un posto stupendo, con un grande scena musicale.
Come vedi il futuro della musica elettronica? Come mai è così difficile oggi essere un musicista a tempo pieno?
E’ duro essere un dj di un certo peso ormai. Devi essere capace, ovviamente, e devi avere un sound che ti distingua, ma allo stesso tempo devi essere in grado di cambiare, altrimenti i fan potrebbero annoiarsi, oppure per i più giovani puoi passare di moda. Anche se la musica dance è ancora viva e vegeta, e lo sarà sempre, in futuro sarà un’eredità per nuovi ed entusiasmanti artisti.
Oggi le persone cosa ricercano nell’elettronica?
Ci sono diversi tipi di musica elettronica ed ognuno ha il suo motivo di essere tale. Alcune persone ricercano solo una bella serata in un club e di conseguenza ascolteranno un tipo di musica più alla moda. Altre sono più seriose e puriste verso ciò che ascoltano, il che va bene comunque. In pratica ognuno ha il suo proprio modo di vivere la musica.
Quali sono per te le maggiori differenze tra un live set e un dj set? Tu quale preferisci tra i due?
Oggi preferisco fare dj set, il mio modo di suonare è molto creativo, uso molti loop, effetti e modifico le tracce sul momento. Posso fare di più di quando suono live. La cosa bella di fare un live è che suoni solamente la tua musica, ma la dinamica è completamente diversa. Quest’anno probabilmente farò dei nuovi live, ma lavorerò con un set up completamente diverso da quello che usavo anni fa.
Cosa pensi dell’attuale scena musicale, quali sono i punti deboli di questo genere e del clubbing?
Oggi lo scenario della musica elettronica è completamente diverso da quello che c’era negli anni Novanta, o anche solo dieci anni fa. La scena si è divisa in vari stili, tutti con i propri fan e i propri eroi. Non ci sono molti dj che suonano in maniera variegata e che combinano un po’ di tutto, il che porta a sentire lo stesso sound per una notte intera ad un party. Il lato positivo è che la scena musicale è in piena salute, ogni anno emergono nuovi artisti dal sound personale. La maggior parte dei nuovi sound è comunque basata su un qualcosa di già fatto, ma che adesso si sviluppa in maniera nuova. Ad alcuni clubber un certo stile può sembrare originale, ma se ascolti musica dance da quindici anni o più, ti accorgi che c’è un ciclo musicale ben definito.
Cosa dobbiamo aspettarci da te nei prossimi mesi?
Sto cercando di lavorare ad un nuovo album. Sarà più melodico dei miei altri lavori recenti, sarà una sorta di ritorno alle origini, anche se l’approccio melodico sarà diverso dalle mie tracce di ispirazione Detroit. Ad aprile uscirà anche un altro ‘Dusty House EP’, una musica house più funzionale, fatta completamente per il dancefloor.
English Version:
On April the 7th Fabric London is going to host Joris Voor, with Rebel Rave, Hold Youth and Marc Houle. For those who are going to be there and for those who are not, here is a foretaste, an interview to a person that has always been involved in music: with parents as teachers and composers, Joris as a child learned to play violin and guitar, but the new 90s musical strands dragged him in another direction, the direction of electronic music. Fascinated by the way this music is formed and composed, he decided to start to pick it up and to take his own way. Since 2002, the year of the release of his debut EP ‘Muted Trax’, is one success after another.
Hello Joris, welcome on Soundwall and big thanks for your time and your attention. To begin with, can you please tell us something about your childhood and about yourself before you stepped into the electronic music world? Your family has an important musical background, so music has alway been part of your life. But what were your other interests?
My father is a composer and both parents are music teachers, so music has always been very important in our family, although it was always more about classical music. They are very proud of me making a career in music as well, although I am not sure they fully understand the kind of music I am in. Besides music I have always been very interested in design and architecture, which I have studied and worked in before choosing music as a fulltime job.
How did you approach the electronic music? Do you remember it as something exciting?
I was more interested in indie guitar music when I was growing up. But when in the mid 90s electronic bands like Portishead, Chemical Brothers, Underworld and Leftfield came up, my favorite radio stations would play their music as well on their alternative programs. This opened up a whole new world for me, I guess it started with the more trip hop oriented music, but when I heard Dave Clarke’s ‘Archive One’ album I was blown away by the power of minimal and pretty hard techno tracks. The fact that it was so dark and rigid was amazing and actually had things in commonn with darker indie rock bands.
You started dj-ing in 1997, then by the end of 2000 you got into production. Can you tell us something about this decision? Were you looking for something different, and maybe special?
When I found out how electronic music was made, I instantly wanted to do it myself as well. My first purchase, the Roland MC-303, was an all in one machine that could do everything a studio full of equipment could do, in very poor quality though, but it taught me programming beats and synths. I have played with that thing all the way thru my architecture studies, before finally buying some better gear in the year 2000.
Your first EP ‘Muted Trax pt.1’ was a great success, followed by many others in your career. Did you expect such a huge success or was it a surprise?
It was definitely a surprise, you can’t expect much of your first records, I guess. It was much easier getting recognised though ten years ago, as not that many people were actually making music.
You release your works with different names, what is the difference between them? Why is that? Is that a sort of need of splitting your personality into different parts?
It made sense for me to make music under different names, because of the different styles I was producing, each style has a different name. I don’t really do that anymore these days, everything fits under my own artist name, no matter what it sounds like.
Being a dj allows you to travel all over the world, but what about your hometown Rotterdam? What was it like to grow up there and how is the clubbing scene at the moment?
I have lived in Rotterdam for a few years after my architecture studies, but live in Amsterdam since 2008. Amsterdam is great, a bit more worldy than Rotterdam and simply a beautiful place with a great music scene.
How do you see the future of electronic music? Why is it so hard to have a full time job in music-making?
It is hard to stay relevant as a dj. You have to be good, of course, and have your own distinctive sound, but you also have to change over time, otherwise fans might get bored or you simply get out of fashion with the younger generation. Dance music is here to stay though, and will live on forever, its legacy will be passed on by new enthusiastic artists for many years.
What do you think that people are looking for today in electronic music?
There are many different kinds of electronic music and every kind has its own purpose. Many people are just looking for a great night out in a club and will listen to whatever music is fashionable. Other people are more serious and puristic about what they listen to, which is fine too. In the end everybody has his or her own way of experiencing the music.
What are, according to you, the main differences between a live set and a dj set? Which one do you prefer?
Nowadays I prefer to play dj sets, the way I play is very creative, using many loops, effects and editing tracks on the fly. I can do more than when playing live. The good thing of doing a live set is that you play your own music only, but it has a very different dynamic. Later this year I will do a few new live sets probably, but I am going to work on a completely new setup than what I have been using the last few years.
What do you think of the current musical scene, what are the weak points of the clubbing scene and of the electronic music?
The electronic music scene these days is very different than in the 90s, or even ten years ago. The scene is split up in so many different styles, all with their own fanbase and their own heroes. There are not many djs that play outside of their style and combine the best of everything, which can lead to hearing the same groove or sound for a whole night at a party. The good thing though is that the music scene is very healthy, many new artists coming up every year with a new sound. Much of the new sounds are based on something that is done before, but with a new twist. For your clubbers a certain style might seem new, but if you have been listening to dance music for fifteen years or more, you can hear a very clear musical cycle.
What is to expect from you in the next few months?
I am trying to work on a new album. It will be much more melodic than most of my recent works, so kind of back to my roots, although it is a different melodic approach than my more Detroit inspired tracks. I also have another ‘Dusty House EP’ coming out in April, more functional house music purely made for the dancefloor.