Il festival bolognese roBOt quest’anno si regala e ci regala il 27 settembre, a un paio di settimane prima del suo inizio ufficiale e con la collaborazione della Red Bull Music Academy, un’anteprima di enorme prestigio, nella splendida cornice del Teatro Comunale – una venue di pregio che non può che pretendere artisti di pregio, e la collaborazione tra il vate dell’elettronica più concettuale ed intellettuale Alva Noto e l’ormai leggendario Ryuichi Sakamoto (l’uomo che ha reinventato il pop, le colonne sonore e mille altre cose ancora…) non può che essere la risposta migliore. Abbiamo avuto l’occasione di scambiare un pò di idee con Carsten Nicolai alias Alva Noto proprio in previsione della data bolognese: ecco cosa ne è venuto fuori.
“Summvs” è l’ultimo frutto di una collaborazione fra te e Sakamoto che ormai è lunga e consolidata. Cinque album sono tanti: per giunta il fatto che le iniziali del titolo di ogni album vadano a formare la parola “virus” fa sospettare che sin dall’inizio avevate in mente di creare un progetto a lungo termine composto, appunto, da cinque dischi esattamente come la parola “virus” è composta da cinque lettere.
Ma no. All’inizio non pensavamo assolutamente di arrivare a registrare ben cinque dischi assieme. E’ che una volta registrato il quarto, “UTP”, ci siamo resi conto che unendo le iniziali dei titoli ci stavamo avvicinando alla parola “virus”: in qualche modo questo ci ha fatto decidere che questa nostra serie di collaborazioni si sarebbe concluso con una quinta uscita. Peraltro dopo aver fatto uscire il quarto nostro lavoro è passato molto tempo prima di arrivare al quinto, cosa che ha sorpreso noi stessi. Però sì, è solo da “UTP” che ci siamo resi conto che stavamo creando il gioco della parola “virus”.
Cosa c’è affascinante in questa parola? A prima vista, un “virus” suona più come qualcosa di minaccioso…
Il “virus”, per noi, è un concetto assai positivo, visto che ci siamo ispirati a Laurie Anderson e al suo “Language Is A Virus”, frase che lei ama ripetere e che è il titolo di uno dei suoi pezzi più famosi. Anche noi la vediamo come lei, condividiamo la sua visione positiva di “musica come un virus”: se tieni conto di questo contesto, direi che alla fine la parola “virus” diventa un po’ meno minacciosa.
Ma dobbiamo guardare a “Summvs” come alla logica progressione di una storia iniziata nel 2002 con “Vrioon”, il vostro primo lavoro assieme, o ogni disco deve essere visto come un capitolo a sé?
In realtà è impossibile trovare un preciso processo evolutivo da album ad album, in quanto sono tutti diversi l’uno dall’altro. Alcuni lavori sono più sofisticati, altri sono più semplici, alcuni contengono più parti di pianoforte, altri meno. Abbiamo messo in campo diverse strategie per far venire fuori questa interazione tra elettronica e pianoforte, ma mai abbiamo pensato di creare un preciso filo logico che unisca i dischi. Ciò che accomuna le cinque uscite discografiche è più il fatto di essere un continuum che una specifica progressione: il nostro obiettivo è stato trovare un livello di equilibrio costante, non un processo evolutivo specifico ed estremizzato. L’unica vera intenzione è stata quella di mantenere la stessa attitudine creativa in tutti i nostri lavori.
Quando si tratta di produrre dei concerti, come gestite di solito il vostro set? C’è spazio per parti improvvisate?
Di sicuro c’è un lavoro dietro. L’idea portante è quella di riprodurre dal vivo ciò che è stato prodotto in studio; in alcuni casi è piuttosto semplice, in altri ho bisogno di software disegnati in modo tale da saper reagire molto velocemente, praticamente in tempo reale… Tra l’altro, abbiamo creato un sistema audio-video e un software specifico che ci permettono totale flessibilità – e questo risponde alla seconda parte della tua domanda, ovvero l’improvvisazione. Software e tutto il resto ricevono input lì sul momento, questo significa che possiamo estendere il nostro spettro sonoro così come la struttura dei nostri pezzi, e che abbiamo grande libertà nel farlo. Questo software è incredibilmente flessibile: abbiamo la possibilità di decidere tempo e vari altri parametri a nostro piacimento, a seconda di qual è la traccia che vogliamo eseguire. Fondamentalmente partiamo da strutture musicali note e consolidate, di impianto classico, ma le cambiamo sempre un po’. Visto dalla prospettiva della scena elettronica, con queste parole immagino di sembrare un musicista vero e proprio…
Quando siete sul palco, che strumentazione usate? Qual è il vostro tipico set up?
Usiamo vari strumenti, ma di sicuro il mio mezzo di espressione principale è il computer, è lì che creo suoni e sequenze ed è lui la piattaforma che uso per scambiarmi suoni con Ryuichi: lui mi manda le sequenze col suo pianoforte e io le lavoro in tempo reale. Il computer in questo caso è una specie di multi-strumento, io abitualmente apro almeno sei programmi o processi in contemporeanea, mentre nel frattempo curo anche il mix delle tracce. Ma per quanto riguarda lo show dal vivo, un nostro elemento caratterizzante è quello visuale, ecco che quindi il nostro diventa un live molto più complicato da gestire rispetto ad un live solo audio. La maggior parte del lavoro che la parte visuale implica avviene in modo non visibile. Il sistema funziona attraverso un network che mette in connessione un mixing board madre, il mio e quello di Ryuichi – le informazioni che scorrono all’interno di questo network diventano i parametri che danno vita a ciò accade durante la performance live.
Ma come descrivereste il vostro interplay? Siete entrambi artisti alle prese con un processo creativo, questo sì, ma sia artisticamente che per esperienze di vita e lavoro arrivate da background piuttosto differenti.
Molto è stato scritto su questo punto, anche Ryuichi ne parla spesso. Io di sicuro non sono un musicista di estrazione classica, che ha imparato le cose in modo canonico. Il mio background parla di ricerche di suoni, frequenze, frammenti temporali di millisecondi, ritmi, note al di fuori del sistema dodecafonico… Non può che venirne fuori un “misunderstanding espressivo”: la musica è il mezzo artistico attraverso cui mi esprimo, ma mi rendo conto che l’ho approcciato in un modo del tutto originale e non convenzionale. Da qui l’inevitabile misunderstanding di cui dicevo; ma con Ryuichi è stato davvero interessante cercare di trovare un linguaggio che ci accomunasse.
Vi siete mai ispirati a qualche particolare artista o compositore, al momento di creare il vostro materiale?
Ci siamo anche ritrovati a fare delle cover se è per questo, in un caso è stata la canzone dello stesso Ryuichi “Merry Christmas Mr. Lawrence” o recentemente abbiamo dato la nostra interpretazione di “By This River” di Brian Eno – in questo caso non è solo un ispirarsi a lui, è anche un modo per omaggiarlo caldamente e direttamente. Comunque, di base la nostra ispirazione per la parti di piano ma anche per quelle di elettronica è rivolta verso il passato. Sia io che Ryuichi siamo grandi ammiratori di Cage, Debussy e Satie.
Entrambi avete avuto svariate esperienze col pubblico italiano. Avete mai notato qualcosa di particolare nel nostro modo di approcciarsi alla vostra musica?
Il pubblico italiano è sempre fra i più calorosi, è quindi sempre un piacere venire a suonare da voi, l’affetto che ci date è veramente eccezionale. In più, sia io che Ryuichi siamo grandi fan della cultura italiana. Insomma, non vediamo l’ora di poter tornare a suonare da voi!
English Version:
“Summvs” is actually the latest release of a series of collaborations between you: summing up the first letters of each release the word “virus” is formed. Was then this long-term collaboration imagined since the very beginning as a five chapters saga?
At first it wasn’t thought, of course, to record five albums .. we realized, as we recorded UTP, that with the first letter of each album we were forming another word: virus.. and this in a certain way has defined that there would be five albums in total. After recording the fourth album, the fifth seemed very far forward in time, and indeed we are really surprised that it has already been recorded. However it was with the fourth release, UTP, that we realized that we wanted to model the word “virus” with 5 albums.
What’s fascinating in the idea of “virus”? Actually, at first sight it sounds a little bit frightening…
Virus, to us, is a very positive reminder, that was inspired by Laurie Anderson, as she always used the phrase “language is a virus.” Similarly for us, music is a virus, and in this way and placed in this context, the idea should be a little less frightening.
Should we see “Summvs” as a logical and final progression of what started way back with “Vrioon”, your first effort in 2002, or is it more suitable to view each release as a story of its own?
In a way we never tried to trace an evolution in the records, because each is very different from each other, some recordings are more sophisticated than others, some are more simple, some contain more sounds of piano, some less. We tried to use different strategies to export the music of the piano and electronics, but it was never designed to actually create a thread within the five volumes. What connects the 5 publications is to be interpreted more as a continuum rather than a progression, we wanted to reach an equilibrium level, not an exaggerated evolving. The intent was to maintain the same spirit as the first album for the other four.
When it’s about live shows, how do you usually build up your sets? Is there any room for improvisation?
Of course we build our sets, the main idea is to reproduce the sounds recorded in the studio in a live situation and part of that is very easy, while for some other stuff I need software designed to react in real time and very quickly, for example,on the notes of the piano. We have also developed an audio-video system and a software that allows full flexibility in the projects .. and that answers your second question, ie improvisation: the software and the rest is fed in real time, which means that we can extend the sound and we have great freedom in changing sounds and songs. This software is incredibly flexible, it was obviously set up based on what I play, therefore the set is not classic .. We have the opportunity to decide the time and everything that we like, based on the songs that we recorded. We basically follow known structures, classical compositions, but changing it always a bit ‘. In the electronic environment, I must sound like a real musician.
What gear do you use, while you’re on stage? What’s your typical set up?
The equipment we use are hot ware devices, but my main instrument is definitely the computer, where I create sounds and sequences, and use it as a platform to exchange sounds with Ryuichi: he sends me the sequences at the piano and I handle them in real time. The computer in this case acts as a multi-tool, I usually open at least 6 programs or processes, while at the same I mix the tracks. As for the set, what represents us the best is the visual set, much more complicated than a “normal” set. The majority of the preparation takes place behind the scenes, so not all the work is visible. The system operates through a network linking a “mother” mixing board, Ryuichi ‘s mixing board and mine, and the information flows within this network are the parameters that basically shake a live performance.
How would you describe your interplay? As artists dealing with a creative process, but even as human being – as you’re supposed to come from different backgrounds.
It has been written lots about this topic, Ryuichi has always mentioned it : I am not the classical musician trained in the conventional manner. My background is characterized by the search for sounds, frequencies, notes, speed of milliseconds, beats .. For this reason there is a misunderstanding in language, music is my personal mean by which I express myself, but I realize I approached it in an original and different way. And my approach causes a “linguistic misunderstanding,” but with Ryuichi it was very interesting to find a common language.
Have you ever borrowed inspiration from other artists and performers when you were about to compose your music?
We did some covers, one is the song by Ryuichi “Merry Christmas Mr. Lawrence” and recently we have also presented a cover of “By This River” by Brian Eno, but in this case we appeal to him not only as a reference but also to thank him warmly. However, in principle, our inspiration for the piano parts and also for the electronic music dates back to the past,both of Ryuichi and I are fans of Cage, Debussy, Satie.
You both have had several experiences with the Italian audiences. Have you ever noticed anything peculiar regarding the way we react to your music?
The Italian audience is always among the warmest, and therefore it is always a pleasure to come to play in Italy, also because we are big fans of Italian culture, and the heat that gives us the Italian audience is truly exceptional. For this reason we’re strongly looking forward to playing soon in Italy again!