Ora che anche la terza ed ultima parte di “Dependent And Happy” ha visto la luce possiamo finalmente trarre le nostre definitive conclusioni su questo meraviglioso esercizio di stile, che ancora una volta porta la firma di Ricardo Villalobos. Non che ci fosse realmente bisogno, però, delle lunghissime “Defixia” e “Koito” per avere una panoramica completa (da un punto di vista prettamente musicale) di questa raccolta; piuttosto questo stupendo Perlon bianco-viola può fornirci un ulteriore spunto di riflessione su di un album che, come lecito attendersi, ha scatenato ampi dibattiti tra gli amanti (e non) di uno dei dj più importanti del mondo. Ora che tutta la carne può essere messa al fuoco, infatti, si ha la netta sensazione che non si sia trattato di un vero e proprio percorso fluido – il tempo trascorso tra l’uscita dei primi due doppi e quella di quest’ultima parte rappresenta, in questo senso, più di un indizio – piuttosto di un Ricardo desideroso in un primo momento di “presentarsi” per poi sfruttare la bellezza e l’incisività di “Defixia” e “Kioto” per chiederci: “allora, avete capito?”.
Sì Ricardo, abbiamo capito.
In fondo adesso è chiaro più che mai cosa scorra nelle vene di questo artista, cosa accenda le sinapsi di questo immenso personaggio. Lo ha capito pure chi ha scelto di evitare la musica elettronica sin dalla nascita; lo ha capito pure chi evita qualsiasi cosa lo riguardi, fuggendo via dal club di turno ogniqualvolta il dj in consolle sta per poggiare la puntina su di un suo disco. Tutto è qui, sempre qui. E’ chiaro ma al tempo stesso inarrivabile perché Ricardo è Ricardo e “Dependent And Happy” rappresenta solo l’ennesima conferma del suo smisurato talento.
Chi volesse fare, ancora una volta, un tuffo nel suo mondo ecco pronta “Koito”. Sarà una nuotata lunga e a tratti tortuosa, ma sarà un viaggio bellissimo, come bellissima è tutta la raccolta. Per tutti gli altri niente, pazienza.