Come mai un mostro sacro come Michael Mayer – andatevi a riascoltare il numero tredici del catalogo Fabric: è suo, è un mixato impressionante – ha solo due album all’attivo? Questa è la domanda che mi faccio mentre mi accingo a recensire “Mantasy”, ultima fatica dello storico producer tedesco. Producer, dicevo. Si, ma anche e soprattutto dj e grande remixer, oltre che owner di quella che io reputo essere l’etichetta europea di musica elettronica più seria, la Kompakt. E qui c’è la risposta alla domanda iniziale. Gli album sono due perché mr. Mayer è stato, come dire, un tantino impegnato, in questi circa vent’anni di carriera.
Io ho avuto l’onore di sentirlo dal vivo soltanto una volta e posso dire che suona incredibilmente bene. Un set di due ore senza una sbavatura, sempre elegante e ritmato, pieno di flussi anni ottanta – ma di quelli buoni, degni dei migliori Depeche Mode, per capirci. E “Mantasy” è così, come quel set indimenticabile. “Mantasy” è un mix di Depeche Mode, Wighnomy Brothers, Ben Klock, Gus Gus, M83, il primo Richie Hawtin e l’ultimo Kalkbrenner, i F.U.S.E e Miss Kittin (la voce della traccia numero 8 somiglia parecchio alla sua). L’apertura è molto Brian Eno ma no, è sempre Michael Mayer. In mezzo poi c’è tutto se stesso, quello della cassa dritta che non ti annoia mai. Cassa dritta e ritmo circolare, sirene spiegate e bandiera ammainata, quella tutta paiellettes della nuova ondata discologica, quella triste di certe etichette così ridicolmente fiere della loro ripetitività (e dei loro sedicenti artisti) che pezzi come “Wrong Lap” (inarrivabile!) o “Rudi Was A Punk” (un mix fra Dionigi e J.S.Bach) ridurrebbero a gelatina senza note, senza bisogno di scomodare gli altri fenomeni della label “speicheriana”.
Dunque la techno è viva, ragazzi. Il buon Mayer forse si è reso conto che tutta la sua cultura musicale ha bisogno di attecchire su cose più importanti di un dj set o di una label, cose sempre affascinanti, ma comunque riduttive per un campione come lui. Questa è musica vera, musica che ha bisogno di cd e vinili, di mp3 e waw, anche. Questa è musica da club, da festival, da casa, macchina o supermercato, da campo da tennis e da piscina, da i pod e walkman, da stadio e da funerale. I vocals di “Neue Furche” sono uno spettacolo, “Mantasy” e “Good Times” sono pezzi da apertura, chiusura, centro e lieto fine. “Sully” è roba alla Brian Eno e/o Air. “Lamusetwa” è la pazzia. “Roses” è deliziosa, una colonna sonora senza film, un petalo spezzato e voce sublime e loop psichedelico. Senza 4/4 e senza menare. Impressionante.
Fanculo i Maya e le loro profezie. Ho deciso: sopravviverò almeno fino al prossimo disco di Mayer.