Se iniziassi a parlarvi di “Smalhans”, nuova raccolta del norvegese Lindstrøm, mettendomi a descrivere le qualità della cucina scandinava, esaltandone la bontà e la genuinità, pensereste che sono andato totalmente fuori di testa. Pensereste che farei meglio a dedicarmi ad altro, a bere e a mangiare meglio e a dormire soprattutto di più – su questo non posso davvero darvi torto. Pensereste che è meglio declinare qualsiasi invito a pranzo a casa mia. Poi però – immagino e mi auguro sia così – vi fermereste a riflettere su una cosa: il sound dei vari Lindstrøm, Prins Thomas e Todd Terje – la cosiddetta “holy trinity of norwegian disco explorers” – l’avreste mai pensato battente bandiera norvegese senza aver dato una sbirciatina ai loro passaporti? Siate sinceri. No. E allora concedetemi il beneficio del dubbio, rimangiatevi quanto di brutto avete detto e pensato sul mio conto e venite da me per un piatto di pasta. Mettiamo su “Smalhans” e ne parliamo.
Veniamo finalmente a noi, così da capirci meglio. Questo minialbum – sei tracce, per trentaquattro minuti scarsi di musica, sono un bottino veramente magro, caro Lindstrøm – vuole essere il manifesto musicale della cultura culinaria norvegese. Non ridete. Ogni traccia è stata pensata e composta per rappresentare un piatto tipico che potreste assaggiare visitando Oslo, Trondheim o Tromsø – ecco probabilmente spiegato il numero irrisorio di tracce contenute nella raccolta. Curiosi? Forse no, ma la musica del buon Lindstrøm è una garanzia da anni e allora mettiamo via l’immagine dello stufato di pecora e cavoli (“Faarikaal”), della variante norvegese dello zabaione (“Eggedosis”), dell’agnello arrosto (“Lammelaar”) o dell’improbabile insalata di carote e mele (“Raakost”) e concentriamoci su quanto realmente ci interessa.
Forte di un album appena uscito – “Six Cups Of Rebel” ha visto la luce appena pochi mesi fa – Lindstrøm sembra essersi preso semplicemente il tempo necessario per trovare l’ispirazione giusta per tirare fuori, ancora una volta, tutta la qualità a disposizione del suo talento. Trovata quella, le sei tracce di “Smalhans” sono un flusso sonoro che coerentemente fuoriesce dal “rubinetto della disco” norvegese: l’album è pulito e raffinato, vicino (ma non troppo) all’house music più schietta ma sufficientemente “consapevole” da mantenere inalterata e vergine l’identità musicale del produttore di Oslo. E’ un album da sentire, semplicemente, perché almeno una volta è giusto prestare l’orecchio a questa faccia della musica di Lindstrøm.
E allora quel’è la differenza con i lavori precendenti? Qui sembra quasi che una volta per tutte l’artista parli in modo diretto, senza mezzi termini o giri di parole. Un Lindstrøm “popolare”, insomma.