Alex Neri rientra in quella ristretta elite di dj che, in Italia, realmente contano e realmente hanno contribuito ad espandere la club culture verso territori che dieci, quindici anni fa sarebbero sembrati inarrivabili. Due le prime cose che vengono in mente: la sua capacità di far crescere il Tenax a Firenze (coi suoi dj set, ma anche con la sua capacità di scovare nuovi talenti), il suo ruolo nel progetto Planet Funk (che assieme ai Subsonica davvero ha spiegato pure all’Italia, con i soliti dieci anni di ritardo rispetto all’Inghilterra, che stilemi dance e pop di qualità non sono necessariamente in conflitto, anzi). Comunicare, insomma. Il segreto di Alex è saper comunicare, puntando sulla sostanza – i risultati suoi sono veri, tangibili – e non sul fumo.
Ecco che quindi se c’è da trovare un testimonial, lui non può che essere una prima scelta. La sua parola conta. Anche perché, tra l’altro, non è uno che te le manda a dire, chiunque l’abbia incontrato almeno una volta lo sa bene. Siamo partiti chiedendogli di parlare un po’ di questo suo coinvolgimento nel lancio della nuova Juke tagata Ministry Of Sound, con un banale “Dovessi scegliere una traccia che la rappresenta, quale citeresti?”, ottenendo una risposta che se da un lato non indica nessuna traccia, dall’altro inquadra bene la faccenda: “Difficile indicarne una, o meglio, difficile indicarne una sola. Una cosa è certa: questa macchina rispetta in pieno lo spirito del panorama underground – fresco, innovativo, giovane”. Il discorso poi si allarga su come sta gestendo musicalmente queste date in giro per l’Italia: “Non seguo uno schema predefinito in nessuno dei miei set. Non ho dischi fissi, non ho passaggi già pronti da un pezzo all’altro. Da sempre lascio andare il mio istinto, è lui a definire ciò che sento e ciò che voglio comunicare in quel preciso momento”.
Del resto, questa attitudine Neri ce l’ha pure quando si tratta di uscire dai confini lavorativi del clubbing, dall’ambito cioè dello specifico dj set in serata. Una nostra curiosità era, tanto per restare in ambito automobilistico, capire quali dischi si porta dietro di solito quando è in macchina. Soprattutto, quali si porterebbe dietro qualora dovesse affrontare un lungo viaggio – diciamo dalla sua base operativa, Firenze, a quale che è diventata la base “mentale” di molti di noi, cioè Berlino: “Quali dischi mi porterei dietro? Dipende dal viaggio che devo fare e soprattutto dal mood in cui sono. Anche qui, nessuna regola fissa. Generalmente in auto ascolto vari tipi di musica, dal funk al rock all’afro… Per un lungo viaggio, sicuramente mi porterei dietro un cd dei Radiohead. Ecco, su loro si può scommettere ad occhi chiusi”.