Len Faki è probabilmente il dj techno che apprezzo meno tra quelli che possono vantare un pedigree da primi della classe. Troppo caotico nelle sue performance, il buon Levent, per certi versi talmente sopra le righe da mettermi a disagio in alcuni passaggi dei suoi dj set. Non uno che rincorrerei in giro per l’Italia, diciamo, in fondo non sono mai stato un amante del “troppo”. Ecco, se proprio vogliamo trovare un appellativo al dj tedesco, direi che Len Faki è un artista “squilibrato”, specie se come mentro di giudizio viene scelto quello che sono solito usare per artisti di un certo spessore: come se la cava nel mettere i dischi? E in studio di registrazione?
Ecco, è questo il punto fondamentale: in Len Faki convivono, in buona sostanza, due facce antitetiche, talmente distanti tra loro da sembrare quelle di due personaggi, uno buono e uno cattivo, di una storia che ha per Batman come protagonista. Se da un lato, infatti, proprio non digerirsco il Len-performer, dall’altro non posso non ammettere di avere un debole per lui quando veste i panni del produttore. Nella sua ultradecennale carriera che lo vede scorrazzare per Berlino dall’ormai lontano 2003, infatti, Levent ha saputo costruire un percorso degno di un campione del mondo di Formula 1: Monoid e Feis, prima, Len Series e Figure, poi, sono solo alcuni degli step di una carriera che, dal punto di vista discografico, non è seconda a nessuna di quelle degli artisti che hanno contraddistinto la storia di questo genere. Ovviamente il passaggio alla “scuderia Berghain”, per restare all’interno di un gergo tanto caro a Jean Todt, è stato solo questione di tempo, a maggior ragione se ci si ricorda delle sue prime esibizioni dalle parti di Friedrichshain – all’epoca, per inciso, l’ex centrale elettrica più famosa della Germania Est si chiamava ancora Ostgut.
Da lì in poi si è trattato di un crescendo, senza strappi, ma pur sempre una somma di passi in avanti che l’hanno portato fino alla definitiva consacrazione. Ridurre il tutto a “BX 3” è ovviamente riduttivo, ma quel disco riesce ad esprimere in modo chiaro l’incisività di un personaggio che raramente ha conosciuto mezze misure. Levent, dopo una pausa di oltre tre anni dalla compilation “Berghain 03”, torna su Ostgut Ton col primo capitolo della serie “Basement Trax”, regalandoci un EP di sicurissima resa in pista. Chi avesse voglia di dare il cambio a “Death By House” può tranquillamente affidarsi a “BTX 1” (o “BTX 2”, a seconda dei gusti), l’effetto centrifuga è quello dei tempi di gloria.