Saranno i tempi bui in corso, chissà, ma il moltiplicarsi di musica elettronica che declina il nero in cinquanta sfumature e oltre, e di un pubblico trasversale e molto extra-settoriale (metallari, gotici, rumoristi, orfani della industrial anni ’80) che pareva non aspettare altro, è ormai ben più che un’impressione. E giochiamo cinque euro su questi Violetshaped – ovvero Shapednoise (fondatore della Repitch) e il misterioso Violet Poison (un nome piuttosto noto in incognito, pare) – come prossima sensazione del genere. Lanciata da una acclamata coppia di EP lo scorso anno, da quello con remix di Kangding Ray, Vatican Shadows e Roly Porter soprattutto, e confermata da un album di debutto tetro e angosciante come pochi.
Fra le sequenze carpenteriane incrostate su droni taglienti di “State Of Temporary Neuronal Eeffervescence”, che parte come se si stessero scaldando i motori, e le ventate gelide della conclusiva “Anesthesia”, titolo perfetto per il senso di estati drogata che emana, non c’è un attimo di tregua. L’andatura apparentemente più convenzionale di cose ballabili come “Delusory Parasitosis” e “The Lord Won’t Forget”, la prima sostenuta da un basso insistente e percorsa da frustate metalliche, la seconda in evoluzione continua per otto minuti, fra schegge che vanno e vengono e una molto sotterranea corrente funk, come un rave di robot arrugginiti. O un sabba, meglio. E ancora: la pressione subacquea di “Out Of Any Symmetry”, dub nel tempo e nel senso, sibilare da lavori in corso e suono a brandelli; la cassa incalzante di “CX310” e “Down Regulation” su muri di satura distorsione e rumori inquietanti; i bassi profondissimi, i tom a cascata e le arie da messa nera di “Spectral Nightdrive”.
Laddove alcuni colleghi puntano in direzione di un estremo approfondimento dub(step), i due scelgono un altrettanto estremo approccio techno, insomma, o la via verso l’isolazionismo. Con risultati in confronto ai quali l’ultimo Function sembra Bob Sinclar, o giù di lì. Otto tracce e trentanove minuti di duro impatto industriale, distorsione e macabro furore, in cui cui aleggia lontana l’influenza dichiarata delle colonne sonore horror italiane anni ’60 e ’70, sommersa da sferzate ambient-noise e ritmi brutali, loop di circuiti malati e brutalità primordiale. Bisogna averne voglia.