Ancora stavamo gustando la doppietta uscita sul finire dello scorso anno (“Ragazzini” e “Diavolo Di Un Disco”, sempre per Hell Yeah), che Federico Costantini ci sorprende con altre due dolcezze disco evolute. Due tracce che, tanto per cominciare, vanno ben aldilà del puro materiale da ballo; sia nelle intenzioni, sia nei risultati.
“Hello My Friend” parte su un beat a media velocità irregolare e parecchio glitchy, con battimani e rumorini e piatti a lavorare in lontananza. Poi arriva il resto, con ordine e sullo stesso piano melodico al confine fra malinconia e serenità: un accordo lungo e caldo di sintetizzatore, una linea di pianoforte più nitida, accordi di chitarra acustica effettata. E un crescendo di chitarra elettrica arpeggiata che si ingrossa sempre più, tanto gentile quanto potente, fino a sfiorare il post-rock più sognante, per poi scendere con calma come un tramonto balearico.
“Burundiness” non è la festa ritmica che il titolo fa immaginare, o quantomeno non lo è come ci si aspetta, perché di ritmo invece ce n’è eccome. Ce n’è nel primo minuto, fatto solo di voci – queste sì apparentemente localizzate in Africa – e tintinnare di campanelli, piattini e microsuoni. Ce n’è quando entra un beat pigro e jazzato, sostenuto da contrabbasso e sporadici accordi, mentre il tappeto sottostante si fa affollato con urla da giungla e percussioni. Ce n’è quando dai due minuti e mezzo in poi una kalimba tira le fila di tutto, e l’affare arriva a includere un mini-wobble tanto incongruo sulla carta quanto ben sistemato nei fatti. Ma non è finita: mancano ancora una specie di cantato triturato dal vocoder, e tocchi di elettrica molto liquidi e floydiani. Sul serio.
Al sesto singolo, insomma, i tempi paiono ormai decisamente maturi per sintetizzare e rilanciare con un album.