Karl Hyde non ha bisogno di molte presentazioni. Con gli Underworld (insieme al suo sodale di sempre Rick Smith) ha trasfigurato i connotati della musica “dance elettronica” degli anni ’90 aggiungendo elementi di volta in volta riconducibili alla drum’n’bass, all’acid-tecnho, alla progressive-house e all’hardcore-trance, contribuendo, grazie anche all’utilizzo in brani chiave della carriera di melodie vocali memorabili, allo sdoganamento di queste sonorità dalla nicchia degli amanti di musica elettronica. Oggi Karl Hyde si presenta senza il suo compagno storico – ma si tratta solo di una piccola pausa dagli Underworld – con l’intento di mostrare il suo lato più riflessivo/melodico. Avremo modo di ascoltarlo dal vivo durante il prossimo Sonar 2013 (Barcellona), nel frattempo ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda in anteprima assoluta.
Torni a calcare le scene musicali con un album, “Edgeland”, assai personale, ispirato dalle periferie urbane della tua città, Londra. Ci puoi parlare della genesi del progetto?
Edgeland ha preso forma da impulsi diversi, in primo luogo è stato ispirato dal mio lavoro insieme ad Eno & the Pure Scenius, con cui proponevamo improvvisazioni sonore davanti ad un pubblico ed io ero l’addetto alla melodia, da generare in un contesto assolutamente libero – così mi sono imbattuto in Leo Abrahams (lo accompagna anche in Edgeland ndr). In secondo luogo, l’ispirazione è venuta dagli stessi Underworld, se si escludono le tracce più ballabili si riscontrano anche umori riflessivi, influenzati dal dub, come fosssero panorami sintetico/chitarristici. Ho voluto combinare questi due aspetti, partire dagli Underword per realizzare un album di canzoni improvvisate, a metà strada tra l’esperienza Underworld e quella condivisa con Brian Eno.
Cosa puoi dirci di Leo Abrahams, è più che un semplice produttore e multistrumentista, che peso artistico ha avuto nella realizzazione di “Edgeland”?
Essere supportato da un chitarrista è stato molto eccitante, per me che suono la chitarra dall’età di sette anni ma che negli ultimi venti sono stato circondato da amici musicisti quasi esclusivamente elettronici o dj. Leo possiede una mentalità aperta, è umile e portato naturalmente alla sperimentazione. Se non avesse avuto tutte queste doti la nostra collaborazione sarebbe stata impossibile.
Hai voluto mostrare al tuo pubblico l’altra faccia degli “Underworld” attraverso brani più intimi. È così?
Esatto, l’album riflette proprio l’altra faccia degli Underworld, seppur si riallacciano i fili con una componente mai totalmente celata di essi. I testi, poi, sono diversi, ma non in maniera radicale, quanto basta per farvi comprendere quello che sto cantando, dove mi trovo e come mi sento. Ho voluto invitare gli ascoltatori ad una partecipazione più profonda, senza nascondermi dietro un muro di parole.
L’idea di fornire una controparte sonora a scuri ambienti suburbani, reali oppure immaginati, è stata in parte già espressa da te con gli Underworld. Questa volta però l’approccio è radicale. Come descriveresti l’album?
Per me questo album è una raccolta di cortometraggi, viaggi attraverso paesaggi interrotti, luoghi comunemente considerati desolati ma che io trovo affascinanti e stimolanti. Sono posti ai margini della città quando questa assume i contorni della campagna, luoghi estranei per architettura e popolazione. Ci sono comunità che gravitano intorno a queste aree e che considero diretti discendenti di quelle che vivevano al di fuori delle mura del castello. Con piacere mi sono confuso con essi, vivendo al loro ritmo, con la loro lingua e personale visione della vita. Ho quindi documentato il mio tempo ai margini della città.
Sappiamo che quello che si ascolta su disco corrisponde pressappoco a una presa diretta del suono, frutto di registrazioni improvvisate. Com’è stato misurarsi con questo tipo di approccio?
Ho provato una sensazione singolare, come fosse un ‘ritorno a casa’, perché un processo simile è stato applicato per il primo album degli Underworld (“Dubnobasswithmyheadman” ndr). E’ un approccio che mi piace molto e l’ho voluto rivisitare, sono rimasto piacevolmente sorpreso dal risultato.
Presenterai questo lavoro dal vivo a Barcellona al prossimo Sonar 2013. Lo stesso palco che ha accolto due anni fa gli Underworld per un concerto memorabile. Cosa ci dovremmo aspettare questa volta?
Sarò sul palco con una eccezionale band di quattro elementi: due tastieristi, un corista e un bassista/addetto all’elettronica. Poi ci sono io, con voce e chitarra. Un tastierista viene dal gruppo di Brian Eno, l’altro dal gruppo di Peter Gabriel e il bassista viene dalle terre del Galles e ama ballare. L’illuminazione è stata progettata da Bruno Poet che è il responsabile delle luci dei Sigur Rós e del Teatro dell’Opera inglese, e la messa in scena presenta sullo sfondo alcune gigantografie di miei quadri. Oltre a suonare la musica del mio album “Edgeland”, ci esibiremo in una selezione dei miei brani preferiti degli Underworld, rielaborati per adattarsi a questa nuova band. Negli spettacoli già eseguiti abbiamo visto allargarsi sorrisi enormi in platea durante l’esibizione di queste tracce, alcune delle quali non venivano proposte dal vivo da anni; una addirittura viene eseguita davanti al pubblico per la prima volta assoluta.
C’è una controparte fotografica (oppure filmica) nata da questo lavoro e che condividerai con il tuo pubblico?
Insieme al regista Kieran Evans ho girato un documentario sulle persone incontrate durante i miei viaggi per la realizzazione di questo album, gente curiosa che vive ai margini della città di Londra. Il film si chiama “The Outer Edges” ed è sonorizzato da stralci del mio album, come se il mio lavoro fosse stato fin da subito pensato come una colonna sonora. Il tutto è stato proiettato in anteprima al Sonar Festival di Tokyo in aprile e sarà incluso dell’edizione limitata di “Edgeland”. Sono molto orgoglioso di questo progetto con Kieran e abbiamo intenzione di fare altri documentari sulle persone che vivono ai margini periferici delle città del mondo.
Mi viene da dire che “Edgeland” ci presenta un Karl Hyde curioso di esplorare l’arte a 360°.
Credo che tutti gli artisti debbano confrontarsi con idee sempre nuove, superando le loro paure ed insicurezze, andando al di la di ciò che è di facile riuscita. Rilassarsi significa limitare la propria creatività, piace a tutti staccare la spina ogni tanto ma io non riesco a farlo per troppo tempo perché finisco per perdere la voglia di sperimentare.
Concedici un’ultima domanda. È naturale che sia “Edgeland” che la vostra sonorizzazione delle Olimpiadi di Londra 2012 abbiano un riflesso profondo sugli Underworld. Avete già pensato al successore di “Barking”?
Sì, e spero di tornare presto in studio!
English Version:
Karl Hyde does not need much introduction. With Underworld (along with his historical partner Rick Smith) he has transfigured the connotations of the ‘90s electronic dance music adding elements from time to time due to drum’n’bass, acid-tecnho, progressive-house and hardcore-trance, contributing, even thanks to the use in key tracks of the band of memorable vocal melodies, to widespread these sounds outside from the niche of electronic music lovers. Today Karl Hyde is involved in a new project – just a little break from Underword – with the intent to show his more reflective/melodic side. We will be able to listen to it during the next Sonar 2013 (Barcelona), in the meantime, we took the opportunity to ask him some questions in this exclusive preview.
“Edgeland” is not only a come back to the scene, it’s a very personal project, something inspired by the suburb landscapes of your city, London. Can you tell us the genesis of the work?
Edgeland began in several ways, firstly inspired by my work with Brian Eno & the Pure Scenius project – a live ensemble that performed only improvised ‘songs’ in which I had to create melodies to music I had never heard in front of an audience – it was where I met Leo Abrahams. Secondly, the music the Underworld has always had on it’s albums between the dancefloor tracks has reflected our more intimate, gentler side, influences by film music, dub, electronic soundscapes & guitar songs. I wanted to combine the two, pick up on the thread that Underworld had started & create an album of improvised songs inspired by combining Underworld with Brian Eno.
What can you tell us about Leo Abrahams, he is more than just a producer and multi-instrumentalist, what kind of contribution gave him to “Edgeland”?
I loved being back with another guitarist as I’ve played guitar since I was seven years old but for the past 20 years most of my musician friends have been programmers or dj’s. Leo is open minded, ego-less, encouraging & open to experiment. If he had not been any one of these things we couldn’t have made this album.
You wanted to propose to your public the other side of “Underworld” with more reflective songs, very close to you could we say. It’s correct?
Well, this album directly reflects that ‘other side’ of Underworld, so in a way I’m going back to a very important part of Underworld’s sound. The lyrics have changed though not hugely, just enough to let you know what I’m singing about, where I am & how I’m feeling. I wanted to invite listeners in, instead of hiding behind a wall of words.
The idea of providing to get a sound to dark suburban environments (real or imagined) was partially voiced by you with Underworld. But this time the approach is radical, there is a concept behind the whole and not only the inspiration of the moment. How would you describe the album?
This album is, to me, a collection of short films, journeys through broken landscapes, places that are traditionally considered ‘ugly’ but which I find beautiful & inspiring. They are places at the very edge of the city where it crumbles into the fields, places filled with ‘outsider’ architecture & tribes who choose to live outside of the city but don’t want to live in the countryside either. They are a tribe which I believe are direct descendants of the people who centuries ago lived outside of the castle walls. I love being around their rhythm, their language, their outlook on life & wanted to document my time on the edge of the city.
We know that what we will hear on the record corresponds roughly to your direct sound, as the result of improvised recordings put together. We imagine it was not easy to deal with this approach, right?
Strangely this was like ‘coming home’ for me as Underworld’s early recordings for the first album (Dubnobasswithmyheadman) were done this way. It’s a process I enjoyed so much that I wanted to revisit it & was thrilled at the results.
You will perform this work live at Barcellona during the next Sonar 2013. The same stage that has hosted Underworld two years ago for a memorable concert. What should we expect this time from KH?
I come with a wonderful Four piece band, Two keyboard players, one on backing vocals & a bass player/electronics generator with me on guitars & vocals. One keyboard player comes from Brian Eno’s team, the other comes from Peter Gabriel’s team, the bass player comes from the homelands of Wales & loves to dance. The lighting has been designed by Bruno Poet who is the lighting designer for Sigur Rós & the English National Opera & the staging utilizes giant prints of my paintings. As well as playing the music of my album ‘Edgeland’ we will be performing a selection of some of my favorite Underworld tracks, re-worked to suit the voice of this new band. In the show we’ve already performed the audience’s smiles grow wider when we play these tracks as some of them haven’t been heard live for years & one of them has never been performed before.
Exists a photo (or film) documentary inspired by this work and that you will share together with your audience?
Together with the film director Kieran Evans I made a full length documentary about the people I met on my journeys to create this album. Inspiring people who live on the edge of the City of London. The film is called ‘The Outer Edges’ & is scored using stripped down parts of my album in a way which makes it sound like it was always intended to be a soundtrack. This was screened at the Tokyo Sonar Festival in April 2013 & forms part of the deluxe edition of the Edgeland album. I’m very proud of this project with Kieran & we intend to make more documentaries about people who live around the edges of cities of the world.
Getting in the game with “Edgeland” tells us about Karl Hyde curious to explore the infinite possibilities of art.
I believe all artists must keep moving forward trying out new ideas, exploring their fears & insecurities & going beyond what’s comfortable to them – ‘Comfort’ is the enemy of Creativity sadly, as we all like to be comfortable, but I’ve found it to be a place I can’t hang around for long or I simply loose the will to experiment.
Give us one last question… “Edgeland” and also the sound work for London 2012 Olympic Games will surely have a reflection on Underword. Have you in mind something about the successor of “Barking”?
Yes & I hope Underworld will return to the studio soon!