Cos’è successo a Spring Attitude? Ve lo raccontiamo da due punti di vista diversi, perché le emozioni sono state tante e un festival del genere merita di essere analizzato bene, senza lasciare nulla al caso. Carlo e Maurizio ci raccontano uno dei weekend più caldi di Roma da qualche anno a questa parte.
Venerdì 10 Maggio
“Primavera” significa anche vedere le cose sotto una luce diversa. Approfittare di una stagione di rinascita e nuova luminosità per osservare le trasformazioni in atto intorno a noi e riceverne sensazioni differenti. Un mandorlo è sempre un mandorlo, la fase di fioritura non cambia la sua essenza ma ci dispone meglio ad apprezzare la sua bellezza, quello che ieri esisteva solo in potenza, dentro la natura stessa dell’albero, ora sboccia nel suo pieno stato di forma e si gonfia, fiero di sé. È questo che abbiamo osservato il 10 e 11 maggio nell’edizione di quest’anno dello Spring Attitude: la fase di piena forma di un organismo già noto e collaudato, fiorito finalmente in una dimensione da festival (identità sfoggiata con decisione fin dall’inizio) e orgoglioso di diventare uno degli eventi di punta della stagione elettronica romana, con un carattere internazionale sempre più netto.
Spazio Novecento è un ambiente bello ampio e, mentre aspettavamo che il tutto iniziasse (ok, la quarantina di minuti di ritardo in Italia è fisiologica), ci dà l’occasione di riflettere sul fatto che una doppia serata come questa è un successo già sulla carta, prima ancora che inizi. Nelle due sale previste, quella enorme al primo piano e quella più intima al piano terra, si alterneranno i nomi di una line up coraggiosa e completa, tra artisti per un pubblico più raffinato (XXYYXX, Esperanza, Slow Magic, Vondelpark, Blackbird Blackbird, Shigeto, Giraffage, Ad Bourke), dj pensati per scaldare le temperature (Tensnake, Gesaffelstein, Dusky, Andrea Esu + Fabrice) e capricci capaci di attirare il grande pubblico come John Talabot, SBTRKT e l’hype del momento Disclosure. Ce n’è per tutti, insomma, e l’intenzione è appunto dare stimoli diversificati a sufficienza per coinvolgere l’intero pubblico elettrofilo (alternativo?) nostrano. Al resto dovevano pensare i vari personaggi con le loro performance sul campo, e così è stato: l’assenza di SBTRKT (annunciata nel pomeriggio per gravi problemi di salute di un familiare stretto) è sicuramente un colpo d’amarezza per i ragazzi lì presenti, eppure l’offerta è stata ricca abbastanza da contenere il rimpianto per il teorico headliner del venerdì.
Già alcuni degli act visti venerdì rischiavano da soli di valere il prezzo del biglietto. Come quello scatenato di XXYYXX che ha aperto la serata, un’ora di dj-set estremamente variegato e ricercato, tra beatz, sound Tri Angle, future garage, armonie melodiche e schegge trap. O un Blackbird Blackbird che ha stupito tutti (forse perché nessuno si aspettava un livello tanto alto) con una selezione spaventosamente eclettica (si andava da Bernard Herrmann ai New Order a Dizzee Rascal) e un euforia alla consolle in grado di trasformare ogni traccia nota in uno spettacolo pirotecnico di breaks e loop. O ancora le conferme sulla pista di un grande come Tensnake, che con la sua tech-house pompata ha letteralmente infiammato la pista (immaginate un migliaio di ragazzi con le mani al cielo ad incitare il loro idolo del momento). Son queste forse le sorprese della serata, non perché esistessero dubbi riguardo al talento dei protagonisti ma per la perfetta sintonia che ognuno di loro ha allacciato col proprio pubblico di riferimento, che sia la massa di teenagers o la cerchia più raccolta di intellettuali hipster.
Il resto della prima sera è fondamentalmente una collezione di ottime performance. John Talabot propone il suo live collaudato con Pional al suo fianco e rende in maniera fedele le arie del suo album, senza concedere nessun colpo di scena ma soddisfacendo nella maniera più semplice e sicura un pubblico che da lui voleva solo questo. Slow Magic (che sostituisce SBTRKT in line up esibendosi nella sala grande) travolge la platea, aggiungendo alle sue consuete sonorità downtempo massicce dosi di ritmiche tambureggianti suonate live su una grancassa (che ha un tratto ha anche trascinato in mezzo al pubblico scendendo dal palco). E i Dusky, arrivati alla fine, son quelli che si fan carico del lavoro sporco, entrando in scena dopo l’euforia per Tensnake e conducendo gli spettatori al termine della serata, con un set squadrato e ben rifinito durato fino alle cinque del mattino, mentre man mano la folla si andava smaltendo. Poi si esce, soddisfatti e senza grossi rimpianti, alzando gli occhi al cielo e contenti di vedere un cielo limpido e uniforme al posto della pioggerella della sera prima. L’ennesimo, splendido segnale di primavera.
A cura di Carlo Affatigato
Sabato 11 Maggio
Con le gambe un pochino pesanti, considerata la giornata precedente terminata praticamente all’alba, ma con ancora tanta voglia di ascoltare buona musica e, perché no, di scatenarci in pista da ballo, arriviamo l’indomani in tempo per goderci il dj set di Andrea Esu & Fabrice (i due fratelli padroni di casa “L-ektrica”), che hanno il compito di aprire la serata scaldando gli animi di coloro che arrivavano a popolare per primi la grande sala centrale. Prova diremmo superata più che bene, l’esperienza paga, e le sonorità che propone questo dinamico duo (a base di tech-house appena speziata di funkie) svolge perfettamente il proprio dovere e ci traghetta verso il live di Ad Bourke, giovane produttore italiano che è già un fuoriclasse e che ci travolge con i suoi suoni funk-elettronici che rimbombano nello spazio al pianterreno da lui ospitato. In questa serata l’imperativo è muoversi dalla sala grande del primo piano a quella del piano terra e viceversa, ma è bello notare come questo riesca senza troppe difficoltà, segno che la logistica è stata studiata molto bene.
Con nelle orecchie ancora i battiti sintetici di Bourke, torniamo in pista grande. Ad attenderci non ci sono piatti e mixer ma una serie di live che in un primo momento potrebbero spiazzare, eppure poi finiscono per colorare la serata con atmosfere calde ed avvolgenti, fatte di batteria-basso-chitarre ed effetti più o meno marcati: gli inglesi Vondelpark (il nome omaggia il noto parco nel centro di Amsterdam) quietano gli animi con suoni dreamy e certo fare shoegaze prima della tempesta degli italiani Esperanza, autentico combo delle meraviglie che propone frullati muscolosi di techno suonata con strumenti veri, synth pop, post punk e chi più ne ha più ne metta. Il risultato è di una forza e di una compattezza invidiabile, probabilmente questa dimensione dal vivo li esalta e tutta la platea è con loro.
Le luci si riaccendono ed il pubblico comincia a compattarsi, a cercare la prima fila, molti ancora si aggiungono a quelli già numerosi in sala fino a riempire totalmente lo spazio a disposizione. È questo l’effetto Disclosure: i due fratelli inglesi – giovanissimi e dalla faccia stra-pulita – entrano quasi di soppiatto e danno forma ad un dj set fenomenale, 100% garage reinterpretato alla luce dei giorni nostri, dimostrando che oltre l’hype che li coinvolge ce n’è eccome di sostanza e anche di conoscenza musicale (non è da tutti selezionare tra una “You & Me” e “Latch” l’inno Renegade Master di Wildchild). Due ore che passano come niente, poi è già il momento degli ultimi due atti, il francese Gesaffelstein che ha martellato techno quadrata come se non ci fosse un domani e l’italiano Uabos che ha regalato un set più vario – una tech-house fisica ed ipnotica – rappresentando il degno “fade out” per una serata assolutamente da ricordare.
Conclusioni? Lo Spring Attitude comincia ad essere un Festival con la “F” maiuscola, con nomi in cartellone tali da dimostrare a chiare lettere attenzione verso la musica – non solo elettronica – che vale la pena ascoltare qui e ora! Proporre qualità dovrebbe essere nelle corde di ogni festival di questo genere ma sappiamo bene come spesso la professionalità viene trascurata in nome di eventi dal facile riscontro economico e nulla più. Auguriamo allo Spring Attitude lunga vita e di proseguire su questa strada impervia – ma gratificante – e di conquistare la visibilità (soprattutto) internazionale che merita.
A cura di Maurizio Narciso