“Must” di Pablo Bolivar è la dimostrazione d’amore dell’artista per il dub e la deep, un amore iniziato qualche anno fa quando lo spagnolo guadagnò il massimo rispetto di critica e mercato con i concetti essenziali di dub-techno contenuti in “Anjanas”, disco stampato su Regular.
Giovane (classe 1981) con una carriera alle spalle a scrivere deep ad ampio raggio nata dalla miscela di sonorità dub, ambient e tech-house, Pablo Bolivar è uno dei fondatori dell’etichetta Avantroots – con sede a Barcellona – che oggi rappresenta una piattaforma importante per chi approda nel campo della lussuosa EDM profonda. Di fatto Avantroots porta avanti un concetto che racchiude avanguardia e tradizione con l’unico vincolo rappresentato dalla qualità e dall’emotività dei proprio prodotti.
Queste rappresentano le basi teoriche del terzo album da solista di Bolivar, praticamente una gamma completa di stati d’animo, che vanno dalla riflessiva deep house di “Eleven Years” alla più vivace e disinvolta struttura di “Don’t Hold”, sempre rimanendo “giù” di bpm. La open-track è complessa e volutamente cristallizzata con un synth che richiama la disco anni ’80 e schizzi di diversificazioni elettroniche mai banali. La tregua forzata a metà del disco con “Off Soft” (feat Fabel), dove tuoni di basso incontrano richiami jazz, dimostra il raggiungimento di una certa maturità artistica, toccando i temi più disparati e malinconici della musica elettronica. L’utilizzo in diverse tracce di registrazioni ambientali, quali il vociare di gente e versi di animali (difficili da identificare), crea atmosfere rilassanti e coinvolgenti anche per il semplice ascolto “da salotto”. Dito puntato, infine, sulla bassline di “Midnight Frogs” dal percorso lineare che garantisce una dolce monotonia, interrotta a tratti da esplosioni di tom, crash e qualche suono melodico/armonico.
Bolivar è un produttore “silenzioso” che compone ancora una volta unendo sentimento e divertimento – un approccio alla musica sempre meno in voga visto che, oggi come oggi, è in costante crescita il numero di chi crede sia più importante la fruizione piuttosto che la funzione stessa della musica. “Must”, invece, è quella cosa chiamata house music a servizio dell’anima. Il consiglio è quello di piantare il subwoofer a terra e lasciarsi vibrare senza troppe storie.