Recentemente mi è capitato di leggere l’editoriale del collega Carlo Affatigato, persona competentissima di cui rispetto profondamente l’opinione, che trattava i fischi ricevuti dal coreano Psy prima della finale di Coppa Italia e il susseguente annullamento di tutto il tour promozionale nel nostro Paese (anche se pare che Psy abbia partecipato ad alcuni programmi). Il riferimento all’ignoranza nostrana ed alle motivazioni accessorie per le quali tutto questo non gli è piaciuto mi hanno fatto riflettere molto.
Prima che questo articolo prendesse vita sulle nostre pagine, sulla bacheca di Facebook del buon Carlo, mi ero confrontato (oltre che con lui) con persone la cui massima apertura al dialogo era dare delle bestie ai tifosi di calcio (addirittura tirando sospetti di razzismo) e dando all’italiano medio del “pecorone” perché non ha rispettato l’esibizione di un artista, bravo o meno che sia. Ora, dopo aver avuto io stesso una reazione un po’ “di pancia” in quel contesto, quando ho letto l’editoriale ho preferito contare 4-500 volte fino a 10 per evitare di schiantarmi nuovamente contro muraglie di stereotipi e frasi di circostanza. A mente fredda poi, ho deciso di buttare giù queste righe per portare agli atti quella che è probabilmente l’altra faccia della medaglia, quella magari anche un po’ più scomoda, ma pur sempre un’opinione che credo sia parecchio diffusa fra chi leggerà tutto questo.
Lo scenario era il seguente: una competizione snobbata dai più come la Coppa Italia, con biglietti a 5 euro per tutto l’anno e pubblico ben al di sotto delle medie, si ritrova ad essere teatro della “sfida finale” fra le due principali rappresentanti della città che la ospita: Roma e Lazio. Sfruttando la psicosi cittadina, la Lega Calcio arriva a proporre prezzi che neanche in una finale di Champions League, con la conseguenza di ritrovarsi le tribune non proprio stracolme (anche in un’occasione così importante per i tifosi) e un alone di malumore già abbastanza serpeggiante tra i presenti.
Altro fattore è quello dello spettacolo: da anni in Italia si cerca in tutti i modi e in tutti gli sport di importare il modello tipicamente americano dello show nello show. Quindi cheerleader, popcorn e spettacolo dell’intervallo, che funzioneranno anche al SuperBowl dove si paga anche 5000 dollari un biglietto, ma che secondo me poco si sposano con la cultura sportiva nostrana. Credo che in molti aspetti la cultura americana avrebbe molto da imparare piuttosto che da insegnare sotto questi termini. Partendo dai due presupposti di cui sopra, era logico aspettarsi un’accoglienza simile da parte dello Stadio Olimpico una volta arrivato Psy sul campo. Erano giorni che girava questa voce e non mi sono meravigliato affatto che sia effettivamente accaduto. Non è plausibile che qualcuno possa considerare un’esibizione musicale di qualsivoglia genere, un agente esterno a ciò per cui ha pagato (e anche tanto) e decida di esporre pubblicamente il proprio dissenso in maniera (per altro) assolutamente innocua? Perché diciamocelo, i fischi son pur sempre meglio dei pomodori o dei sassi e sono qualcosa che una platea non propriamente di bestie, come quella del teatro, ha annoverato per anni anche nei palcoscenici più prestigiosi. E’ giusto, anzi oserei dire legittimo, che chi paga il biglietto ED E’ COMPETENTE DI CIO’ CHE STA ANDANDO A SEGUIRE (lo metto maiuscolo perché è la prima condizione necessaria) abbia il diritto di manifestare il proprio dissenso se ciò che gli viene proposto non coincide con le aspettative. Soprattutto se ciò a cui è rivolto il dissenso è qualcosa di estraneo all’ambiente di cui fa parte. Se facessero suonare Psy alla Royal Albert Hall nell’intermezzo del Lago dei Cigni non credete che sarebbe più che lecito aggrottare la fronte e considerarlo fuori luogo? Una volta tanto mi sembra inopportuno prendersela col pubblico italiano, dicendo che siamo menefreghisti e boriosi. Se le persone che hanno curato il tour promozionale del coreano avessero avuto maggiore oculatezza nel capire che la sua presenza durante una partita di calcio sarebbe stata compatibile quanto il ketchup su un piatto di pasta, tutto questo si sarebbe potuto evitare. Psy avrebbe concluso la sua visita passando per salotti maggiormente consoni al suo personaggio e magari avrebbe portato anche un bel ricordo del nostro Paese. Oltretutto la dimostrazione del fatto che il popolo nostrano non è per niente snob nei suoi confronti sono le decine di migliaia di persone che si riversarono qualche mese fa in Piazza del Popolo, proprio a Roma, per un flashmob proprio sulle note di Gangnam Style. Ricordo bene la reazione avuta dalla maggior parte dei nostri lettori in quel contesto, ma essendo comunque un qualcosa di creato ad hoc e circoscritto, in fin dei conti stette bene a tutti. Se avessero proposto la stessa cosa in uno stadio tu, francamente, due fischi non li avresti fatti?
Ma su un altro aspetto mi sembra soprattutto doveroso fare una precisazione, cioè l’indignarsi nei confronti di un Guetta o di una Maria De Filippi rispetto ad uno Psy ed attaccare l’italiano che vuole sempre essere contro il commerciale. A questo punto urge comprendere cose è considerabile come commerciale e cosa no. Io credo che, oltre a trattarsi (come detto) di un contesto errato e quindi di non esserci nessuna premeditazione o pre-concetto musicale da parte di chi ha contestato, si debba decidere da che parte stare senza voler, ad ogni occasione buona, mettere in discussione a prescindere l’indole italica. Se, come sostenuto, i fischi fossero indicati alla qualità della musica di Psy, gli italiani ne uscirebbero come snob che non considerano una gran perdita l’annullamento del tour di un personaggio visto come una moda passeggera. Se avessero fischiato David Guetta la penseresti diversamente perché ha rovinato il mercato. Eh no caro Carlo, bisogna prendere una parte netta perché così non vale, non si può attaccare basandosi su ciò che riteniamo più o meno criticabile da un punto di vista personale. Penso che lo stesso fastidio provato da un DJ underground nei confronti delle tecniche mediatiche di David Guetta o quello provato da un complesso con la C maiuscola come gli Elio ad essere battuti a San Remo dall’ennesimo pupillo della De Filippi, possa provarlo anche, per dire, un Frankie Hi-NRG di fronte ad un rapper coreano famoso nel suo paese ma salito alla ribalta mondiale con un pezzo fortunato ed orecchiabile.
I fischi vanno indirizzati correttamente e nelle situazioni che lo richiedono, e sono la manifestazione di dissenso non violento più incisiva che un pubblico possa proporre oggi come oggi. Non credo che tutti abbiano a disposizione una tribuna come la nostra rivista dove scrivere i propri pensieri, come allo stesso tempo trovo sgradevole assistere a spettacoli come quello di qualche settimana fa all’Atlantico di Roma nei confronti di Jeff Mills. Fischiare in questo caso l’ho trovata una giusta via di mezzo per far capire a Psy che non era nel posto giusto e se l’Italia perderà un artista come lui per dei fischi in uno stadio, forse chi dovrebbe farsi un esame di coscienza non siamo noi.