Ufficialmente, parliamo di un EP pensato come appendice a “Faint Hearted”, album di debutto in solitaria di Miles Whittaker per una Modern Love ormai in stato di grazia perenne. Di fatto, abbiamo di fronte un’altra mezz’ora di musica avventurosa e potente firmata da uno dei due Demdike Stare, nome di spicco di tutto quel “black bloc” che sta mettendo a soqquadro le intersezioni fra techno, ambient, industriale e dubstep con materiale scuro e sperimentale. Da lì, dal magma rumoroso con scorie cosmiche dell’esordio di cui sopra, prendono le mosse le quattro lunghe tracce di “Unsecured”. Per spostare il fuoco sul lato ritmico della faccenda, a tratti persino sul dancefloor, a modo loro.
Ora, se avete una cognizione anche minima dei nomi tirati in ballo fino a qui, avrete capito che è necessaria un po’ di immaginazione: chi scrive ballerebbe più che volentieri “Infinite Jest”, ad esempio. Una potenza, con lame di rumore metallico e distorsione a sommergere un beat techno essenziale, e a farsi ritmo esse stesse fra sbuffi di fumo e minime sequenze di basso, funk alienante e tensione alta. Ma quanti dj là fuori la suonerebbero, Berghain escluso? Ed è oltretutto la punta accessibile di un iceberg che resta ostico, pur lanciando appigli verso l’esterno. Strutture in quattro quarti le si rinvengono anche in “Plutocracy”, dopo due minuti e oltre di tetre architetture di synth e rumori; cassa ancora sotto e rullate continue di un rullante quasi senza corpo, treno a vapore che arranca in salita mentre manca l’aria. In “Technocracy” è invece un breakbeat di marca detroitiana con squarci noise a dare corpo a un fluttuare di bolle dub, mentre l’iniziale “Blatant Statement” sigla il momento più luminoso e positivo del disco, con melodie serene che filtrano in mezzo a rimbombi da catena di montaggio, con arpeggi acidi di contorno.