Si sa, è da un pò di tempo che si parla di old school e di scuola di Chicago come un ritorno etichettabile ad indice di qualità. Se poi l’artista in questione viene da Berlino, le aree geografiche “che contano” sono presenti tutte: il biglietto da visita è bello che pronto. Artisti con questi presupposti ce ne sono sempre di più in giro, alla fine ciò che conta è come appari e non chi sei e cosa fai, quindi cosa voler di più?! Tuttavia, la musica è qualcosa che difficilmente è etichettabile. E’ difficile pensare che noto l’artista e la sua origine, si possa dire con certezza che la musica che fa ci piaccia a priori… la si deve ascoltare, la si deve vivere, a prescindere da tutto, specialmente da dove vieni. Amir Alexander, artista che di diritto rientra nella casistica di cui sopra, è conosciuto ai più per le sonorità che tendono più agli anni ’90 che a quelli attuali, che mixano casse secche, giri tipici della Chicago di un tempo, in cui però non mancano melodie che strizzano l’occhio alla deep-house più moderna. Ciò che piace della sua musica è la ricercatezza spensierata che l’artista mette in ogni suo pezzo, suonato rigorosamente su vinile. Cresciuto tra le mura dei negozi di dischi, che ben presto sono diventate una vera scuola di vita, ed in un ambiente domestico fatto di musica a 360°, si innamora del vinile e della console che diventano una naturale estensione dei luoghi della giovinezza. Persone nuove, volti nuovi lo spingono ad entrare con sempre più energia in questo mondo notturno fatto di volumi alti e corpi che si muovono. 20 anni dopo dal suo inizio, con un’etichetta alle spalle (la Vanguard ndr), Amir continua ancora seguendo la strada tracciata da ragazzo, fatta di dischi, persone e serate in cui, a detta dell’artista, la celebrità non è così indispensabile anzi perché volerla?
Come è iniziata la passione per la musica ed in particolare con l’elettronica e quando hai capito che fare il dj/produttore sarebbe stato il tuo futuro?
Sono nato con la passione per la musica, da quello che i miei parenti mi hanno detto. Mia madre era una solista del coro durante il periodo della sua giovinezza e mio padre era una audiofilo che amava collezionare dischi, quindi ascoltavo buona musica già nel grembo materno. Ho capito che fare il dj sarebbe stato il mio futuro la prima volta che ho ascoltato un disco house e techno suonato in un club. (era il 1991/1992).
Cos’è la cosa che ti soddisfa di più del tuo lavoro?
Le incredibilmente stimolanti persone underground che incontro. Le persone che stanno percorrendo questo discorso e che vivono direttamente questa musica che noi tutti amiamo. Il collegamento con loro è fondamentale. Anche viaggiare è un bel vantaggio, ma la soddisfazione più grande viene dal contatto con le persone, occhi negli occhi. Io sono solo una persona non una celebrità, quindi è bene avere un buon pasto, alcuni cocktails e della buona musica per facilitare la nascita di vere amicizie.
Cosa rappresenta per te la musica?
E’ cibo per l’anima. Un’incredibile, potente, misteriosa, immateriale ed emotiva forza che ha il potere di far muovere le persone profondamente. Per me, la musica è tutto. La musica è vita.
Sei dj dal ’93, quindi hai praticamente vissuto direttamente sulla tua pelle l’evoluzione musicale degli ultimi 20 anni. C’è un evento che merita di esser ricordato secondo te, magari legato ai generi musicali nati?
Nella mia crescita personale direi subito che gli eventi fondamentali per me sono stati tutti facilitati dai negozi di dischi. Che si trattasse di scavare per cercare una delle classiche gemme dormienti che tutt’ora suono dopo 20 anni, trovavo in mezzo sempre qualche flyer di qualche festa che finiva per essere molto influente nel mio sviluppo iniziale poiché mi permetteva di scoprire quello che era il mondo reale dei club e le capacità che servivano, o semplicemente, mi permetteva di incontrare persone nuove che avrebbero continuato a essere stretti amici di lunga data. La serie di eventi che hanno determinato un cambiamento epocale, quindi, è stata la chiusura sistematica della maggior parte dei negozi di dischi intesi come “malta e mattoni”. I club ed i negozi di dischi erano gli unici modi attraverso i quali era possibile accedere a questi generi musicali in quel momento. Più per il grande marketing e meno per i nerd discografici che lo facevano per amore. Prima le grandi catene hanno preso soldi dai piccoli negozi, quindi gli mp3 e la pirateria hanno cambiato le regole del gioco per tutti.
Ad oggi, sonorità old school, etichette indipendenti ed underground sono diventati acronimo di una musica di nicchia e di qualità che negli ultimi tempi sta avendo sempre maggior successo. Assieme a Chris Mitchell gestisci l’etichetta Vanguard Sound, che fa di questi suoni il suo pilastro principale. Secondo te, a cosa dobbiamo questa impennata di successo di queste sonorità?
Chris ed io ci divertiamo molto ad utilizzare un certo sound palatte nei nostri lavori su Vanguard Sound. Il divertimento è di ricontestualizzare questi suoni e di impiegarli in modi diversi. Non ci interessa fare musica che suona come il 1993, ma non ci dispiace fare qualcosa che sia tipo anni ’90 che allo stesso tempo promuove il vero spirito rinnegato che si trova all’interno delle opere dei pionieri. Non credo che necessariamente ci sia un segreto per il successo di quei suoni. Il successo deriva dal duro lavoro e allo stesso tempo educare se stessi al fine di produrre, si spera, qualcosa di fresco e nuovo, a mio modesto parere.
Da sempre ti abbiamo visto dietro le consolle utilizzando unicamente il vinile come supporto per suonare: cosa ne pensi della diatriba che negli ultimi anni è nata tra i sostenitori del pc ed i fedelissimi del vinile? Cosa pensi possa dare in più il vinile rispetto al supporto digitale e come mai usi il vinile?
Penso che il dibattito continuerà ancora per molto tempo. La polemica è una manifestazione del comportamento umano, le persone sono persone e la musica evoca grande passione all’interno della nostra specie. Sono solito a scegliere da che parte stare solo quando a parlare è la mia esperienza di vita che diventa il selettore, in base a quello che stanno suonando e come lo stanno suonando. Il tempo e il luogo, ed il rapporto con il clubbers. Se mi fa ballare, sto bene. La cosa che darebbe al vinile più supporto si avrebbe se più persone valutassero il vinile come cultura del disc jockey, acquistassero i dischi per sostenerlo e suonassero più dischi nel loro set. Nessuna scienza missilistica. Le persone sono libere di scegliere. Alcuni vogliono risultati veloci per mantenere l’interesse, altri cercano la sfida e la soddisfazione che viene dal raggiungimento di qualcosa di molto difficile… e poi ci sono tutti i diversi punti tra questi due poli. Uso vinile perché sono un Disc Jockey, che altro dovrei usare? Giradischi e dischi sono quello che uso per praticare la mia forma d’arte. Sto cercando di essere ricordato nella storia come uno dei grandi allievi di questa particolare disciplina, quindi starò sul Black Crack (vinile). I dischi sono il mio genere.
Hai suonato in tutto il mondo, partecipando a numerosissimi eventi nei club più famosi e nei festival più grandi. Cosa prediligi maggiormente tra i due eventi (tra quelli all’aperto e quelli al chiuso)? Come mai?
Gli eventi all’interno sono probabilmente la mia preferenza da una prospettiva puramente da non-dj perché a me in realtà piace ballare. Ogni volta che posso lo faccio, quindi ballare sul terreno fradicio non mi piace granché come cosa… detto questo, devo ammettere che ci sono cose che mi piacciono di entrambi. I club per le vibrazioni concentrate e molto specifiche, che possono essere ricreate, visto che la consolle del dj non è stata costruita quel giorno. Le feste all’aperto sono belle perché sono all’aperto. Il clima è generalmente piacevole, e c’è un pò più di una semplice atmosfera rilassata. La gente prende il tempo di rallentare e godere delle piccole cose, come per applaudire il sole quando esce da dietro le nuvole.
Il 16 giugno hai partecipato al Secretsundaze Off Sonar, party a cui non servono presentazioni: la line-up è stata di tutto rispetto e risulta evidente come le sonorità scelte erano orientate a quelle house di Chicago ed old-school. Ti sei esibito affianco ad artisti del calibro di Chez Damier e Delano Smith per non citarne altri. Vuoi raccontarci qualche tuo parare riguardo al party? Come ti prepari ad eventi di tali dimensioni?
Mi sento sempre molto privilegiato di rappresentare “The Secret Agency” accanto alla mia leggendaria compagnia fatta di Chez e Delano, così come tutti gli altri artisti che hanno suonato alla festa. Non prendo mai questa fortuna per scontata, quindi per me è sempre un onore. Solitamente mi preparo ad un festival di queste dimensioni cercando di recuperare un pò di sonno dormendo molto la notte prima. Assicurarsi di fare una buona colazione, ed avere pronti alcuni petardi e melodie eclettiche per la festa: musica disco e così via. Cerco di tenere a mente che si tratta di una festa e di suonare come sempre per l’ambiente. Sembra che la gente voglia più energia quando sono all’aperto, così posso sempre testare questa mia teoria. Mi preparo anche cercando di calibrare le mie frequenze alla situazione, che aiuta sempre un pò.
English Version:
You know, it is a bit ‘of time that we talk about “Old School” and the “Chicago sound” as quality index. And if the artist in question is from Berlin, all geographic areas that count are present: the business card is ready. Artists with these assumptions there are more and more around… in the end, what matters is how you look and not who you are and what you do…so what you want more?! However, music is something that is difficult to label. It ‘hard to believe that if you only know the name of the artist and his origin, you can say with certainty the music that he does is good… you must listen it, you must live it, no matter what. Amir Alexander, an artist who is part of the category mentioned above, it is known to most people for the sounds that tend more to the ’90s than the current ones, that mix dry kick, in which, however, does not missing more modern deep-house melodies. His music likes for his carefree sophistication that the artist puts into every track, played strictly on vinyl. Growing up within the walls of record stores, which soon are became a real school of life, and in a domestic environment of music at 360°, he falls in love of vinyl and of console that become a natural extension of the places of his youth. New people, new faces pushing him to enter with more and more energy in this nocturnal world made of high volumes and moving bodies. 20 years later from his beginning, with a label behind (the Vanguard), Amir continues following the path traced as a boy, made of records, people and parties where, according to the artist, celebrity is not so essential, why want it?
How did your passion for music start and in particular with electronic music? When did you realize that being a dj/producer would be your future?
I was born with a passion for music apparently from what my relatives have told me. My Mother was a choir soloist in her youth and my father was a record collecting audiophile, so I was listening to good music in the womb.I realized being a dj would be in my future the first time I heard house and techno being played in a club. (1991/1992).
What satisfies you most about your job?
The amazingly inspiring true underground heads I meet. People who are walking the talk and truly living this music we all love. Connecting with them is paramount. The travel is also a really nice fringe benefit, but the satisfaction comes from truly connecting with people, eye to eye. I am just a person not a celebrity, so it’s good to have a nice meal, some cocktails, and a good dance to facilitate the birth of true friendships.
What is the music for you?
Food for the soul. An incredibly powerful, mysteriously intangible emotive force that has the power to move people deeply. To me, the music is everything. Music is life.
You have been a dj since ’93, so you’ve been in the thick of the musical evolution over the past 20 years. Is there an event that deserves to be remembered in your opinion, perhaps linked to the musical genres born throughout this time?
In my personal evolution I would have to say that the crucial “events” for me, were all facilitated by record stores. Whether it was me digging for one of the classic sleeper gems I still play 20 years later, finding a flyer to a party that was to be highly influential in my early development as far a showing me the real world application(s) of the skills I was learning, or meeting people who would go on to be close life long friends. The series of events that brought about a sea change was the systematic closing(s) of the majority of brick and mortar records stores. The clubs and the record stores were the only way we could even access those musical genres at that time. More big money marketing and less record nerds doing it for the love. First the big chains took money from the small shops, then mp3’s and pirating changed the whole game for everybody.
To date, sounds old-school, independent labels and underground music are become an acronym for quality music that in recent times is having increasing success. You manage with Chris Mitchell the Vanguard Sound label, which makes of these sounds its main pillar. According to you, what is the secrets of success of these sounds?
Chris and I enjoy utilizing a certain sound palatte in or work on Vanguard Sound. The fun is in re-contextualizing these sounds and employing them in different ways. We don’t care to make music that sounds like 1993, but we don’t mind making something that feels like the 90’s while at the same time advancing the true renegade spirit found within the works of the pioneers. I don’t necessarily feel there is a secret to success of those sounds. The success comes from hard work and constantly educating oneself in order to hopefully produce something fresh and new, in my humble opinion.
We always see you behind the console using only the vinyl as a support for play. What do you think of the controversy that arose in recent years between supporters of the pc and the loyalists of vinyl? What do you think would give the vinyl more than the digital support? Why do you use the vinyl?
I think that the debate will continue for a very long time. The controversy is a manifestation of human behavior, people are people and music evokes great passion within our species. I used to choose sides until my life experience showed me that it really comes down to the selector, what they’re playing and how they’re playing it. The time and place, and the connection with the dancers on the floor. If it makes me dance, I’m good. The thing that would give vinyl more support would be if more people valued vinyl disk jockey culture, bought records to support it, and played more records in their sets. No rocket science to that one. People are free to choose. Some want fast results to keep interested, and some like a challenge and or the satisfaction that comes from achieving something very difficult and then you have all the different points in between those 2 poles. I use vinyl because I am a Disk Jockey, what else would I use? Turntables and records are what I use to practice my art form. I am seeking to be recorded in history as one of the great students of this particular discipline, so I must and will toil on with the black crack. Records are my thing.
You’ve played all over the world, participating in numerous events in the most famous clubs and in the biggest festivals. What do you most like best between the two events (outdoor and indoor ones)? How come?
The indoor events are probably my preference from a purely non dj perspective because I actually like to dance. Every chance I get, so dancing in soggy soil is not my ultimate fave but with that said, I would have to admit that there are things I enjoy about both. Clubs for the concentrated and very specific vibes that can be created, as well as a dj booth that was not built that day. Outdoor parties are nice because they’re outdoors. The weather is usually nice, and there is a bit more of a relaxed atmosphere. People take time to slow down and enjoy the little things, like clapping for the sun when it comes out from behind the clouds.
16th of June you have participated to Secretsundaze Off Sonar: the line-up was very respectable and it was evident that the sound was oriented to the sounds of Chicago house and old-school. You have played next to artists such as Chez Damier and Delano Smith only to name someone. Would you tell us some of your parry about the festival? How do you prepare a festival of this size?
I am feeling quite privileged to be able to represent The Secret Agency alongside my legendary roster mates Chez and Delano, as well as all the other esteemed artists playing the party. I never take my good fortune for granted, so it is an honor. I prepare for a festival of this size by trying to get a little sleep the night before. Make sure I get a good breakfast, and pack some bangers and eclectic party tunes. Disco and such. I try to keep in mind that it’s a party and play as always to the environment. It seems to be that people want a bit more energy when they’re outdoors so I may be testing that theory. I also prepare by trying to calibrate my frequencies to the situation. That helps quite a bit.
Amir inoltre suonerà @ Oval Space, al Londra, per il party Secretsundaze il 30 Giugno prossimo.