E’ passato un bel po’ di tempo da quando per la prima volta abbiamo cercato di chiudere quest’intervista con Maya Jane Coles (l’unità di misura sono gli anni), ma il caso ha voluto che proprio poco dopo il nostro primo tentativo esplodesse il fenomeno “Jane Coles” e che quindi la ragazza sparisse nel nulla. Nel tempo ovviamente non abbiamo perso occasione per commentare le produzioni dell’artista come l’EP “Easier To Hide”, il suo Dj Kicks e ovviamente “Comfort”, il suo album di debutto uscito circa due mesi fa e pubblicato sulla I/AM/ME, etichetta figlia della stessa Coles. Ormai le presentazioni non sono più necessarie, l’artista anglo-giapponese nel giro di qualche anno ha scalato le vette dei più importanti eventi internazionali facendo passi da gigante. La sua musica è spesso molto discussa, tant’è che leggendo le diverse reviews scritte dalle varie penne Soundwall noterete spesso pareri discordanti. Abbiamo cercato di capire meglio questo personaggio, di toccare 2-3 punti della sua crescita e di analizzare assieme alcuni aspetti di “Comfort”. Fra risposte e mezze-risposte abbiamo inquadrato meglio l’artista, ma non mancheremo di approfondire la questione in futuro.
Andiamo un po’ indietro nel tempo: torniamo al periodo della tua passione per l’hip-hop. Parlaci degli inizi di questo tuo amore e di come è stato scendere poi nel dancefloor passando ai 160-180 pbm.
Le mie prime grandi passioni musicali furono l’hip-hop degli anni ’90 e l’r&b. La qualità delle produzioni era ottima e c’erano molti artisti effettivamente innovativi che mi hanno fortemente influenzato. Il mio interesse in quei generi penso sia decaduto un po’ con l’avvento del nuovo secolo in quanto la musica da lì è cambiata molto. Allo stesso tempo non potrei dire che i miei gusti musicali siano cambiati perché continuo ad amare tutto quello che ho ascoltato crescendo. Con il passare degli anni sono diventata sempre più interessata a differenti generi e stili musicali e di conseguenza il mio gusto musicale si è arricchito.
Ho letto una tua intervista in cui dici che ad un certo punto hai iniziato a sentire che la vera house music non era quella che si passava sulle main radio. Se pensi a queste due diverse concezioni dell’house quali sono i brani più significativi che ne evidenziano le differenze?
Quando iniziai ad andare per club e a frequentare i primi warehouse parties nell’east London non mi curavo troppo della dance music. In realtà devo ammettere che, non essendo al tempo in grado di individuare ogni artista e titolo delle tracce che passavano per radio non potrei asserire che quel mondo fosse qualcosa di totalmente separato e diverso rispetto alla realtà che poi ho scoperto grazie alla pulsante scena dell’East London. Sono stata molto inspirata dalla minimal e techno berlinese, sono stati questi a farmi scattare in testa la molla della produzione. Fu proprio in questo modo che mi sono resa conto del fatto che alcuni sotto generi dell’house music erano cresciuti, così come il mio amore per loro.
Negli ultimi 3 anni circa la tua ascesa è stata vertiginosa. Quando sembra che hai raggiunto il top accade spesso qualcosa, una copertina, una citazione, una traccia che ti fa a andare ancora più in alto. Ti sei messa mai a pensare razionalmente a quali possano esser stati i motivi che ti hanno portato a questo grande successo?
Penso che la cosa più importante sia il lavorar sodo, in realtà non esistono scorciatoie. Intorno a me ho, ormai da qualche anno, sempre lo stesso team e tutti quelli con cui lavoro sono anche amici. Questa mentalità, questo modo di lavorare ti permette di crescere seguendo la tua strada e rispettando i tuoi spazi. Quindi posso dirti che un’altra cosa che penso sia fondamentale è l’essere sempre sinceri e veri con se stessi, solo in questo modo hai la possibilità di produrre qualcosa di cui sei soddisfatto e che sia al 100% tua. Ciò di cui voglio esser sicura ogni volta è di aver dato il massimo, tutta me stessa. Non importa di cosa si tratti, l’importante è mettercela tutta in modo tale che a fine giornata ti puoi guardare indietro e dire “non potevo provarci più di così”. Sostengo che se uno vuole che accadano determinate cose questo sia il piano a cui attenersi.
Tutto ciò ovviamente ha cooperato a far sì che il tuo album di debutto sia stato uno degli album più attesi del 2013. Non poca pressione eh?! Parlaci di “Comfort”: da quanto ci stai lavorando, come lo hai strutturato e qual è il rapporto che intercorre fra te e il vibe di questo album?
L’album rispecchia molto la mia personalità. Ciò che desideravo era fare qualcosa che potessi ascoltare con piacere anche io e di cui io avessi il pieno controllo artistico. Ho avuto l’opportunità di rilasciare moltissime tracce da dance floor per dj set con i precedenti EP e singoli ma mai avevo avuto veramente la possibilità di mostrarmi nella mia interezza. Vorrei che la gente capisse che sono più di una semplice produttrice house; allo stesso però non ho mai fatto forzature sulla mia musica facendo ad esempio radio edit o cose simili. L’intero processo per dar vita all’album è stato molto organico. Mi sono avvicinata alla produzione attraverso il pop, l’hip hop e il trip hop prima di metter le mani sull’house o sulla techno quindi penso che in quest’album emergano tutti gli stili per cui sono passata. La maggior parte dei brani li ho conclusi negli ultimi 2 anni mentre un paio sono nati molto tempo fa e sono stati conservati proprio pensando ad un album.
Condividere l’album di debutto con così tante guest è una scelta importante e immagino anche ragionata. Come mai questa scelta? Se quest’album fosse uscito 3 anni fa pensi avresti avuto la necessità di presentarti in maniera più “pura”, come Maya Jane Coles e stop?
In parte è dovuto al fatto che io sono una produttrice prima di ogni altra cosa; volevo che la gente si rendesse conto che Comfort e fatto anche di strumenti e voci guest e questo in parte perché voglio esser pensata più come una produttrice musicale che come una semplice vocalist. Come produttrice penso alla voce come ad un suono e se avessi solo la mia avrei solo quella con cui lavorare e quindi sarei limitata in quanto dovrei sfruttare strumenti che si sposano bene solo con la mia voce. Non ho il growl di Tricky o il tono particolare di Karin Park, per questo ho voluto avere delle guest, per realizzare le tracce che avevo in mente.
Come ti sei trovata a lavorare con la lunghezza di un album, con l’avere, in altre parole, più spazio di quello offerto da un EP? Qual è il legame che intercorre fra tutte le tracce di Comfort?
Penso che il modo in cui le ho prodotte e le sonorità sia ciò che tiene insieme l’opera. Mi piace la sfida dell’album e tutto quello spazio extra che ti permette di esplorare e mostrare più aspetti della tua personalità artistica.
Interessante anche la scelta di inserire 3-4 tracce scritte diversi anni fa. Come mai questa scelta, perché proprio quelle tracce dal passato?
Solo perché qualcosa non è nuova non significa che debba essere da buttare. Ho messo quelle tracce da parte sin dall’inizio pensando ad un album, per questo non le ho rilasciate prima.
La venatura pop che ogni tanto esce fuori già dai tempi di Nobody Else, in parte anche di Senseless e che si è palesata recentemente e chiaramente con l’EP “Little Boots”, è presente anche in quasi tutto Comfort (in particolare in Burning Bright) con incisività variabile ma sempre caratterizzato da un timbro molto scuro. Qual è il tuo rapporto con il pop e come mai ultimamente questa forte ripresa del genere?
Sono cresciuta ascoltando dell’ottimo pop anni ’90, cose come Aliyah o Missy Elliott che è piena di rimandi al trip hop e all’house. Ma a dire il vero penso sia un caso che la mia musica abbia degli agganci con quegli aspetti che la fanno sembrare pop. Comfort devo dire si basa abbastanza sul concetto di canzone ma penso sia più un caso piuttosto che un mio sforzo, non posso dire di aver voluto fare un album pop. Ho semplicemente fatto la musica che mi divertiva fare, non penso mai alla categoria nella quale poi sarà inserita.
Il passaggio di domanda è obbligatorio: underground to popular, e viceversa. Grazie alla creazione della tua nuova etichetta, la I/AM/ME (nome forse indicativo) su cui è uscito l’album, hai avuto senza dubbio maggiore libertà compositiva. Al contempo le pressioni di questo mondo, delle regole del gioco, ci sono necessariamente, come in ogni campo. Provenendo tu dall’underground londinese ed essendo ora nel flusso mainstream vorrei chiederti: si può essere popular rimanendo unedrground o le due cose si escludono? Se sì, in che modo è possibile?
Ho sempre suonato in club come Panorama Bar o Trouw ma anche in grandi festival come il Glastonbury, il Coachella, il Sonar e ogni volta mi porto dietro la mia stessa mentalità musicale. Faccio semplicemente la musica che voglio fare poi mi preoccupo di tutto il resto. Non accontenterai mai tutti i fan o tutti i critici, ma se puoi accontentare te stesso dal punto di vista artistico non importa più ciò che gli altri pensano, l’importante è non deludere se stessi. Non avrei raggiunto nessun obbiettivo se avessi un mio album in prima posizione nelle classifiche ma non mi piacessero i brani che lo costituiscono. Soldi e fama non sono il mio scopo, la musica lo è.
Concludiamo parlando un po’ dell’altra faccia: Nocturnal Sunshine. Quando e come è nato quest’alter ego? Preferisci tenere distinti questi due aspetti di te (Maya & Nocturnal) o ci sono degli incontri voluti? Cos’è che cambia, oltre ai dischi che metti, quando ti presenti come Nocturnal Sunshine?
E’ semplicemente un’altra faccia della mia personalità artistica, quella più “bass and dub”, quella più distorta. In realtà originariamente giravo come Nocturnal Sunshine ma quando uscì la mia prima release decisi di utilizzare il mio vero nome. Successivamente, volendo far uscire alcune cose che non si sposavano al meglio con i dischi che avevo fatto fino a quel momento, decisi di riutilizzare l’alias “Nocturnal Sunshine” anche per non confondere il pubblico proprio nel momento in cui stavo fissando il mio sound.
Infine: ti abbiamo ascoltato all’ultimo Sonar Festival. Come è andata? Come è stata la tua seconda volta, migliore o peggiore della prima?
Il Sonar è stato fantastico entrambe le volte. La prima non sapevo minimamente cosa aspettarmi; quest’ultima volta invece ero più a mio agio, è più facile suonare in un posto che ti è familiare. Inoltre mi sono portata dietro anche un bel po’ di amici e questo rende sempre le cose migliori!
English Version:
It’s been a while since the first time we tried to end this interview with Maya Jane Coles (the unit of measurement are the years), but by chance just after our first attempt the “Jane Coles” phenomenon exploded and the girl disappeared into thin air. Over time, of course we have not missed opportunities to comment on her productions like “Easier To Hide Ep”, the Dj Kicks and “Comfort”, her debut album released about two months ago and published on her I/AM/ME. By now, presentations are no longer necessary, the anglo-japanese artist in just few years has scaled the heights of the most important international events making great strides. Her music is often discussed, so much so that reading reviews written by various Soundwall pens you’ll often notice conflicting opinions. We sought to better understand this personality, touching 2-3 points of its growth and analyzing together some aspects of “Comfort”. Among answers and half-answers, we’ve better framed the artist, but we will not fail to go deeper into it in the future.
Let’s go a little back in time, the period in which you listened especially to hip-hop. Tell us about the beginnings of your passion for music, and then about how was going down to the dancefloor under 160-180 pbm?
My first big musical passion was 90’s Hip Hop and R&B. The production quality was so high back then and there were a lot of really innovative artists that inspired me in that scene. I guess my interest in it died down a little since the 00’s as the music really changed. But I wouldn’t say my musical tastes have changed as I still love everything that I listened to when I was growing up. As I got older I just became passionate about more and more different types of genres and sub genres, and my musical tastes expanded a lot.
Let’s close this initial questions with the period in which you started to feel the real house music was not the one they passed on main radios. If you think about these two different concepts of House what are the most significant tracks that highlight the differences?
I until I started going clubbing and to warehouse parties in east London I never really cared about dance music. Without pinpointing any particular tracks I think it’s fair to say that the commercial dance music heard on daytime radio at the time was worlds apart from what I discovered in the East London party scene. I got into a lot of Berlin inspired minimal/techno which triggered me to start producing my own take on it. Through that I discovered the many sub genres of House music and my love for it just grew.
In the last 3 years or so your ascent was dizzying. When it seems that you have reached the top, something happens, a cover, a quote, a track that makes you to go even higher. Have you ever think rationally at what might be reasons that brought you to this great success? I don’t know, maybe your style is exactly what people wanted and needed, your approach to the show, the right people or something else.
I think the biggest thing is hard work, there are no real short cuts. I have had the same team around me for a few years now and everyone I work with now is a friend too. That mentality allows you to develop in your own way and in your own space so it’s about staying true to yourself too and hopefully that leads you to create something that is entirely your own that you are 100% comfortable with. I always make sure I give it my all not matter what I’m working on, so at the end of the day I can’t look back and wish that I had tried harder. If you want something to happen you just need to stick at it.
All this has cooperated to ensure that your debut album is one of the most desired albums of 2013. What a pressure, eh? Tell us something about “Comfort”: how long are you working on it? How did you structured it and what is the relationship between you and the vibe of this debut album?
The album is very much me. I just wanted to make an album that I would enjoy listening to myself and had full creative control of. I’ve had the opportunity to release so many dance floor tracks for dj sets on previous eps and singles, but never really had the chance to show the full picture of what I’m all about. I want people to know I am more than just a house producer but I never forced tracks to try and get “a radio single” or anything like that. The whole process of making this the album was very organic. I got into music production through making pop, hip hop and trip hop before ever making house and techno so I think this album merges all the styles that I have ever gone through into one. Most of the songs were completed within the last two years or so but a couple have been around for as long as four years ago which I wanted to save for the album.
Share the debut album with so many guests is an important choice, and I imagine it’s also reasoned. Why this choice? If this album had been released 3 years ago do you think you would have had to introduce a purest Maya Jane Coles rather than the meeting of you with other artists (like it’s in “Comfort”)?
Part of it is because I am a producer first and foremost and wanted people to see that so there are instrumentals and guest vocalists on the record partly to illustrate the fact that I want to be thought of a music maker rather than a vocalist. As a producer I think of voices as sounds and if I had only my voice to play with I would have been limited to making instrumentals that only suited my voice. I don’t have Tricky’s growl or the scandinavian tone of Karin Park to my voice so you have to use guests at time to realize the track your have in you head.
How did you find yourself to work with an album length, having, in other words, more space for your music than the one you have with an EP? What is the common thread that binds all traces in Comfort?
I think the production and tone of the tracks is what holds the album together. I like the challenge of an album and all the extra space it affords you to explore and show off different sides of yourself musically.
It’s interesting also the decision to include 3-4 tracks written several years ago. Why this choice, why those tracks from the past?
Just because something isn’t new definitely doesn’t make something bad. I had earmarked those tracks for my album at the time so didn’t release them sooner.
The pop vain that occasionally comes out since the time of “Nobody Else”, in part also of “Senseless”, and that is undoubtedly and strongly evident in the EP “Little Boots”, is also present in almost all tracks of Comfort (especially in Burning Bright, for example) with variable incisiveness but always characterized by a very dark timbre. What is your relationship with Pop and why lately this strong recovery of the genre?
I grew up listening to really good pop music in the 90’s like Aliyah or Missy Elliot which is full of hooks same with genres like trip-hop or house. I think it’s more a case that my music has a lot of hooks in it that makes it feel pop and “Comfort’ is quite song based in places so I think it’s more a case of that rather than a deliberate effort on my side to make a “pop record”. I just make music that I enjoy making, I don’t think too much about what categories they fit in.
Now, the next question is mandatory: underground to popular, and vice versa. Thanks to the creation of your own new label, I/AM/ME (maybe an indicative name), on which “Comfort” album will be released, you’ve undoubtedly had more compositional freedom. At the same time, pressures of this world and rules of the game will always be there, inevitably, as in each field. Coming from the underground reality of London and being now in the mainstream flow, let me ask you: can one be POPular still staying underground, or these two things are mutually exclusive? If yes, how could this be possible?
I’ve always played at clubs like Panorama Bar and Trouw but then also played bigger festivals like Glastonbury, Coachella, Sonar so it’s the same mentality I have with my music. I just make the music that I want to make and then I will worry about everything else afterwards. You will never be able to please every fan or critic but at least if you can satisfy yourself artistically no matter what anyone else thinks of it you wont have let down yourself. I wouldn’t feel any sense of achievement if I had a number 1 album in the charts but I didn’t like the songs myself. Money and fame are not my drive; music is.
Let’s conclude by talking a little of the other side: Nocturnal Sunshine. When and how Nocturnal Sunshine was born? Are these (Maya & Nocturnal) two parts of you that you prefer to keep categorically separated or there’re some rational meetings? What do feel is radically changing when you present yourself as Nocturnal Sunshine, in addition to disks you play?
It’s just another side of what I do musically. It’s just my more bass and dub skewed alias. I actually originally went by the name Nocturnal Sunshine for all my productions but when it came to my first release I actually decided to start going by my real name. Further down the line I wanted to put out some stuff which didn’t quite fit with the releases I was putting out at the time so I used the Nocturnal Sunshine alias as a way to release those and not confuse people whilst I was establishing my own sound.
Lastly: we’ve listened to you at the last Sonar Festival. How did it go? How was your second time at the festival, better or worse than before?
Sonar has been amazing both times – I didn’t know what to expect the first time so this last appearance was much easier playing a familiar place and I had a lot of my friends with me too so that always makes everything even more fun!