E’ difficile convogliare tutta la curiosità che suscita un personaggio come Tony Humphries in pochi, pochissimi minuti di conversazione. Si finisce di certo per rimanerne affascinati: ogni parola, ogni aneddoto è la storia, sono stata testimone del racconto dell’inizio di un movimento e di una scena, vista attraverso gli occhi di uno dei suoi protagonisti, di colui che ha influenzato ed ispirato i posteri ma emozionato chiunque abbia avuto il piacere di sentirlo suonare. Ha cominciato mettendo dischi ad ora di cena nei locali di Manhattan, fino ad avere la residenza in club storici come lo Zanzibar Club nel New Jersey, il Ministry of Sound di Londra e l’italianissimo Echoes di Misano Adriatico. Dalle sue prime esperienze in radio alla fondazione della sua etichetta “Tony Records”, Mr. Humphries ha dimostrato di essere un talento straordinario e in fondo, ciò che ha fatto la differenza, è stata la passione e la devozione, lo studio e la fatica, la caparbietà di spostare il limite sempre un po’ oltre, ridefinendo gli obbiettivi e le prospettive personali. E la soddisfazione di intrattenere le persone, di coinvolgerle nei set fatti di musica e di soul lo hanno ripagato, rendendolo la leggenda che è.
L’incontro con Mr. Pettibone e la sua Kiss FM NY ha segnato l’inizio della tua carriera. Com’è andata?
Ci siamo incontrati nella sua etichetta discografica, tanto tempo fa. Se tu eri professionale a sufficienza loro ti davano la possibilità di avere visibilità. A volte andavo fisicamente a portare i miei dischi nella cassetta della posta, anzi dovevi andarci personalmente. Una volta che ero là, in una di queste case discografiche, alla Prelude Records per l’esattezza, incontrai Mr, Pettibone e gli diedi una cassetta delle mie che avevo. Non sapevo che cosa facesse esattamente, ma scoprii che il suo lavoro era quello di scegliere le persone per la radio, per creare lo staff della radio. Lui prese la mia cassetta con sé, andò in spiaggia e poi mi disse che ne rimase impressionato.
Quindi cos’è successo?
Una delle persone che era stata assunta alla radio da Mr. Pettibone, per non so quale ragione, non si presentò. Quindi mi chiese, come se fosse un’emergenza: “Pensi di poter venire a mettere su quattro ore di musica domani mattina?”. Questo fu il mio inizio. E’ successo come se fosse un incidente!
Il primo club in cui hai suonato è stato El Morocco ma anche Club Tribeca. Com’era la scena a NY quando hai iniziato e com’è oggi? Se dovessi andare a NY domani, quali locali mi consiglieresti?
El Morocco era un club molto snob e si, è stato il mio primo lavoro retribuito nel bel mezzo di Manhattan. La cosa positiva di questo è che mi diedero un lavoro che mi ha permesso di suonare la mia musica mentre le persone mangiavano. Ero proprio vicino la cucina! Quindi per le prime due ore suonavo qualcosa adatto alla cena e per le ultime due provavo a mettere qualcosa di più intenso. C’erano molti club a Manhattan, ovunque: qualcosa come tre o quattro per quartiere. Oggi c’è una nuova formula. Ci sono moltissimi club che aprono nelle zone circostanti, come Brooklyn, perché è più economico, molto più economico.
Cosa mi dici del Meatpacking District?
Oh si, ho suonato nel Meatpacking in diversi posti ma adesso c’è una crisi della ‘City’ perché stanno regolamentando la nightlife. Il sindaco ha cambiato la legge e le regole, rendendo difficile alle persone di andare a far festa. La gente non vuole guidare e poi a spesso i club chiudono alle 2 di notte. Inoltre, se la musica è troppo alta, i gestori devono pagare una multa fino a tre o quattro mila dollari. Ci sono davvero molte ragioni del perché non si voglia aprire dei club in quel quartiere. Il business è cambiato ancora. La gente famosa organizza le feste sui tetti o nei piccoli bar. E’ una scena frammentata e non ci sono più i super club. Brooklyn è ora importante! Molti produttori o musicisti vengono da lì. Molti giovani hanno i loro piccoli club, che nascono come funghi. Là riesci a trovare buoni accordi sia con i bar che con le discoteche. Di solito i gestori ti dicono: “se riesci a portare cento persone possiamo ragionarci”. Quindi è diventata una responsabilità del dj di avere un suo seguito. I bar vogliono avere delle garanzie.
Cosa ne pensi di questo costume?
Credo sia positivo per i dj perché è esattamente quello che si fa con internet: far si che le persone ti conoscano, avere una relazione con i tuoi fan. E’ giusto avere un database di persone, così non ti devi chiedere se piaci o se piace la tua musica perché sei sempre in contatto con loro. Questo è ciò che succede nella realtà: è importante avere una tua cerchia di persone.
Quando hai capito che fare il dj era la tua strada?
Credo che i club nel New Jersey fossero davvero grandi e connessi con il Paradise Garage di NY quindi, c’erano e circolavano fondamentalmente le stesse persone e gli stessi dj, tutto. Zanzibar era un po’ la sorellina minore. Quando ho avuto la residenza, proprio allo Zanzibar, mi sono detto: “credo di avercela fatta”, perché ero in radio, divenne importante anche il mio lavoro nella discografia e ho iniziato a suonare in altri club.
Un soprannome che ti è stato dato è ‘Godfather of the New Jersey sound’. Perché e cos’è il New Jersey sound?
E’ perché le location e gli artisti che ci suonavano diventarono famosi là. La musica del New Jersey è la stessa musica che veniva suonata a New York. Di certo il mio gusto e il mio stile tendeva di più al soulful o al gospel o era legato al funky di Philadelphia. Erano soliti chiamarmi the ‘118 man’, dove 118 sta per i bpm; questo è il tempo della maggior parte delle serate in cui suonavo: a volte più lento a volte più veloce. Era il mio livello e cercavo di tenere alta l’attenzione di tutti perché dovevo suonare dall’1 alle 7 o 8 o 9 del mattino, diviso in 3 set: prima in radio, poi al club dall’1 alle 3.30 per poi ripartire alle 6 fino al mattino inoltrato. Era un po’ la mia missione perché quando sono andato nei club come il Paradise Garage dove ho sentito Larry Levan mi sono detto: “Com’è possibile che quest’uomo suoni e intrattenga duemila persone tutta la notte, dall’1 fino al pomeriggio?”. E’ una impresa essere capaci di farlo! Nel New Jersey, era importante per me essere capace di suonare per tutta la notte da solo e vedere per quanto potevo farlo: se suoni molte ore devi per forza conoscere moltissima musica perché non ti puoi ripetere troppo; devi conoscere cose nuove ma anche pezzi famigliari alle persone.
Quindi trasportavi ogni volta i tuoi vinili?
Stavano là, chiusi in un armadietto.
Oggi durante i tuoi dj set non suoni solo con i vinili ma anche con cd e chiavette usb, è vero?
Uso le chiavette usb e anche qualche cd con il backup. In alcuni posti a Brooklyn o a NY hanno da poco iniziato a fare feste in cui si suonano solo vinili. Credo che il suono dei vinili sia più pieno e migliore rispetto al digitale. Non puoi paragonarlo. Io suono vinili ogni tanto, per le occasioni speciali.
C’è un disco in particolare che porti sempre con te?
Cambio molto. Non porto sempre le stesse cose ogni volta. Scelgo qualcosa di più popolare e rinnovo il mio set ogni tre mesi circa.
Per la maggioranza di noi tu sei una leggenda della musica house. E’ sicuramente una grande responsabilità perché le persone probabilmente si aspettano sempre il meglio da te. Come vivi questo aspetto? Sei a tuo agio in questa posizione?
Non sono ancora morto! Adesso è un po’ più semplice ma non vent’anni fa quando hanno iniziato ad andare di moda l’acid house o la techno o altri generi. Durante quel periodo, mi sono preso la responsabilità di rendere peculiare il mio set, includendo sempre qualcosa di soul o qualche pezzo con i vocal perché non volevo scomparire. Adesso non è più così difficile perché non c’è un genere particolare che fa impazzire la gente. Ora, rispetto all’inizio, dove non c’è nulla di più popolare di altro, un dj che decide di iniziare rispetto a un dj come me, trova una situazione più paritaria. Puoi suonare tutto, basta che mantieni l’attenzione della gente. L’energia fa il set. Se sai come suonare una varietà di pezzi e mantieni alto l’interesse delle persone sarai popolare. Inoltre, le case discografiche hanno iniziato a scomparire e “il genere musicale” non è più molto importante. Se parli con coloro che sono coinvolti in diversi generi musicali, hanno tutti dei problemi: non fanno soldi come erano soliti fare, ognuno prova a rubare qualche suono agli altri. Credo sia positivo, perché se vai in un club è per ascoltare buona musica e non come in passato dove c’erano i club con musica dance o techno divisi per genere. Ognuno può suonare qualsiasi cosa.
Cosa puoi dirci sulle tue passate esperienze da resident?
Riguardo l’Echoes di Misano, il mio manager, Mr. Maurizio Clemente, che credo sia di Riccione, insieme al mio buon amico Kid Bachelor, dopo la mia esperienza al Ministry of Sound mi chiesero di andare e creare con loro il lunedì notte chiamato The Magic Monday. Era qualcosa pensato per gli staff delle altre discoteche, per le persone che lavoravano da altre parti durante il weekend e questo era un modo per avere il loro party. Era una festa esclusiva e sempre più persone volevano partecipare ed avere questa esperienza. Ho avuto la residenza là per quattro anni.
Oltre ad aver investito molte energie su te stesso, hai fondato la tua etichetta ‘Tony Records’. Che cosa preferisci produrre?
Do molte possibilità ai giovani produttori. Di solito ascolto moltissima musica nuova e se mi piace, la produco. Oggi lavoro solo con nuovi artisti perché credo sia importante dargli spazio. Questi giovani suonano ciò che mi piace: qualcosa di più soul e orientati sulle voci.
English Version:
It’s hard to convey the curiosity for a character like Tony Humphries in a few, a very few minutes of conversation. You end up to be fascinated: every word, every anecdote is the Story, I was the witness of the narrative of the beginning of a movement and of a scene seen through the eyes of one of its protagonists, the one who has influenced and inspired posterity but excited anyone who has had the pleasure to hear him play. He started to play during the dinner time in some venues in Manhattan, to have the residence in historic clubs such as Zanzibar Club in New Jersey, the Ministry of Sound in London and Echoes in Misano Adriatico; from his first experiences in radio to the founding of his own label “Tony Records,” Mr. Humphries has proven to be an extraordinary talent and in the end, what made the difference, was the passion and devotion, the study and the effort, the obstinacy to move the limit always a bit over, redefining the goals and personal perspectives. And the satisfaction to entertain people, to involve them in his dj sets made of music and soul have paid off, making the legend that he is.
The meeting with Mr. Pettibone and his KISS FM NY marked the beginning of your career. How did it go?
We met at a record company, back in those days. At the records company if you were professional enough they would give you promo. So we had to go physically pick them up sometimes in the mail and sometimes you have to go yourself. When I went there, to one of these companies, the Prelude Record at the matter of fact, I met Mr Pettibone and I gave him a tape of mine that I had. I didn’t know his what job was, but his job was to put people on the radio and to create a staff of the radio. So he took my tape home, he went to the beach and he said he was impressed.
So what happened?
One of the people that Mr Pettibone hired on the radio, for some reason, didn’t show up. So he asked me, as an emergency: “Do you think you can come up with 4 hours of music by tomorrow morning?”. He this was my beginning. It was pure by accident!
The first club in which you played was El Morocco and also Club Tribeca. How was the scene in NY when you started and how it is today? If I go to NY tomorrow, which club would you advise me?
The El Morocco was a very posh club and of course it was my first real paid job in the middle of Manhattan. What is good about it is that they gave me a job to play my music while people were eating (laugh). I was right next to the kitchen! So for the first two hours I played something like dinner music and for the last two I tried to play some more intense music. There were a lot of clubs in Manhattan, everywhere: like 3 or 4 a bloc. Today there is a new one being formulated. There are a lot of new clubs opening up in the surrounding area like Brooklyn cause it’s cheaper, much cheaper.
What about the meatpacking district?
Oh yeah, I used to play there in a lot of places but now there is a crack down by the City cause they were targeting the nightlife. The mayor changes the law and his policy, making difficult to the people to go to party down in the meatpacking area. People don’t want drive there also because sometimes clubs close at 2 o’clock. Also if the music in the club is too loud they have to pay a fine of 3 or 4 thousand. There are a lot of reasons why people doesn’t want to open a club there. The business started over again. There is a lot of famous people in the hotels that doing the rooftop parties or in little bars. It’s fragmented, there are no more super club. Brooklyn is huge. A lot of producers, musicians are from Brooklyn. There a lot of young kids they have their own small club popping up. Here you make good deal with the bars and disco. They usually say “if you bring 100 people we can make the deal with you”. So it became a responsibility of the dj to have is own following of people. Bars want to be guarantee.
What do you think about this custom?
I think it’s good for the djs cause it’s exactly what you do with internet: make people know you, have a relationship with your fans. It’s good to have a database of the people so you don’t have to guess if people likes you and the music that you make cause you are always in contact with them. This is what’s going on in the reality: it’s important to have your own group of people.
When did you realize that djing was your way?
I believe the clubs in the New Jersey were really big and connected with the Paradise Garage in new York so, there were the same people and djs, everything. Zanzibar was the little sister club. When I’ve got the residency at Zanzibar I said ‘I guess I made it’, cause I was on the radio, it became important my record job, I started to play in others club.
Another nickname that is given to you is ‘Godfather of the New Jersey sound’. Can you explain why? And what is the New Jersey sound?
It’ because the locations and the artists became famous there. The music of the New Jersey is the same that the music that was played in New York. Of course my taste or my style I tent to lean to something more soulful or more gospel or Philadelphia funky. They used to call me the 118 man which is 118 the bpms, this is the tempo of the majority of the night that I used to play: sometimes low sometimes fast. It was my level and I tried to keep everybody there cause I had to play from 1 o’clock to like 7 or 8 or 9 in the morning, shared in 3 sets: first the radio show, than at the club from 1 to 3.30 and then I started over from 6 till morning. That was my mission cause when I used to go to the big club as the Paradise Garage where I’ve heard Larry Levan. I used to say: “How in the world can this man play and entertain 2 thousand people all night long, from 1 o’clock till the afternoon?” It’s a challenge to be able to do that! In New Jersey, It was important for me to be able to play one night myself and challenged myself to see how long I could play. If you play so many hours you have to know a lot of music cause you can’t repeat the music too much. You have to know some new stuff and you have also to have something familiar to people.
So how do you carry every time all that vinyls?
They used to stay there!! Locked in a cabinet.
Right now during your dj set you don’t play only vinyl but you also use cds or usb stick, is that true?
I use the usb or I use some cds for backup. In some places in Brooklyn or in New York now they started to do vinyl only parties. I think that the sound of vinyl is wider and better than any digital stuff. You can’t compare. I play vinyl once in a while cause it’s something special.
There is a particular records that you always bring to you and you always want to play?
I change a lot. I don’t brings the same stuff all the times I may carry something that is popular but I renew my set every 3 months.
For all of us you are a legend of the house music. This is certainly a great responsibility because people probably require always the best from you. How do you live this aspect? Are you still comfortable in this position?
I didn’t die yet! Now it’s a little bit easier but not 20 years ago when they started with acid house or techno and others genre. During that period I have taken the responsibility to make sure that my sets always included something soulful or something vocal cause I didn’t want to disappeared. Now it’s not so difficult cause now there is not one particular genre that is killing people. Now, respect to the beginning, where nothing is more popular than the other, a dj that is starting now vs a dj as myself, are equal. You can play anything as long as you know how to keep the crown attention. Power is the set. If you know how to play a variety of things and keep people interested then you will be popular. Moreover now label are starting to disappeared and the music genre is not important anymore. If you talk to people involved in different genre everybody has problems: they are not making money like they used to, everyone is trying to steal a little sound from one to the others. I think that is good cause If I go to a club is to hear good music and not like in the past where there were dance club or techno club divided from genre. Anybody can play everything.
What about your past residences?
Echoes: my manager, Mr Maurizio Clemente, that he is from Riccione I think, and a good friend Kid Batchelor, after the ministry of sound situation they ask me to come and do Monday night, the Magic Monday. It was for the staff of others club, to the people that works in the others club during the weekend and it was a way to have a party themselves alone. It was an exclusive night and more people wanted to come to have this experience. I have the residency for 4 years.
In addition to having always invested on yourself, you have founded the label ‘Tony Records’. In this regard, what do you prefer to produce?
I give to the new producers a lot of deals. Usually I listen to some new music and if I like it, I release it. Now I am working only with new artists because I think that it’s important to give them a space. The new artists play what I like, something more soulful with vocals oriented.