Esco dall’aeroporto di Cracovia per prendere un bus che mi porti a Katowice e davanti a me, su un palazzo in costruzione, c’è una gigantografia di Mike Tyson vestito da pilota di linea; regge tra le dita una lattina di un energy drink e sorride con quei denti spaccati ed il tribale intorno all’occhio. Bene, penso. Bene. Devo essere onesto: Katowice non è una bella città, il centro si riduce a poche vie ove sbocciano locali nemmeno troppo pittoreschi, decine di pub e negozi di abiti di dubbio gusto mimetizzati tra le grandi marche. Katowice è la città dello Spodek, l’Arena: immaginate un enorme UFO atterrato nel centro nevralgico della città polacca senza mai più riprendere il volo. Molto suggestivo di notte, quando è illuminato da fasci di luce viola, blu, rossi.
Una delle mie peculiarità quando viaggio è quella di avere un pessimo fiuto per alberghi e ostelli. Così il taxi mi lascia in periferia, dopo una corsa di svariati minuti, davanti ad un ostello che ha tutta l’aria di essere stato pensato per l’omonimo film di Eli Roth. Alla reception non c’è nessuno, la mia camera non ha finestre. E’ una cella. Fuori dalle altre porte, stivali sporchi di terra e scarpe antinfortunistiche. Ci sono rumori taglienti, stridenti. Mi chiudo in cella con quattro mandate di chiave.
Il mio compagno di viaggio atterra qualche ora dopo di me e mi raggiunge. Nel momento in cui scende dal taxi comprendo che quello non è il posto dove resteremo a lungo, anche perché abbiamo paura di essere uccisi. Così decidiamo di restare una sola notte e poi spostarci in centro, dove un altro amico ci aspetta.
Arriviamo alla location del festival nel pomeriggio inoltrato. E’ immersa nel verde e molto suggestiva. Gli stage sono all’interno di tendoni da circo, erba e collinette, sentieri che collegano un palco all’altro, chioschi dove bere e mangiare pirogi (i ravioli tipici polacchi) pagando (pochissimo) con i coupon che vengono scambiati con la moneta locale, gli zloti. Siamo quasi in prima fila per ascoltare Tosca, il progetto di Richard Dorfmeister e Rupert Huber. Seduti al centro del main stage, uno davanti all’altro, indossano cappelli da cowboy e scivolano via narcotici alzando solo un poco il ritmo rispetto ai dischi. Le loro tipiche sonorità viennesi decadenti e i passaggi di lead guitar che fanno da scenario alle apparizioni sul palco della bellissima Sarah Carlier e di Rodney Hunter. Una sorta di sofisticatissimo Buddha Bar, in cui noi ci si muove leggeri, quasi ondeggiando, mentre fuori dal tendone tutto scorre molto più veloce, con il vento che si alza, lentamente, portando il freddo delle notti dell’est.
Ci spostiamo sul palco gestito da Red Bull Music Academy, per gustarci il live di Zebra Katz che, come di consueto, è accompagnato da Njena Reddd Foxxx. L’Accoppiata Vincente, entrambi a loro modo molto sexy. Sembrano contendersi lo scettro di regina del palco su basi scurissime e intrise di bassi. Avevo già visto lo show all’ultima edizione del Melt! di pomeriggio, ma sotto la luna sembrano ancora più a loro agio, due felini notturni a caccia.
Amon Tobin presenta Two Fingers. Al contrario di quanto provato soltanto un mese fa davanti a questo stesso set, mi ricredo e faccio il mea culpa. Scrissi che ascoltare un set di Amon Tobin che suona i Two Fingers (e non solo), diventa banale se hai addosso le sue produzioni “soliste” e i suoi meravigliosi live. Non è vero. Questa volta è un maestro, una macchina da guerra. C’è solo da imparare. Un’onda che ti arriva addosso, portandosi dietro il meglio e nient’altro, non una sbavatura, non un errore. Il mio compagno di viaggio, a metà set mi guarda e mi dice: “Io spero vivamente che questo sia un pre-mixato, altrimenti non può essere vero.”
Passa dalla dubstep, alla neurofunk, dalla jungle per finire, giuro, alla techno. Il tutto con la stessa facilità cui il sole nasce e muore ogni giorno.
Il freddo si alza sempre di più, infiliamo tutte le felpe che possediamo, una sopra l’altra per proteggerci. LFO praticamente è un mitragliatore, non abbassa mai il tiro e non toglie mai il dito dal grilletto. Le visual non sono adatte a chi soffre di epilessia. Ammettiamo di esserci allontanati dallo stage, per almeno un quarto d’ora, a fare un massaggio cardiaco alle orecchie, agli occhi e al cervello.
Vidi e ascoltai Squarepusher molti anni fa e definii quel live bello ma difficile, molto difficile. Ora ci aiuta suonando tracce da produzioni meno “caotiche” e con un live visual interattivo abbastanza accattivante. Nonostante le mie attese fossero più alte per quanto riguarda la parte visiva, il lato più importante, quello audio, è assolutamente da rispettare, perché lui di errori ne fa e ne ha fatti pochi, ma di storia ne ha fatta molta.
Un altro guru è Venetian Snares, lo strambo canadese sale sul palco, si mette davanti ai suoi Denon e compone il delirio breakcore che lo contraddistingue. Un’ora di fucilate, di ferraglia e passaggi di classica. Beve qualcosa come cento birre.
Andiamo in cerca di un taxi per tornare in ostello (che in sostanza ci si sono congelate le giunture) e quasi non riusciamo a camminare. Nonostante questo noto ragazzi in t-shirt e bermuda.
La programmazione del secondo giorno al Tauron Nowa Musika è meno densa e interessante, considerando, oltretutto, la cancellazione dello show di Dj Koze, ma pur sempre di qualità, come il live di Jamie Lidell. Cucina il funk con il soul e l’elettronica, ha una voce invidiabile ed è un animale da palco. Un concerto caldissimo in cui tutti si divertono, compresi, è evidente, lui e la band che lo accompagna.
Molto divertente anche il live di Matias Aguayo e Mostro sul Red Bull Music Academy stage: i due cileni danzano su ritmi di techno baciata dall’America Latina. Un poco, in questo modo ci fanno avvertire meno la maledetta escursione termica polacca.
La Brandt Brauer Frick Ensemble al completo non tradisce mai le attese; soliti professionisti da conservatorio che si sono imposti di andare oltre e si sente.
Come anche Moderat, forse i più attesi della serata, soprattutto da quanto captato tra il pubblico. Uno show tra vecchie e nuove tracce, Apparat che canta (meglio del solito, a mio parere), solite visual a due pannelli e il pubblico in delirio sui cavalli di battaglia Rusty Nails e A New Error.
Lasciati invece troppo soli Jackmaster e soci nello showcase di Numbers, nel senso che lo stage è un po’ troppo nascosto rispetto agli altri tre palchi, nonostante questo il pubblico c’è, come anche la qualità. Con nostro immenso rammarico, perdiamo il set dei COMA, causa confusione sugli orari della line up dopo la cancellazione di Dj Koze.
Passiamo l’ultima notte, prima di tornare nei rispettivi luoghi abitativi, a Cracovia. Decidiamo di uscire a bere qualcosa, finiamo in un locale in centro. L’età media è decisamente bassa, come anche la proposta musicale. Torniamo in ostello, aggrappati al ricordo di quest’ultima ben organizzata edizione del Tauron Nowa Musika, e arriviamo a mattino, ascoltando musica dai nostri smartphone attaccati all’impianto Dolby Sorround della sala comune, fino a quando il sole torna a scaldarci e a ricordarci che, forse, sarebbe il caso di dormire qualche ora.