Dj, producer, protagonista e mente dietro alcuni dei più importanti ed amati party di Amsterdam, responsabile di due label, la prima, ”Trouw” figlia dell’omonimo locale, la seconda, ”EX” una creazione del tutto personale. Potrebbe bastare questo per descrivere la figura di Patrice Baumel, ma no, non é sufficiente. Perché si dimenticherebbero la sua attitudine a guardare sempre oltre, a confrontarsi con nuove sfide e a sviluppare nuove idee, elementi questi che l’hanno portato ad affermarsi ed a confermarsi come uno degli artisti più lungimiranti e completi.
Sappiamo che da anni risiedi ad Amsterdam, ma le tue origini sono da ricercare altrove e più precisamente a Dresda, nella Germania orientale; potresti dirci cosa di quel periodo della tua vita ti sei portato dietro e quanto quell’ambiente ha contribuito a formare l’artista e la persona di oggi?
Musicalmente, nella Germania dell’Est degli anni ’80 la musica pop era rappresentata per lo più dai Depeche Mode e dai The Cure. La malinconia di quel tipo di musica mi ha accompagnato per tutta la vita. Inoltre quando iniziai a suonare come dj, intorno al 1994, Hardwax era il mio negozio locale di riferimento. Il suono proveniente da Hardwax ebbe, musicalmente parlando, una notevole influenza su di me. Vendevano tutto ciò che fosse di Detroit, Chicago e UK intelligence dance music (IDM), come molte delle cose su Warp. Oggi andare al Berghain significa ritrovare bene o male lo stesso suono. Queste sono le mie radici e quella sorta di oscurità meccanica é ancora presente nella mia musica. Credo sarei un pessimo dj da matrimonio.
Il 2002 è l’anno in cui partecipi alla Red Bull Music Academy di San Paolo: che significato riveste per te quell’esperienza,cosa ti ha insegnato maggiormente?
L’esperienza della RBMA ha avuto un grosso impatto su di me. Dopo due settimane, indimenticabili e piene di fonti di ispirazione, tornai a casa con la consapevolezza che fare musica era ciò che avrei voluto fare per vivere. Sino a quel momento consideravo il djing come un hobby, non mi vedevo come qualcuno che potesse produrre la propria musica. E’ stata una delle più importanti esperienze educative della mia vita.
Amsterdam, la città in cui vivi da circa 17 anni, ti ha visto protagonista di innumerevoli party, ma il tuo nome è indissolubilmente legato a due club principali. Club 11 e Trouw; come sono nate queste collaborazioni? Vi è una sorta di continuità tra le due esperienze?
Club 11 era gestito per lo più dalle stesse persone che oggi dirigono il Trouw ed é in questo che si esprime la continuità tra i due club. Con loro siamo grandi amici sin da prima dell’apertura del Club 11, per cui il passo successivo, quello di lavorare insieme, fu quasi naturale; mi sento davvero fortunato, per aver avuto la possibilità di crescere insieme a loro e aver avuto l’opportunità di avere uno spazio in cui sperimentare mese dopo mese. Club 11 nacque dal nulla e fu obbligato a costruire la propria reputazione da zero. Al contrario il Trouw poté approfitare di tutto il lavoro svolto in precedenza, crescendo col tempo e acquisendo una dimensione molto più internazionale, con visitatori e resident dj da tutto il mondo, come Seth Troxler, Agoria e i ragazzi della Innervisions.
Più genericamente, cosa significa per te portare avanti un appuntamento fisso in un club? Quali sono gli obiettivi di party come “360” o più recentemente “Black Magic”?
Avere la possibilità di essere resident aiuta un’artista a scoprire la propria identità musicale. La serata 360 ebbe inizio nel pieno del successo della minimal. Ogni party sembrava essere composto solo da groove scarni e bleeps. Io e Nuno dos Santos, tuttavia, volevamo qualcosa di più caldo, diverso ed euforico ed é per questo motivo che iniziammo a invitare artisti come Apparat, Aril Brikha o Nathan Fake, cosa del tutto insolita per Amsterdam in quel periodo. La serata iniziò davvero a decollare e non dopo molto tempo, quel suono si diffuse a macchia d’olio per Amsterdam. Il successo di 360 divenne anche, allo stesso tempo, il motivo per interrompere quel party, dopo la chiusura del Club 11; la maggior parte dei nostri ospiti erano ormai chiamati a suonare in molti festival e clubs, 360 non era più qualcosa di unico, sentivamo come se non avessimo più nulla di nuovo da offrire al nostro pubblico, per cui ci fermammo. Black Magic invece rappresenta un concetto del tutto differente. In poche parole, io la definisco come “Dark Music For Bright People” (musica oscura per gente brillante). La mia intenzione é quella di creare un posto per artisti la cui musica vada oltre, sia coraggiosa e sia portatrice di emozioni differenti dalla semplice felicità da “mani al cielo”. Voglio esplorare le sonorità più oscure della musica elettronica, dove tutto, dall’ambient a suoni molto sperimentali, é il benvenuto sin tanto che sia di qualità. La stessa sala é allestita affinché la gente possa, allo stesso tempo, sia ballare sia sedersi ed ascoltare. Black Magic non é il luogo in cui suonerei una traccia giusto per accontentare il pubblico, suono solo tutto ciò che davvero amo. Se posso raggiungere altre persone con la musica, allora questo é già un ottimo risultato.
Sempre rimanendo in tema Amsterdam, ed avvicinandoci all’ADE, vorrei chiederti cosa pensi di tale evento; personalmente ciò che mi ha da sempre colpito, oltre alla quantità e qualità dei vari eventi in programma, è la sinergia con cui una città intera si dedica alla manifestazione per tutta una settimana. Come è possibile tutto ciò? Che ruolo svolge per Amsterdam tale evento?
L’ADE é diventato così importante perché, al contrario di Sonar o WMC, si può effettivamente lavorare, non vi sono spiagge o terrazze soleggiate a distrarre. L’intera industria é in un unico luogo, pronta al confronto, a creare nuove legami e a condividere le proprie idee, la qual cosa é molto utile. Le conferenze che si svolgono durante il giorno sono, a volte molto interessanti. La città ne risulta coinvolta in quanto l’alto numero di extra – turisti che richiama e la buona immagine che da di sé, sono elementi più che benvenuti, tutti vincono. Ma, l’attenzione nel ricercare il guadagno e la fama, nel vendere prodotti e marchi da marketing, sta un po’ sfuggendo di mano. Preferirei vedere un interesse maggiore per l’arte e per la passione per la musica. Per quanto riguarda gli eventi che hanno luogo durante la notte, si ha l’impressione che tutti i grandi artisti e le più grandi label siano in città contemporaneamente il che significa dura competizione. E’ molto difficile per le etichette più piccole e gli artisti meno conosciuti realizzare un party che abbia successo, devono davvero essere originali, trovare soluzioni creative, per poter lasciare un impronta, altrimenti rischiano di passare una serata molto tranquilla. Occorre organizzarsi bene con anticipo. Spazi inusuali, piccoli, in bellissime location come gallerie o magazzini abbandonati sono ottimi luoghi per feste molto divertenti durante il giorno che non richiedono costosi investimenti. Anche il poter bere gratuitamente aiuta, la gente impazzisce per questo. Bisogna dare alle persone qualcosa di cui parlare… le serate noiose non portano da nessuna parte. Una cosa che amo dell’ADE é accogliere tutte queste persone deliziose, amici o sconosciuti, essere ospitale e farli sentire benvenuti.
Parlando più propriamente di musica e in particolare delle tue produzioni, hai recentemente creato una nuova piattaforma, “Ex”, destinata ad accogliere le tue produzioni che saranno disponibili, in alta qualità, e non a pagamento: quali sono i propositi, le idee dietro tale progetto e quali gli obiettivi?
L’idea é semplice. Completa libertà, essere in grado di rilasciare cosa voglio, quando voglio, essere in contatto diretto con i miei fans. E’ il mio laboratorio di sperimentazione personale da cui riesco a trarre preziosi insegnamenti sui rapidi cambiamenti dell’industria musicale. La buona musica troverà sempre la propria strada nel mondo.
Un altro progetto a cui hai recentemente lavorato e che mostra ancora una volta la tua abilità nel saper abbracciare e far coesistere generi musicali differenti è rappresentato da quello che te stesso definisci “my first classical set ever”. Puoi spiegarci meglio di cosa si tratta?
Un paio di mesi fa mi fu chiesto di suonare un set di musica classica al Trouw. Non avevo una grande conoscenza di quel tipo di musica per cui mi ci volle del tempo per scavare in quel genere e scoprire cosa mi piacesse e cosa no. Da quel momento sono stato chiamato altre volte per eventi del genere e la cosa mi fa veramente piacere. La sovrapposizione tra musica classica ed elettronica é qualcosa di molto interessante.
Negli ultimi anni trovo che l’interesse e l’attenzione sul mondo della musica elettronica sia aumentato esponenzialmente; pensi che, arrivati a questo punto, i protagonisti di tale ambiente debbano farsi carico di maggiori responsabilità in termini di comunicazione di certi valori, ideali, visto anche il maggior numero di persone (giovani) che riescono a raggiungere?
Penso che un discorso del genere si possa fare a riguardo di qualsiasi essere umano sulla terra. Se iniziassimo a pensare di più agli altri e meno a noi stessi, il mondo diventerebbe un luogo molto più amichevole. Tutti possiamo fare la differenza dando l’esempio indipendentemente dal fatto che si raggiunga una persona o migliaia.
Una domanda che esula dalla musica: sappiamo che sei un grande appassionato di surf, ci sono alcune località che ti sentiresti di consigliare in particolar modo?
Il mio consiglio per quanto riguarda l’Olanda é Wijk aan Zee. E’ una spiaggia distante solo 15 minuti da casa mia con un paesaggio molto interessante costituito da enormi fabbriche d’acciaio alle spalle e grandi navi oceaniche che transitano dall’altro lato. Adoro surfare in acque calde ed é per questa ragione che sono davvero innamorato di Bali: Uluwatu,Turtle Island e Canggu sono le mie località preferite. Anche il Marocco é un gran posto durante l’inverno ci sono un sacco di ottime località sia a nord che a sud del Taghazout.
Per concludere, puoi darci qualche anticipazione su progetti a cui stai lavorando?
Sto lavorando ad un nuovo album che spero di pubblicare verso la fine dell’anno. Prima di questo arriverà ad Ottobre un nuovo singolo che sarà rilasciato su Systematic, la label di Marc Romboy. Inoltre sto lavorando ad una collaborazione per il gruppo indie-elettronico francese, Colder, e sono impegnato nella preparazione di un set di musica classica/elettronica in programma per l’ADE che presenterò al Concertgebouw, acusticamente, uno dei posti migliori al mondo. Anche Nicolas Jaar ed Henrik Schwarz si esibiranno durante la serata.
English Version:
Dj, producer, protagonist and mind behind some of the most important and loved parties in Amsterdam, also head of two labels, the first one “Trouw”, derived from the eponymous club, the second one, “EX”, an entirely personal creation. This could be enough to describe Patrice Baumel but indeed it isn’t. Because it would mean forgetting his way of always thinking out of the box, of embracing new challenges and of developing new ideas. This whole attitude helped him to assert himself and confirm being one of the most forward-thinking and complete artist.
We know that you have been living in Amsterdam for a few years but your origins are elsewhere, precisely from Dresden in East Germany. Could you tell us what have you kept of this period of your life and how far have this city helped building the artist and the person that you are now?
Musically, pop music in East Germany in the 80s was all about Depeche Mode and The Cure. The melancholy of that music has stayed with me all my life. Also, when I started to DJ around 1994, Hardwax was my local record store. The Hardwax sound had a massive influence on me musically. They sold everything from Detroit, Chicago and UK intelligent dance music (IDM) like the stuff on Warp. Go to Berghain today and you still find pretty much exactly that sound. These are my roots and that machine-like darkness is still in my music. I would be a terrible wedding DJ.
2002 is the year in which you took part in the Red Bull Music Academy of San Paolo. What did this experience mean to you and what did it mostly teach you?
The RBMA experience had a huge impact on me. After two unforgettable and inspiring weeks I came back home and knew that making music was what I wanted to do for a living. Until then I had considered djing as a hobby and did not see myself as someone who could produce his own music. It has been one of the most important educational experiences of my life.
Amsterdam, the city in which you have been living for 17 years, witnessed you being the protagonist of numerous parties but your name is strongly linked to two main clubs: Club 11 and Trouw. How are these collaborations born? Is there a kind of continuity between the two experiences?
Club 11 was run by mostly the same people as is Trouw today, that’s where the continuity lies. They have been very good friends of mine, even since before Club 11 opened, so the step of working together was pretty obvious and I feel very lucky to be given that opportunity to grow with them and have a space to try new things month after month. Club 11 started from nothing and had to build its reputation from zero. Trouw could profit from all the work and has taken things to another, much more international, level with visitors from all over the world and resident DJs from all over the world, such as Seth Troxler, Agoria and the Innervisions guys.
Generally speaking, what does it represent for you to have a fixed event in a club? What are the goals of parties like “360” or more recently “Black Magic”?
Being able to have your own residency helps an artist to find his or her own musical identity. 360 started right in the middle of the minimal hype. Every party seemed to be just stripped-down grooves and bleeps. Nuno dos Santos and I wanted to do something much warmer, diverse and euphoric. So we booked artists like Apparat, Aril Brikha or Nathan Fake, which was totally unusual at the time in Amsterdam. The night really took off and not before long the sound spread in Amsterdam like a bush fire. The success of 360 also became the reason to stop the night after the closing of Club 11 – most of our guest artists were now booked at many festivals and clubs. 360 was no longer unique, we simply felt like we didn’t have anything new to offer to people anymore and stopped it. Black Magic is a totally different concept. In a nutshell I call it “Dark Music for Bright People”. I want to create a place for artists whose music is forward-thinking, brave and speaks to different emotions than just hands-in-the-air happiness. I want to explore the darker spectrum of electronic music, anything from ambient to super-experimental sounds is welcome, as long as it’s quality. The room is set up so that people can both dance and sit and listen at the same time. At Black Magic I would never play a record just to please the crowds, I really only play what I love. If I can reach others with the music then that’s just a great bonus.
Still speaking about Amsterdam and about the ADE in particular, I would like to ask you what do you think about this event. Indeed, it always hit me, not only by the quantity and the quality of all its various events, but also by the synergy developed by the city, entirely dedicated to this whole week event. How is it possible to succeed in hosting such an event? What kind of role does such an event play for Amsterdam?
ADE has become so big because in contrary to Sonar or WMC you can actually get some work done – no beaches and sunny roof terraces to distract you. The whole industry is in one place and ready to talk shop, make new connections and share their ideas, which is useful. The daytime lectures at ADE are sometimes really interesting. The city is onboard because the huge amount of extra tourists and good exposure is more than welcome, everybody wins. But the focus on chasing the money and the fame, on selling product and marketing brands is getting a bit out of control. I’d like to see a bit more focus on the art and love of music.
As for the night time events, it seems like every big artist and label is in town at the same time, which means massive competition. It’s very difficult for smaller labels and lesser known artists to throw a successful party, they really have to think outside the box and come up with creative solutions to leave an impression, otherwise you might be in for a very quiet night. Get organised well in advance. Unusual, small spaces in great locations like galleries or empty store spaces are great spots for a superfun daytime party with no cover charge. Free booze helps, people usually flock to that. Give people something to talk about…boring club nights will get you nowhere. One thing I love about ADE is welcoming all those lovely people, friends and strangers alike, and be a good host and make them feel welcome.
Let’s speak about music itself and particularly about your productions. You recently created a new platform called “Ex” designed to offer a free download of your own productions in high quality. What are the ideas behind such a project and what are its targets?
The idea is simple. Total freedom, being able to release what I want and when I want it, being in direct contact with my fans. It’s my experimental laboratory which teaches me good things about a rapidly changing music industry. Good music will always find its way into the world.
Another project you recently worked on, that shows once again your ability to embrace and merge different kinds of music, is described by yourself an “My first classical ever”. Can you explain us what is it about?
A couple of months ago I was asked to dj at a classical music night at Trouw. I knew very little about that kind of music and had to take my time to dig into a new genre and find out what I liked and what I didn’t. Since then I have been booked a few more times for such events and I really love it. The crossover between classical and electronic music is a very interesting place.
It seems to me that in the last years, the world interest and attention for electronic music have raised exponentially. In this context, do you think that the actual protagonists of electronic music have to embrace some responsibilities in terms of communication of values and ideals, considering the amount of young people joining this musical movement?
I think that applies to every human being on the planet. If we start thinking more about each other and less about ourselves, the world will become a much friendlier place. We all can make a difference by leading by example, it doesn’t matter if you reach one person or thousands.
Here comes a question out of music: knowing that you are really fond of surf, do you have some surfing spots,location, to recommend in particular?
My home spot in the Netherlands is Wijk aan Zee. It’s a beach break only 15 minutes by car from my house with a very interesting scenery of a huge steel factory in the background and large ocean ships going past on the other side of the pier. I love surfing in warm water, that’s why I really love Bali. Uluwatu, Turtle Island and Canggu are my favourite spots there. Morocco is great in the winter, so many good spots north and south of Taghazout.
To conclude, can you give us some insight on the projects you’re working on?
I am working on a new album which I hope to release around the end of the year. Before that I have a single coming out in around October on Marc Romboy’s Systematic Records. I am also working on a collaboration with french indie-electronica act Colder and I am busy preparing a classical/electronic crossover performance for ADE, where I will play at the Concertgebouw, one of the acoustically best sounding opera rooms in the world. Nicolas Jaar and Henrik Schwarz will also perform at that event.