Per chi non lo sapesse (siete in pochi a dire il vero), Darkside è il duo composto da Nicolas Jaar e Dave Harrington, che in coppia non hanno fatto quasi nulla (sinora) ma che singolarmente sono noti ai più come producer, dj, musicisti a tutto tondo e label manager. Poliedrici e geniali, mettono molto di quello che hanno in questa pubblicazione stupenda, quasi stellare. Pensieri confusi, acidi e contorti come quelli di un sedicenne romantico e spettinato fanno capolino in questo disco importante, forse necessario. Un disco capace di racchiudere fra le sue canzoni tutto il fascino futuristico della coppia Jaar-Harrington ovviamente, ma al tempo stesso pienamente consapevole di quello che definirei il percorso complessivo della musica elettronica dagli anni settanta ad oggi. E non è tutto. Ascoltando attentamente gli otto, lunghi pezzi che compongono l’album non è difficile imbattersi in momenti rockeggianti, trip hop e indie di assoluto valore e fatasia. Ma non fraintendetemi, non sto parlando del classico minestrone anni duemila della serie “eccoci qua, siamo Dave e Nico: quelli che la musica la conoscono e sanno fare un po’ di tutto”. Per niente.
“Psychic” è il condensato di una cultura e conoscenza che spazia da Brian Eno ad Aphex Twin (vedi la fine di “Frek, Go Home”), dai grandissimi Doors a Mark Knopfler (in questo senso emblematico è l’inizio di “Paper Trails”), passando per i luccichii di momenti totalmente Jaar (la minuscola “Sitra” è l’esempio perfetto). L’ingrediente segreto di questa miscela vincente, dunque, non è la “mera” conoscenza della materia, e nemmeno la certificata sensibilità del duo, ma l’amore per una certa musica. E’ azzardato lo so, ma io la vedo così, e la sento così.
Ed ecco che alla fine arriva “Metatron”, la più classica delle ballad elettroniche piene di vita e speranza, con voci dolci e deliziose e archi gialli come il sole di dove volete voi, per me va benissimo Los Angeles, capace di coprirti di tutto quel colore che negli altri pezzi fai fatica a scorgere. Magari c’è ma non lo vedi. Perchè forse non vuoi, perché la luce senza il buio di una certa sofferenza non è altro che noia e i ragazzi lo sanno almeno quanto noi, immagino, ma l’uso che ne fanno con questo lavoro mai banale e che non esito a definire una perla, supera di gran lunga le capacità di svariati miliardi di umani.