Redshape è tra i pochi tizi mascherati – forse l’unico insieme a SBTRKT, se ci penso – a non starmi sulle palle. Considerazione stupida e sommaria, me ne rendo conto; si tratta di una di quelle frasi che decisamente trasudano superficialità e certamente non mi fanno onore, ma le cose stanno così. Mentre capisco che non potete passarmi l’antipatia che nutro per gli sportivi con le treccine (altra mia fissazione che rasenta la follia), qui però potete concedermi un’attenuante: i personaggi alla Deadmau5 hanno il solo merito, che poi merito non è, di fuorviare l’ascoltatore verso stronzate proprie del live show, ma che poco hanno a che spartire col valore di un artista.
Insomma, non sono uno che subisce il fascino del superfluo e che malvolentieri lo digerisce se non nei casi in cui questo contribuisca all’estetica di un disco. Diciamo che se un musicista (o produttore che sia) è bravo, io voglio vederlo in faccia.
Redshape, quindi, è una delle poche eccezioni che confermano la regola. Lui è uno tosto: EP sempre attuali – vedi le varie uscite su Delsin, sulla sua Present e su Running Back (ascoltare l’album “Square” per credere) – e remix che spaccano chirurgicamente l’elettronica a pezzettini, spaziando tra la disco e il suono aggressivo e incalzante di alcuni suoi lavori per le label che hanno avuto la fortuna di ospitarlo, rappresentano la prova fatta vinile di un talento di difficile collocazione. La sua ultima uscita su Present, poi, ha il sapore dell’autunno che arriva con gioia grazie ai suoi synth farfuglianti e ad una squadra di basse frequenze che sembra essere messa lì per abbracciare le ore centrali della notte, quelle in cui o si va spediti o si torna a casa. Il tutto pensato e scritto con la classe di chi alla musica da del tu, con la stessa faccia tosta con cui la versione “Punked” di “Made Of Steel” sembra dirci “Deadmou5 chi?”.