Carlo Andrea Raggi, meglio conosciuto come Cirillo è uno di quegli artisti che potrebbe raccontare la storia e l’evoluzione della scena elettronica italiana un po’ come fanno i nonni quando raccontano le storie ai nipotini. In trent’anni di onorata carriera infatti ha preso parte a numerosi progetti (Datura, Quasistereo) e ha partecipato ai più grandi festival elettronici del mondo. Una delle sue più grandi creazioni, in collaborazione con i suoi collaboratori, è il Circo Loco ad Ibiza che dal momento della sua nascita ha riscosso subito grande successo divenendo ormai un evento internazionale. Dopo tutti questi progetti Cirillo non sembra essere affatto stanco è nato infatti il suo ultimo progetto, in collaborazione con Mass Prod, chiamato ‘Quarantena’. Vediamo un po’ di cosa si tratta.
Ho la fortuna di avere un grande amico, quasi un fratello, con qualche anno più di me. Appena gli ho detto che avrei dovuto intervistare Cirillo, ho visto come una luce nei suoi occhi. Mi ha raccontato di una tua serata al Cocoricò nel lontano 1992, trasmettendomi in un attimo tutte le sue emozioni e i suoi ricordi. Essendo stato uno dei protagonisti di quel movimento, vorresti trasmetterci le tue emozioni i tuoi ricordi in modo da condividerli con tutti i lettori?
Ho iniziato a fare il dj negli anni ’80. Ho avuto la fortuna di vivere in una zona dove il clubbing è nato. Negli anni ’70 c’era la Baia degli Angeli e personaggi come MozArt e Daniel Baldelli. Sono seguiti poi club punk-wawe come Slego e Aleph e di conseguenza è nato l’Ethos poi divenuto Echoes. Ma non solo, c’erano infatti diversi piccoli club ed altri come il Peter Pan (dove ho lavorato) ed il Pascià. Per non parlare di posti come il Vae Victis. C’era un grosso fermento in zona. Inoltre ho avuto la fortuna di frequentare anche la scena rave romana, un’esperienza unica. Nel ’90 è iniziata la mia avventura al Cocoricò e la techno era ai suoi albori. Tutto era nuovo e non avevi alcuna difficoltà a sperimentare. Credo che sia stata un’epoca particolarmente esaltante non solo per la musica ma per tutto il contesto che c’era attorno. La riviera ai tempi era internazionale, si respirava una dimensione internazionale che oggi non intravedo.
Sei uno dei pionieri della scena elettronica italiana, quindi chi meglio di te può parlarci della metamorfosi e delle evoluzioni della scena elettronica nostrana. Cosa puoi dirci a riguardo? Come è cambiato il clubbing italiano?
Il clubbing italiano ha vissuto vari momenti. Ai tempi c’era più capacità di sperimentare e di investire in idee nuove. Oggi il tutto ha preso una piega un po’ mainstream. In giro non vedo menti brillanti e per certi versi diaboliche come poteva essere Loris Riccardi ex art director del Cocoricò. Lui ha saputo trasformare un locale in un’esperienza unica come poche volte ho riscontrato anche all’estero. Non c’è collaborazione tra i promoter e non si lavora sul prodotto. Ognuno fa i propri interessi inconsapevole che alla fine è un intero movimento che ci rimette. La musica elettronica invece si è evoluta e si è creata la propria dimensione. Ci sono artisti nostrani che esprimono il loro talento ai massimi livelli internazionali. C’è un buon fermento in questo senso non so se si possa descrivere come una scena ma di certo la qualità è buona.
Dal tuo esordio i tuoi lavori, le tue collaborazioni e i tuoi alias ormai non si contano più, ricordiamo i Datura giusto per citarne uno, quale è stato il progetto al quale sei più legato?
Datura fu un grande successo. Ancora oggi ricevo i riscontri per quei lavori. Ma anche il progetto Quasistereo con il mio “fratello” Ricky Montanari e Davide Ruberto ha prodotto due tracce interessanti come Accellerator e Addiction.
Sei uno dei creatori di uno dei party più Cool di Ibiza e della scena elettronica in generale: il Circo Loco, che a noi piace definire come una spruzzata d’Italia nell’isola bianca. Il successo riscosso ad Ibiza è stato una sorta di trampolino di lancio, infatti oggi assistiamo ad eventi Circo Loco in molti paesi del mondo. Puoi raccontarci come è stato possibile arrivare a tanto? Qual è il segreto di un così grande successo? Cos’è per te il Circo Loco?
Il Circo Loco ad Ibiza è andato ad occupare uno spazio letteralmente scoperto nell’isola. E’ stato, ed è tuttora, un luogo unico con un’atmosfera particolare che si mantiene tale grazie all’abilità di Andrea Pelino ed Antonio ed il lavoro dei loro collaboratori. Al Circo Loco hai completa libertà di azione ed il pubblico lo recepisce subito. Gli artisti che si esibiscono li, questo lo percepiscono immediatamente e vivono il luogo oltre la loro esibizione. E’ infatti normale scambiarsi opinioni e condividere momenti di divertimento con i vari colleghi. Il tutto da poi vita anche a collaborazioni ed amicizie. Per me Circo Loco è una grande famiglia oltre che una vetrina importantissima, unica per certi versi.
Ultimamente abbiamo assistito alla nascita del tuo ultimo progetto Quarantena in collaborazione con Mass Prod. E’ proprio il caso di dire 30 anni di onorata carriera e non sentirli eh! Di cosa si tratta? Come è nata la collaborazione con Mass Prod? Perché proprio Martino?
Come dicevo prima, non poteva che nascere al Circo Loco. Ovviamente io avendo una vasta disponibilità di musica spesso la alterno con cose nuove e per questo i miei set ricevono una particolare attenzione. Con Martino si è subito creata una particolare affinità così abbiamo deciso di lavorare su vecchie sonorità rielaborandole attraverso un’operazione fatta con strumentazione analogica e digitale. Sono venute fuori diverse tracce interessanti ma per il momento abbiamo deciso di limitare l’uscita ad un vinile con due versioni della stessa traccia.
Ultimamente, proprio con il progetto Quarantena, vi siete esibiti ai party Off Sonar a Barcellona, come è andata?
Era la prima volta che ci esibivamo come Quarantena e credo che il feedback sia stato molto buono. Oltretutto essere a Barcellona nel periodo del Sonar è certamente molto eccitante per la qualità del pubblico che può partecipare ad un evento del genere.
Hai preso parte ai più grandi eventi elettronici del mondo: Love Parade, Mayday, Ravecity, Heineken Jammin Festival. C’è un evento che ti ha fatto sentire all’apice della tua carriera? Insomma, dove ti sei emozionato di più?
Mah, credo che le prime Love Parade possano considerarsi un qualcosa di unico. Berlino allora era un territorio incredibile. La caduta del muro aveva liberato un’energia esplosiva. La Love Parade e tutto quello che girava attorno erano un momento particolarmente vivace per tutta una scena che si stava sviluppando. Li respiravi veramente la dimensione underground della techno in un clima di festa senza particolari tensioni.
Parlando invece del Cirillo produttore, nel corso degli anni sarai passando dall’era analogica a quella digitale. Come nascono le tue produzioni oggi e come è cambiato il tuo studio nel corso degli anni?
Io non sono stato particolarmente costante nel mio lavoro di producer. Ho avuto la fortuna di potermi confrontare con amici che mi hanno supportato nel mio lavoro. Oltre a Ricky Montanari posso ricordare Lele Pasini ed ora lo studio di Alessandro Tonon degli Athletic Duo. Grazie al loro supporto riesco ad alimentare alcune idee che poi mi aiutano molto nei miei set e contemporaneamente mi tengo aggiornato su come evolve la tecnologia nel campo musicale.
Techno, trance, progressive, acid house, house, hai prodotto tracce di generi molto differenti tra loro. Come si possono produrre differenti generi musicali mantenendo costantemente altro lo standard qualitativo?
E’ tutto riconducibile ad un tuo particolare stato mentale e a quello che ti circonda. Le sensazioni che ricevi ricadono sulla musica che fai. Non mi sono mai posto il problema di rimanere legato ad una particolare etichetta. Ho sempre fatto tutto con passione e non rinnego nulla di ciò che ho fatto. Allora certamente si viveva in un territorio più vergine ed avevi molta più possibilità di spaziare. Ad ogni modo la mente deve rimanere sempre attenta alla musica di qualità. Io ho cerco di ascoltare musica diversa, anche non attinente al mio lavoro. Poi il resto viene da se.
Hai attraversato come produttore gli anni ’90, e da quello che ascoltiamo oggi nelle produzioni, sembra ci si trovi in una sorta di viaggio ancestrale alla riscoperta di quelle sonorità. Cosa ne pensi delle produzioni odierne? Qualitativamente possono essere paragonate alle produzioni di quegli anni, oppure si è già toccato l’apice?
La qualità c’è sempre oggi come allora. Il problema è che oggi la quantità è immensa ed il bombardamento comunicativo che ne consegue è notevole. La musica elettronica è una musica giovane, non finirà mai di crescere e per questo non credo che si arrivi ad un apice. Anni fa col vinile era già un’impresa ottenere una copia di un buon lavoro. Le cose ti rimanevano impresse nella mente. Oggi devi selezionare con cura tutta la valanga di materiale che ricevi ed è molto facile che a volte qualcosa ti sfugga.
A dispetto di molti dei tuoi colleghi, perché non hai una label tutta tua? Non credo che tu non c’abbia mai pensato, giusto?
Sono cresciuto in un’epoca dove i ruoli erano definiti. Il proprietario di un club faceva il proprietario del club, così l’art director ed anche il label manager. Questo probabilmente mi ha condizionato e non ho mai preso in considerazione di sviluppare una label mia. Più che una label un brand, perché oggi molti artisti puntano a quello. E’ andata così e sinceramente non ho altri motivi per giustificare questa mia condizione. Di label manager come ad esempio Dave Piccioni oggi in giro ne vedo pochi. Ma quello che dico può anche non fare testo perché l’era digitale ha praticamente cambiato tutte le carte in tavola.
Nel corso degli anni hai suonato e possiamo dire ‘vissuto’ con i maggiori esponenti della scena: Carl Cox, Sven Vath, Paul Van Dyk, Danny Tenaglia, Villalobos, Fatboy Slim. Puoi raccontarci qualche aneddoto o ricordo speciale legato a uno di questi artisti?
Possiamo aggiungerci anche Loco Dice che ho lanciato come dj al Circo Loco o Mark Spoon che considero uno dei più grandi di tutti i tempi e che purtroppo è scomparso qualche tempo fa. Ricordo in modo particolare la casa di Danny Tenaglia con un vero e proprio dancefloor ed un soundsystem che spaccava. Non credo che nessun altro abbia una casa del genere.
Cosa puoi anticiparci della ormai prossima festa di chiusura del Circoloco e soprattutto cosa c’è nel tuo irrefrenabile cantiere per il futuro?
Riguardo la festa di chiusura del Circo Loco credo che sia tutto nella mente di Andrea Pelino. Comunque sarà sicuramente un grande happening all’insegna del divertimento e della qualità della proposta musicale. Per il futuro vedremo.