Parlarvi di Rune Reilly Kölsch senza tralasciare alcun particolare di una carriera musicale lunga più di quindici anni, durante i quali il produttore e dj di origini danesi (ma tedesco di adozione) si è mosso obliquamente, dando alle stampe lavori dalla cifra stilistica assolutamente peculiare, è impresa ardua. Ci sono venute incontro le sue parole, che tracciano una linea immaginifica di suggestioni, colori, esperienze vissute, che riportano all’elettronica sull’asse Detroit-Chicago e ad una passione per l’armonia che viene fuori in ogni sua traccia. L’occasione della chiacchierata è l’uscita del suo ultimo disco dal titolo “1977”, come la sua data di nascita, regalo prezioso per chi lo ha sempre seguito e biglietto da visita per eventuali nuovi fan che hanno voglia di scatenarsi in pista ma anche di ascoltare buona musica dalle cuffie del proprio stereo.
Districarsi nella tua discografia è impresa ardua: lavori autografi, altri in compagnia di tuo fratello, fondazione di etichette musicali e progetti paralleli utilizzando le più svariate denominazioni. Il comune denominatore il tuo amore verso l’elettronica sull’asse Detroit-Chicago? Però anche la scena berlinese ti avrà influenzato…
Il mio faro è la scena house di Detroit/Chicago. Amo da sempre la combinazione di energia e talento naturale degli artisti di Detroit, competenti sia sul piano tecnico che quello emozionale. Quando iniziai a fare musica, nei primi anni ’90 fui molto ispirato dalla techno in senso lato, dalla sua diffusione mondiale. Detroit ispirò la scena tedesca, la Germania ispirò a sua volta l’Inghilterra e quest’ultima la Francia. Era la nascita di qualcosa di nuovo, c’era ispirazione dovunque.
Cosa ci dici invece dei moltissimi riconoscimenti internazionali ricevuti come dj e produttore, di quale sei più orgoglioso? Tra l’altro nel music biz ti adorano (da Lady Gaga a Laurent Garnier).
Credo che bisogna rispettare il talento senza badare ai generi di riferimento. Se hai successo in campo musicale e riesci a vivere di questo oggigiorno, allora hai del talento. So bene quanto sia difficile e quindi ho molto rispetto per gli artisti che si mettono in gioco seriamente. Riguardo ai riconoscimenti non ne ho uno che mi rende più orgoglioso. E’ molto lusinghiero riceverne ma il vero banco di prova è il pubblico e non la critica. Preferisco interagire con la musica e con gli amanti di musica rispetto a mirare e rimirare un premio in una bacheca.
L’album “1977” ci sembra un regalo per chi ti ha sempre seguito ma anche una cartolina da far arrivare a chi magari aveva le orecchie da un’altra parte. Può essere corretta questa impressione?
L’album è molto concettuale e molto emozionante. Tutte le tracce contengono riferimenti alla mia infanzia, 1977 è il mio anno di nascita. E’ stato molto importante per me raccogliere insieme tutti questi brani, con l’aggiunta di materiale nuovo che ho sviluppato durante le mie esibizioni dal vivo.
Le sonorità contenute nel disco rispettano i canoni ritmici “in crescendo” tipici della Kompakt ma sono dense di una sensibilità romantica che sentiamo essere tua, di Rune Reilly Kölsch. Con quale spirito hai costruito questo album?
Come detto, è stato un viaggio a ritroso nel tempo per esplorare la mia infanzia. Tutti i brani riguardano il tempo trascorso in Germania da ragazzo. Ero un bambino solitario e non avevo molti amici, così ho costruito un mio mondo fantasioso rispetto all’ambiente circostante. E’ stato un processo molto terapeutico trasformare questi ricordi in musica. Probabilmente è questo il lato romantico a cui ti riferisci. E’ sempre difficile da decifrare un album appena completato, magari tra un paio d’anni riuscirò a esprimermi meglio riguardo a quello che significa per me.
Non ci piacciono granché le definizioni musicali ma non riusciamo a toglierci dalla testa l’epiteto “4/4 col cuore” per la tua musica, che te ne sembra?
Lo prendo come un complimento enorme. Grazie mille. Se senti che nella mia musica c’è cuore allora vuol dire che i miei migliori propositi si sono avverati.
L’utilizzo degli archi passa attraverso i brani come una sorta di guida. Sei partito proprio da questo elemento per la costruzione dell’album?
Amo gli archi e sarà così per sempre. C’è qualcosa di così delicato nel suono orchestrale, sono assolutamente intenzione ad esplorarlo maggiormente in futuro. Amo il mix di strumenti reali e sequenze sonore programmate.
Quale strumentazione base utilizzi per produrre musica?
Uso Ableton. Ho un semplice computer portatile per quando sono in giro ed un Mac Pro in studio. Ho un sacco di strumentazione ma mi piace sopratutto usare vecchi organi e sintetizzatori. Per esempio l’organo che si sente nella traccia “Goldfish” è uno di quelli degli anni ’70 che ho ereditato da mia zia. Produco utilizzando esclusivamente suoni provenienti dalle macchine, non uso alcun MIDI esterno. Registro e campiono di tutto. Nelle esibizioni dal vivo l’attrezzatura è ridotta al minimo. Uso due computer portatili, due iPad e un controller. Uso anche il Pioneer djm 900 come mixer digitale, suona pulitissimo nei club.
La splendida copertina di “1977” così come i titoli delle canzoni, riconducibili ad un ambiente famigliare, predispongono ad un ascolto casalingo, eppure il disco è fatto per i club. Si può dire che sta a metà strada tra queste due attitudini?
Non l’ho mai considerato come un album per l’ascolto e sono davvero felice che venga percepito in questo modo. Ho giusto prodotto della musica e sperato per il meglio. E’ l’unica cosa che so fare. E’ importante non pensarci troppo su. Gli album possono diventare opere d’arte assolute, ma alcuni solo solo troppo complicati. Per me contava che l’album fosse chiaro nella sua strutturazione. Doveva arrivare in modo diretto dallo studio all’ascoltatore. No barriere.
Cosa ti piace ascoltare quando sei a casa?
Ho gusti molto vari. Amo Apparat, Bon Iver, How To Dress Well, Four Tet ma anche Steely Dan, Dire Straits, Parliament. Mi piace perdermi in mezzo ai miei vecchi vinili e riscoprire brani dimenticati. Ho avuto un hobby per qualche tempo, andavo nei negozietti a comprare vinili di seconda mano scegliendo in modo del tutto casuale, senza conoscere nulla del disco. Quanti bei dischi ho scoperto in questo modo! C’è un mucchio di bellissima musica la fuori che non si trova su internet.
E invece nella tua dj bag quale disco non può mancare?
Hard Brothers – Hardphunk. Un disco incredibile di Richie Hawtin in coppia con suo fratello. Sostanzialmente una roba di funky dura e pura.
Hai già qualche altra idea per il futuro? Magari puoi concederci qualche gustosa anteprima.
Sto sperimentando nuove cose, ma ancora nulla di realmente sostanzioso. Diciamo pure che qualche soluzione inedita potrà essere ascoltate già durante le mie prossime esibizioni dal vivo.
English Version:
Talk about Rune Reilly Kölsch without neglect any detail of a musical career spanning more than fifteen years during which the Danish producer and dj (grown up in Germany) has moved sideways, publishing absolutely unique records, is a difficult task. His own words are helpful and trace a line of imaginative suggestions, colors, experiences, reporting to electronic axis Detroit-Chicago and the passion for the melody, that comes out in every track. The opportunity of the chat is the release of his latest album titled “1977” as his date of birth, precious gift for those who have always followed him but also a business card for any new fans who want to rampage in the club but also listen to good music from the headphones of their home stereo.
Untangling in your discography is a difficult task: autographs works, others in company of your brother, the foundation of music labels and parallel projects using the most varied monikers. The common ground is your love towards Detroit-Chicago electronics? But even the Berlin scene will have influenced you.
My main foundation is from the Detroit/Chicago house scene. I, to this day, have always loved the combination of energy and raw talent that artists from Detroit where so good at emoting. Back when I started making music in the early 90s, I was very inspired by the way techno spawned across the world. Detroit inspired Germany, Germany inspired England and England inspired France. It was the birth of something new, and there was inspiration everywhere.
Tell us about the many international awards as a dj and producer, are you proud of one of it in particular? Among other things in music biz you’re really appreciate (fron Lady Gaga to Laurent Garnier).
I believe one has to respect talent across genres. If you are successful in this business and can make a living out of it these days, you are talented. I know what it takes, and I have a lot of respect for artists everywhere that are working hard. Regarding awards, I don’t have a favorite. It’s very flattering to be the recipient, but the real reward is from the audience, not from jury’s. I choose an interaction between music and music lovers over an award show any day.
The album “1977” seems to be a gift for your followers but also a postcard for those who maybe had ears somewhere else. Could be correct this impression?
The album is very conceptual, and very emotional. All tracks have references to my childhood, 1977 is my birth year. It was very important for me to collect all the releases so far, and add some of the tracks I had been working on in the live sets to create this album.
The sound on the disc respects the rhythmic canons “that grows” typical of Kompakt but there’s also such a romantic sensibility that we feel be yours, by Rune Reilly Kölsch. With what spirit you built this album?
As already mentioned, it was a welcome journey to explore my childhood. All the tracks are about my time in Germany as a kid. I was a loner as a child, and didn’t have many friends so I built my own dream world with the surroundings. It’s been a very therapeutic process to transform these memories into music. Perhaps that’s the romance you are referring to. Its always hard to decipher a piece of music after it’s finished, so in a couple of years I can better understand what this album is for me.
We don’t like much music definitions but we can not take away from the head the epithet “4/4 with heart” to your music, what do you think about it?
I take that as a huge compliment. Thank you very much. If you feel there is heart in my music, that is the best I could ever hope for.
The use of strings passes through the tracks as a kind of guide. You started from this element for the construction of the album?
I love strings, and I always will. There is something so delicate about orchestras, and I’m definitely going to explore this more in the future. I love the blend of real instruments and programmed sequences.
Which basic equipment do you use to produce music?
I use Ableton. I have a laptop for the road, and a mac pro in the studio. I have loads of equipment, but mostly I like to use old trashed organs and synths. For instance the organ on “Goldfish” is an organ from the 70s I got from my aunt. I only produce in the box, so there is no external midi equipment. I always record and sample everything. For the live show I keep it very minimal. I have two laptops, two iPads, and a controller. I also use the Pioneer djm 900 as the sound card. I think it sounds super clean in the club.
The great cover of “1977” as well as the song titles, due to a family environment, prepare to a home listening, but the disc is for the club. Can we say that is a work halfway between these two attitudes?
I never thought of it as a listening album, and I am so happy that it is perceived this way. I just made music and hoped for the best. It is the only thing I know how to do. It’s important not to overthink. Albums can become absolute works of art, but some are just too complicated. It was very important for me that this album was very “clean” in its concept. It had to be directly from the studio to the listener. NO filters.
What do you like to listen when you’re home?
I have a very broad taste. I love Apparat, Bon Iver, How To Dress Well, Four Tet, but I’m also in to Steely Dan, Dire Straits, Parliament. I love to dig through my old vinyl’s, and rediscover old tracks. I had a hobby for a while were I would go to a 2 hand store and buy random vinyl albums without knowing what they were. I discovered so many great records that way. There is so much great music out there that’s not on the internet.
And in your dj bag which disk cannot miss?
Hard Brothers – Hardphunk. An amazing record by Richie Hawtin and his Brother. It is just such a dirty raw and funky record.
Do you already have some other ideas for the near future? Maybe you can give us a tasty preview.
I’m exploring new stuff, but I’m not giving away too mush. Lets just say ill be testing it out in my live sets over the next time.