Parliamo di storia. Di quella politica, precisamente.
Il giovane producer milanese, Shari DeLorian vanta una passione per quella del ‘900, non a caso il suo esordio, sotto l’etichetta colombiana Black Leather Records, prende il nome di Caporetto. La storia mondiale si riflette in modo deciso sulla linea musicale che vede spessissimo l’inserirsi di marcette di clap e rullante. Oggi il ragazzo torna in patria, nella scuderia di RXSTNZ, pubblicando questa piccola perla che prende il nome di “Sunset On Stalingrad” (in free download su Bandcamp). Le altri grandi passioni di Shari sono per l’estetica russa, la musica classica/contemporanea dell’est (Rachmaninov, Šostakovič, Arvo Pärt, Šnitke, Górecki) e per la sua cinematografia (Tarkovskij su tutti).
Tre tracce pensate e composte per stare sottopelle, crescere nell’intimo ed esplodere in uragani oscuri, un’avanzata marziale attraverso territori brulli e inospitali, freddi e spogli, ma nel contempo carichi di spiritualità. Dalle parole dello stesso Shari DeLorian: “E’ un percorso di dannazione e redenzione, condanna e salvezza. Ho composto questo disco dopo aver ascoltato, per la prima volta, la Sinfonia n.7 di Šostakovič, che fu in parte composta (e in seguito eseguita) sotto i bombardamenti di Leningrado.”
Per quasi tutto il disco sono stati usati solo campionamenti di musica russa, sacra, classica.
La title track, che si apre con il suono di sospiri mutanti in un crescendo di tamburi da marcia, fino al chiaro e distinto incedere della cassa, metodico, preciso come un fucile di precisione, rivive la battaglia dell’allora Stalingrado (ora Volgograd), considerata tra i più importanti scontri della storia, perché segna il radicale cambiamento dei rapporti di forza durante la II Guerra Mondiale, dall’avanzata alla ritirata dei tedeschi dal territorio russo. E’ un disco dove l’industrial si fonde con l’IDM e la techno per dar vita ad una bestia immensa e senza rimorsi, a tratti lenta a tratti sfuggevole.
Shari DeLorian, presuntuosamente, auto-etichetta il suo lavoro come downtechno e, ascoltando attentamente, non gli si può dar torto. Freddissimi soundscape, cori sacri che paiono di fantasmi e melodie sotterranee, vengono tritati da ritmiche che sono lame. Un lavoro con pochi spiragli di luce, un disco indubbiamente triste ed incazzato, che butta cemento e ferro su quell’incessante lamento di vento e sacralità, unico distinguibile barlume di vita all’interno di tutti i venti minuti di composizione. Shari DeLorian dipinge un tramonto in bianco e nero, per non vederne i colori, rimane sull’attenti come un soldato ed esegue il percorso immodificabile di una storia tremendamente consapevole di quanto fatto.