Sembra che il buio ci abbia avvolti e fatto suoi, è bastato premere play e senti scivolare via “Excess Mortality”, traccia di apertura di “Kinetic Image”, il nuovo album su Delsin dell’olandese Conforce. Dieci tracce che, come brividi, striciano liquide attraverso gli angoletti più bui e freddi dei nostri pensieri. Un disco tutt’altro che leggero, questo, se non fosse per i messaggi indiretti che la musica di Boris Bunnik trasmette (non ci saremo mica dimenticati di “Wave Trace”, vero?), da sempre ascensore verso un piano della realtà condivisa poco incline ai compromessi del clubbing contemporaneo. Un disco che sazia l’appetito di chi si nutre di malessere e che, sadico, non aspettava altro che lo streaming dell’album (regalatoci in questa occasione da Resident Advisor) per annusare l’odore acre dei suoi riverberi (“Anti-Adaptive State” e “Semantic Fields”), la gomma masticata dei suoi bassi (“Abdundance Of Selves”) e le venature industriali e arrugginite del suo suono (“Underwater Settlers” e “Spatiotemporal”).
Sinuoso nell’avvicinarsi, ma poi algido al tatto, “Kinetic Image” è quella mano fredda che si poggia sul tuo collo e ti ricorda, come quando ti comunicano una brutta notizia, che la vita può essere più merda di quello che hai sempre pensato. Estremamente contemporaneo, direbbero gli storiografi della techno; vero, dico io che in certi sentimenti riesco a calarmici con una disinvoltura di cui talvolta farei comunque a meno. Però Conforce è proprio così, vero dalle ossa alla punta dei capelli e la sua musica lo è altrettanto; è sincero e mai forzatamente prolisso perché consapevole della forza della sua musica vuota (ma assordate) e glitchata (ma avvolgente).
Insomma Conforce, stravolgendo il famoso detto: è capace di uccidere con coltello e forchetta. Senza sorridere, ovviamente, perché all’olandese non piace prendere in giro nessuno.