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[tab title=”Italiano”]Conosciamo il dj inglese Alexander Coe, aka Sasha, un pioniere della UK dance, arrivato dal Galles e formatosi come autodidatta nei locali di Manchester. Lo scorso marzo Sasha ha pubblicato il terzo volume del remix album Involv3r, un raffinato esempio di house dove si percepisce la mano dell’artista che riscrive le tracce creando un affascinante e ordinato insieme sonoro che spazia dalla deep house alla techno, con chiari richiami club. Ne è passato di tempo da quando Mixmag lo aveva messo sulla copertina del giornale (era il 1994 e Sasha si era già guadagnato le prime cover tre anni prima) con il titolo “Sasha, son of god?” per celebrare l’apice di Renaissance Records. Lo abbiamo intervistato perché ci raccontasse della sua storia e dei suoi successi, tra etichette indipendenti, club malfamati e sperimentazioni sonore.
Partiamo dagli esordi, l’inizio della tua carriera musicale non è stato, come dire, volontario e nemmeno tanto piacevole. La tua matrigna ti obbligava ad andare a lezione di pianoforte, cosa che non ti faceva impazzire dalla gioia. Era per caso dovuto agli studi quotidiani sullo strumento?
Sì, odiavo dover studiare tutti quegli esercizi e in realtà non mi piaceva nemmeno la mia insegnante. Era molto difficile ed effettivamente preferivo giocare a calcio con i miei amici.
Perché secondo te, allo studio della musica è spesso legata questa idea di autorità e severità? Pensi che sia necessaria?
È ovvio che ci sono delle persone a cui basta prendere in mano una chitarra o sedersi ad un pianoforte e a cui viene naturale fare quello per cui sono dotati. Ma in generale, il 99% di quelli che studiano musica, devono lavorare molto e con grande disciplina, soprattutto da bambini. È necessaria disciplina e una figura esterna che eserciti un ruolo autorevole, per spingerti a continuare. In realtà con la mia matrigna avevamo un rapporto complicato e usavamo il pianoforte come uno dei nostri campi di battaglia. Quando a 16 anni me ne sono andato da casa, ho smesso di suonare il pianoforte, non l’ho più nemmeno toccato per due anni, però quando mi sono trovato in uno studio a dover comporre, mi hanno messo davanti ad un sintetizzatore e ho scoperto che non mi ero dimenticato come si suonavano gli accordi.
Hai detto che il tuo debutto come dj è stato “orrendo”. Ci racconti com’è andata? Che risposta hai ricevuto dal pubblico in quell’occasione?
Non è stata per niente un’esperienza negativa! Tutti i miei amici che sono venuti a sentirmi si sono divertiti moltissimo ed è per questo che ho continuato ad essere invitato a suonare. Ma sono convinto che gli altri dj pensassero che fossi un incapace perché quella volta avevo con me una ventina di dischi, di cui ognuno era un best hit e ho continuato a metterli su per tutta la sera, uno dopo l’altro, senza assolutamente avere idea di come fare un buon mix. Per essere sincero, non sapevo la differenza tra pitch e volume control! Letteralmente non avevo la consapevolezza e le competenze necessarie per quello che stavo facendo, ma quella sera ho messo in piedi un set con una dose talmente massiccia di musica che i miei amici si sono lanciati in sala e hanno ballato come dei pazzi tutta la notte. Alla fine il promoter è venuto da me dicendomi che mi avrebbero chiamato anche la settimana successiva. Non avevo assolutamente idea di quali fossero gli aspetti tecnici e come far funzionare la strumentazione, ne avevo mai visto nessuno mixare, ma ho accettato ed è così che ho iniziato.
Quindi un poco alla volta sei stato sempre più richiesto e hai iniziato a suonare regolarmente all’Hacienda di Manchester e allo Shelley’s, due dei club più importanti in Galles nei primi anni ’90. Allo Shelley’s in particolare sei stato resident dj per molti anni, ma poi hai deciso di andartene per alcuni episodi di violenza capitati nel locale.
Sì, è stato tanto tempo fa! Il club è stato poi chiuso per quei problemi, alla fine ritirarono la licenza ai gestori e il locale dovette chiudere. Ho assistito di persona ad alcuni episodi decisamente spiacevoli, in pratica le gang si fronteggiavano durante le serate e questo ha ucciso il club. Lo Shelley’s non era per niente male, lo avevamo scelto perché distava un’ora e mezza da Manchester e pensavamo non fosse interessato da episodi di violenza, peccato però perché sono stato testimone anche lì di scene piuttosto brutte.
Perché secondo te in alcuni club e festival avvengono questi episodi? Chi va a ballare vorrebbe semplicemente, divertirsi e lasciarsi andare, non pensi?
Non penso che ci sia un motivo particolare, può capitare che accada qualche rissa a volte. Ma ci sono alcune occasioni o festival dove possono avvenire con maggiore frequenza, ad esempio ad Ibiza, soprattutto in estate, quando arrivano sull’isola ondate di stranieri di tutte le nazionalità, tutti bevono e qualcosa può succedere. Ma non penso che in genere i club siano delle calamite di violenza. Il fatto è che a Manchester i locali erano gestiti dalle gang, che poi li usavano purtroppo per farsi la guerra tra loro.
Passiamo a cose più interessanti, nel 2007 con Renaissance Records hai fondato la tua etichetta emFire, poi hai dato vita a Last Night On Earth. Che cosa hanno di diverso le due label e dopo sei anni, quali sono i risultati di questi progetti?
emFire era semplicemente un mezzo per pubblicare la mia musica, non la consideravo una vera e propria label, era solo un veicolo, poi purtroppo l’esperienza è terminata quando Renaissance Records ha avuto problemi finanziari. Last Night On Earth invece è un’etichetta a tutti gli effetti, per cui pubblico le mie produzioni, realizzo remix di nostri artisti, ma principalmente pubblico regolarmente musica di altri producer. Questa è una label a tutti gli effetti, al contrario di emFire.
A cosa state lavorando adesso? Qual è in particolare la produzione che più ti ha appassionato e cosa avete in cantiere per i prossimi mesi?
Sono orgoglioso di rilasciare musica di grandi artisti che fanno dell’ottima elettronica, come il duo italiano Hunter/Game, di cui abbiamo pubblicato bellissima musica. È importante anche avere uno staff affiatato e ben strutturato, composto da persone che sanno ascoltare e scovare ottima musica in giro. Siamo una grande squadra e siamo tutti entusiasti del nostro lavoro e della ricerca musicale che portiamo avanti. Alcuni nostri artisti collaborano anche con altre label, magari con un intento più commerciale, e sono quindi molto soddisfatti di partecipare al nostro progetto più rivolto alla musica underground e con obiettivi più artistici, che di successo commerciale o economico.
Certamente molti artisti sperimentali, quest’anno si è fatto notare in particolare l’EP di Ejeca, uscito a gennaio e che ha ripescato sonorità passate…
Siamo costantemente alla ricerca di nuovi talenti e artisti emergenti e ci teniamo a sviluppare diverse collaborazioni. Abbiamo quindi avuto con noi persone come M.A.N.D.Y., Max Cooper e James Teej. Abbiamo pubblicato l’album dei Ghosting Season [The Very Last Of The Saints], interessante elettronica sullo stile dei Modeselektor. Poi ancora Hunter/Game e ThermalBear, che penso diventerà presto uno dei migliori in circolazione, tutto quello che ha pubblicato con noi è stato sempre eccezionale. Ha anche collaborato con me alla produzione di Involv3r e sono convinto che farà molta strada! Abbiamo pubblicato poi musica di diversi producers inglesi, come Ejeca e Simon Baker. Ejeca è fantastico, la sua musica è una sorta di revival della house anni ’90. Penso che questo artista rappresenti bene la tendenza del sound attuale made in UK, che è un po’ come se UK e Berlino si fossero incontrati e avessero reinventato il suono della metà degli anni ’90, molti dei producers oggi hanno ripreso quella musica e l’hanno fatta rivivere. È un sound fresco e intrigante, nonostante abbia una buona dose di echi UK sound in mezzo. Non è tutto così nella label, ma mi accorgo che stiamo andando in quella direzione, plasmando le scelte e le idee musicali verso un contenuto che abbia una grande ricchezza melodica. Ed è quello che successo appunto con Ejeca e James Teej. In pratica il vecchio sound proveniente da UK, Detroit e Berlino si è mischiato a quello attuale dando vita a qualcosa di molto vivo e contemporaneo.
“Non è tutto così nella label, ma mi accorgo che stiamo andando in quella direzione, plasmando le scelte e le idee musicali verso un contenuto che abbia una grande ricchezza melodica.“
Per quanto riguarda la tua carriera di producer, si è costruita attorno successo di produzioni come Northen Exposure, Fundation NY e Involv3r. Quest’anno hai rilasciato il terzo remix album Involv3r, come hai scelto le tracce di cui hai poi fatto i remix?
A dire il vero non ho stabilito un criterio vero e proprio. Ascolto molta elettronica soprattutto di band, non necessariamente musica da club e sono costantemente alla ricerca di qualcosa di interessante che poi possa funzionare nel mio album. In realtà non saprei dire, quando mi capita di ascoltare un brano giusto, penso “ecco, questo è perfetto per Involv3r!”. In fase di lavorazione ci siamo trovati con una mole gigantesca di musica, che poi abbiamo dovuto selezionare. Se avessimo usato tutto quanto il materiale, molto probabilmente avremmo pubblicato non uno, ma due album interi. Abbiamo poi deciso di pubblicare a parte con Last Night On Earth tutta la musica più bella che non siamo riusciti a mettere nell’album, come Bonobo, Home Video e Keep Shelley in Athens. Non so spiegare come mai non siamo riusciti a includere tutto quello che avremmo voluto, ma fare un album è un po’ come stare in un sottomarino, senza in pratica vedere la luce del giorno per 6, 7, 8 mesi!
Bel paragone! E più o meno quando avete iniziato a lavoraci?
Beh la prima traccia che mi ha fatto venire in mente la realizzazione di un nuovo album, cioè quella di Home Video, è arrivata a ottobre di due anni fa, ma esattamente lo abbiamo iniziato a gennaio. Da quel momento ci siamo dedicati all’album per tutto l’inizio dell’anno, facendo una pausa durante l’estate e riprendendolo di nuovo in ottobre, per poi arrivare a gennaio del nuovo anno. Sì, in pratica un anno, escludendo i mesi da maggio a settembre.
Qualcosa su software e strumentazione che hai utilizzato per Involv3r?
Lo abbiamo realizzato utilizzando principalmente Ableton e come interfaccia abbiamo usato l’Universal Audio Apollo Quad con i plug-in UAD, che trovo molto efficaci. Abbiamo lavorato molto con sintetizzatori analogici, come l’MS-20, MS-50, ARP 2600 e il Moog Taurus, con cui abbiamo creato quello stile decisamente analogico che si può sentire nell’album. Quando poi scrivo musica uso Access Virus, compongo una sequenza, una linea di basso o altro e lo mando direttamente al dekstop e sostituisco la versione di Virus con quella analogica. Il più delle volte mi metto davanti alla mia tastiera, su cui suono, scrivo e faccio tutto.
C’è un motivo preciso per cui continui ad utilizzare questa strumentazione un po’ retro?
In verità ho riscoperto col tempo questi strumenti. Avevo una serie di sintetizzatori che avevo comprato anni fa e che avevo messo da parte, non usandoli più, anzi stavo pensando di venderli. Infatti avevo iniziato ad aggiustarli proprio per venderli e quando per puro caso mi sono messo ad usarli di nuovo, mi sono detto “wow, questa roba è pazzesca!” e ho continuato a farci musica. Ora ovviamente la mia esperienza su come programmare sintetizzatori è decisamente migliorata, se contrapposta a 15 anni fa quando ho comprato gli strumenti – e non sapevo esattamente come metterci le mani! Sono particolarmente affezionato all’ARP 2600, un vecchio e magnifico strumento, ogni volta ci ricavo sempre qualcosa di magico!
In un tuo dj set come cambia invece l’attrezzatura? Usi diverso materiale o cerchi di mantenere lo stesso setup?
Certo, cambio sempre il mio setup, mi piace provare tecnologie nuove. Purtroppo non uso più vinile ma mi sposto tra Traktor e Rekordbox e il più delle volte cerco di usare il CDJ 1000. Usavo quasi sempre Ableton, ma dopo un po’ mi sono stufato.
Siamo al termine, un’ultima nota. Dieci anni fa ti è capitato un incidente rischiosissimo per un musicista, hai avuto problemi al timpano dell’orecchio in un incidente stradale. Hai mai pensato alla tua vita senza musica? Quale altro lavoro avresti fatto altrimenti se non fossi un musicista?
È stato un momento bruttissimo, anche se poi ho scoperto che può capitare spesso a chi pratica sport o anche ai bambini mentre giocano. Per un musicista è certamente molto più complicato, ma per fortuna non è stato un incidente grave e tutto è passato relativamente in fretta. Questa pausa, se vogliamo, mi è servita per concentrarmi a scrivere molta nuova musica, gran parte di quello che ho scritto in quel periodo è poi andata a finire nell’album Airdrawndagger. Quindi alla fine non tutto il male viene per nuocere. Se si fosse concluso in maniera peggiore invece – e conosco alcuni dj a cui è capitato di dover smettere del tutto o ritirarsi in parte dalla carriera – non so che cosa avrei fatto. Spero che non capiti mai! In ogni caso mi piace cucinare, mi piace molto l’architettura, ma non sarebbe stato facile, perchè non avevo finito la scuola. In genere, quando ho del tempo libero, lo passo in cucina a prepare qualcosa di buono per la mia famiglia.[/tab]
[tab title=”English”]We interview the British DJ Alexander Coe, aka Sasha, one of the masters and most vital pioneers of the UK dance scene, grown up in Wales and kind of self-taught in the clubs of Manchester. Last March Sasha delivered the third act of the Involver remixes album, a refined example of house music in which the artist cleverly reworks carefully chosen tracks into a well balanced and fascinating double CD, moving from deep house to techno, adding some nice club atmospheres. It’s been a long time since Mixmag made him the cover star back in 1994 (it happened for the first time even 3 years before) to celebrate the climax of Renaissance Records. The opening title stated “Sasha, son of god?”. On this occasion he talks to us about his early start and his successes later on, ranging from independent labels, notorious clubs and musical research.
Getting into music was not that automatic and volunteer for you. Your stepmother forced you to take piano lessons you didn’t want to take. Was for the hardness of the piano exercises?
Oh yeah, I hated the exercises and I didn’t like my teacher either, so it was difficult and I just want to be honest, I liked to play football with my friends.
In your opinion why and how is music sometimes linked to authority and severity? Do you think it is really necessary? Why is that?
Well I think there are obviously some people that can just pick up a guitar or sit at the piano and do certain things they are naturally gifted. I think most people, 99% of those that learn music, they have to work really hard and you need discipline especially when you’re a child! You need discipline and you need authority to kind of push you and for what concerned me and my stepmother, well we didn’t have the greatest relationship when I was young so we kind of used the piano as a battleground. The moment I left the house when I was 16 years old, I stopped playing the piano, I didn’t touch a piano for a couple of years but then I was booked to go to a studio to start making some music and of course I sit in front of a synthesizer and I know how to play some chords and stuff, and suddenly I was like “ok I can do it!”
As you once said, your debut in DJing was “absolutely horrendous”. Can you tell us a little anecdote about it? What kind of feedback did you receive during that set?
It’s not I got bad feedback at all! All my friends came to the gig and they thought it was amazing, which is why I kept being booked, but I think the other DJs just thought I was an idiot cause – literally – I only had about 20 records and each one of them was a massive hit. I just played them all back to back and I really didn’t know how to mix and I thought the pitch control was the volume control… I mean, I really didn’t know what I was doing at all but I just dropped some massive tune after massive tune and all my friends took over the dancefloor and went crazy. And at the end of my set the promoter came and said “we’re going to book you next week”. Cool! I had absolutely no idea what techniques there are or how to work anything. I hadn’t seen anyone properly mix before so it was a mess but, you know, it got me started!
So little by little you increased popularity and visibility playing at the Hacienda in Manchester and Shelley’s in Stoke, two of the most famous clubs in Wales in the early ‘90s. In particular, the second one became your residency for several years until you decided to leave this position because of gang violence in and around the club.
Yeah that was a long time ago! Then the club kind of got shut down because of that, you couldn’t continue cause they lost their license. It was time to move on. There was a lot of horrible stuff going on, a lot of the gangs where fighting their battles during clubnights and they killed the Hacienda really. Shelley’s wasn’t so bad to be honest, the reason we chose that venue was because it was an hour and a half from Manchester, away from the violence so yeah it was sad thou, they decided to fight their battles inside the club and I saw really nasty things back there.
Why, in your opinion, is violence so present in club culture? I mean, people could just go to clubs and festivals spending some nice time, enjoying the music and let everything flow when dancing, don’t you think so?
I really don’t think there is a cause, you see some fights here and there, there were certain times and festivals where I know it can be difficult, you know August in Ibiza, whit a huge influx of lots of different nationalities and everyone drinking and stuff. I’ve seen some fights break out but I think in general the clubs don’t really attract violence. It was different in Manchester, the clubs there were being run by gangs so they were using their clubs as their battlegrounds, unfortunately.
Well, let’s pass on to brighter things. In 2007 you founded a record label with Renaissance Records called emFire, then you founded Last Night On Earth. After 6 years can we talk about the results of that project?
emFire was just a vehicle for me to put my own music out, I never really looked at it as I was going to build a proper label, it was just something for me to put my own records out and unfortunately it died when Renaissance Records went through some financial difficulties, it had to die really. With Last Night On Earth I’m running it as a proper label and yes I am involved in it in terms of putting my own tracks out, every now and then I do remixes for somebody ours, but it’s very much about regularly releasing music of other artists and stuff. It’s much more a label, emFire instead was just an exclusive outlet for my new music.
What going on at the label right now? Which has been your favourite project up to now and what do you want to tell us about future releases?
I’m proud to be putting out some really interesting electronic music, like the Hunter/Game guys from Italy have been releasing fantastic stuff for me and it’s just nice to actually have a really strong network of people at the label now who’ve got really good ears, they really have their ear to the ground. It’s just really nice to be running a label being surrounded by people that are clued up and are really excited about the music. I mean, they work on some other projects as well which are much more commercial, so then they are really happy to be working on this label and we are all not doing it to make a lot of money out of this thing. It’s all kind of underground music and interesting music as well, yeah.
There have been lots of experimental artists too, for example the Frequency EP by Ejeca, released in January, has been a top album!
We are always looking for up and coming people and we do lots of collaborations. We’ve had people like M.A.N.D.Y., Max Cooper and James Teej doing collaborations, but then we also put some other stuff out, like the Ghosting Season album out, which is a really interesting electronic album in the source of Modeselektor kind of vein. Then we have people like the Hunter/Game Guys and ThermalBear. The latter I think is going to be a really really important electronic musician, cause everything he seems to deliver to us is fantastic. He collaborated with me actually in the Involver record, helping me with a lot of production towards the end of the album and I think he’s gonna go a long way. We put some stuff out from Ejeca as well and some other English producers, Simon Baker who has released some awesome stuff for the label. Take Ejeca, his music is like a revival of house from the last decade, I think that sound is kind of what’s happening with the UK right now, it’s almost like the UK and Berlin have come together and it’s like they’ve reinvented the sound from the mid ‘90s, because a lot of the producers who are making the music kind of took years off! It’s got such a fresh edge to it, it has very much got a UK sound through it. I mean not everything in the label is like that but I do feel the label is in some respect getting a sound to it, there’s always a melodic content, definitely some kind of melodic element to the tracks. You know, the Ejeca stuff, his album as well is very very good, and the James Teej album as well. It’s just a whole kind of UK, Detroit, Berlin old mixed to new sound going on at the moment. It’s very cool, very fresh!
“I mean not everything in the label is like that but I do feel the label is in some respect getting a sound to it, there’s always a melodic content, definitely some kind of melodic element to the tracks.“
And about your carrier as a producer, it’s built upon solid and successful projects like Northern Exposure, Fundacion NY and Involver. During this year, you released the third act of this remixes album, Involv3r. What are the criteria you used to select the tracks to remix?
I don’t know really. I listen you know to a lot of electronic bands, not necessarily club music. I’m always earning stuff I could then translate into something that would fit into my album. I don’t know, whenever I hear those tunes I just have it straight away saying “ok that’s definitely an Involver record!”. We went through a lot of stuff and much ended up on the cutting room floor for that album. We probably recorded about two albums with the music. So we just actually released the strongest kind of things that didn’t make the album on the Last Night On Earth things, the Bonobo, Home Video and the Keep Shelley in Athens track, they didn’t make on to the album and I don’t really know why. Making an album sometimes is like being in a submarine, not seeing daylight for 6, 7, 8 months!
I like that! And when did you first get started with it?
Let me see, the first track that we did, which kind of made me think we should start working on the album, the Home Video track, that was like October 2 years ago, but we really started it last January in words. We worked kind of beginning of the year, then we took the summer off and then we got back into it in October then we worked through to January. Yeah it took a year but we took May, June, July, August and September off in the middle.
What kind of equipment and software did you use for your last album?
We did it mainly on Ableton on an iMac, we used the Universal Audio Apollo Quad with UAD plug-ins which are really really nice. We did a lot of work with old analogue synthesisers, the MS-20, MS-50, ARP 2600 and Moog Taurus. With my analogue gear and stuff they came out a lot of the nice analogue sounds which I think are very much present in the album. When I’m writing music I have an Access Virus and I just write with that constantly. A lot of the time I write a sequence, a bass line or something like that and then it immediately goes out to the analogue gear and then I replace the Virus version with the proper analogue one. Most of the time I sit in front of that one keyboard, that’s what I play on and write with as much.
What is the reason you keep on working with this kind of retro instruments?
I only just rediscovered them, really. I had all these synthesisers which I bought years ago when all this stuff was sitting in storage and I wasn’t using it, I was about to sell it. I started getting the stuff fixed so that I could sell it and then I started playing with it and I said “wow this stuff is amazing!”. Also my knowledge how to program synthesisers is now, as opposed to 15 years ago when I bought these things – when I really didn’t know what I was doing – much better. Especially things like the ARP 2600, it’s such a beautiful old instrument, every time we go to that synthesiser we get something magic coming out of it.
And what kind of setup do you use when it comes to DJing? Do you ever change your equipment from time to time?
Yeah I do, I go backwards and forward between things. I don’t play vinyl anymore unfortunately but I work between Traktor and rekordbox, but most of the time I’m trying to use the CDJ 1000, I used to play with Ableton but I just got bored with that.
In the end, about 10 years ago you experienced maybe the worst complication for a musician: you perforated eardrum in a car accident. Have you ever thought your life without music? What kind of job would you have done?
That was a scary time, you know. I found out it happens a lot with sport injuries and even kids in the playground. I think for a musician it sounds very serious but fortunately it was just a minor accident and it fixed itself very quickly and actually it forced me off the road for a few months and I just wrote a lot of music. A lot of the music I wrote in that period ended up coming the Airdrawndagger album. So you know, it was kind of a cloud with a silver lining, I think. If it had been worse than that, I know a few DJs that had to quit or at least step back their DJing very much, I pray that it will never happen! I don’t know what I would have done, really, well I’m interested in food, architecture, but I never really finished my school. I spend most of my time off the road in the kitchen cooking for my family, so…![/tab]
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