Al di là di tutte le le classifiche e i riepiloghi possibili, quest’anno è stato interessante osservare le mosse migliori sfoderate dal sesso femminile, spesso corrispondenti coi momenti più vivaci e spiazzanti dell’anno in chiusura. Per questo ci piace l’idea di dedicare l’ultimo #crumbs dell’anno al gentil sesso, ai cinque album a firma femminile che ci hanno fatto più discutere in questi dodici mesi, compresi i casi in cui alla fine ci siam ritrovati con opinioni divergenti. Un modo per ricordare il plusvalore che le donne sanno dare al nostro mondo e che quest’anno han goduto di maggiore visibilità. Questa la nostra selezione femminile oggi, in attesa che nomi emergenti come FKA Twigs e Sophie esplodano definitivamente nei prossimi tempi.
[title subtitle=”Una prestigiatrice in casa Hyperdub: Jessy Lanza”][/title]
Il perché uno come DJ Rashad sia finito tra i primi dieci posti praticamente di ogni classifica di fine anno e Jessy Lanza invece no, resta uno dei misteri più fitti di quest’anno. Certo, per molti il primo avrà rappresentato l’ultimo contributo Hyperdub alla novità estetica (che però è in giro da più di dieci anni, nemmeno troppo diverso da adesso), mentre la seconda solo una nuova leva ancora da scoprire. E invece è tutto il contrario, diamine: quel che ha fatto Jessy Lanza è stato prendere uno dei pochissimi veri trend di quest’anno, il nuovo r’n’b che ha schiarito la voce a inizio anno per mano di mosse più o meno popular come Jamie Lidell, AlunaGeorge e Justin Timberlake, e convertirlo a una raffinatezza estetica ai limiti dell’impossibile. Un fenomenale gioco di prestigio, in cui convivono sia la presenza autorevole delle sfumature modern bass, sia un appeal vocale che se lo scopre Diplo siam rovinati. Al momento l’equilibrio è pressocché perfetto, cielo voglia che si mantenga sempre così.
[title subtitle=”Stellar Om Source: come fosse la prima notte di nozze”][/title]
Apparsa nella nostra scena praticamente dal nulla, con un passato musicale dal forte tratto new age, quest’anno Christelle Gualdi ha pensato bene di mettersi in gioco sul fronte techno, nell’accezione più intellettuale e fantasiosa del genere. La differenza è nell’approccio, più vicino a quello di una vivace adolescente in preda all’entusiasmo delle prime volte, che al professionista navigato alla ricerca di conferme. Il perché il disco è finito per diventare una delle migliori release techno dell’anno ce lo spiega lei stessa nell’intervista: è musica che si muove sempre in maniera inaspettata, non rassegnandosi mai allo schema fisso e non stando mai ferma. Tiene l’ascoltatore sulle spine come stesse assistendo a un live di cui non conosce la scaletta. È esattamente quello di cui ha bisogno la techno oggi: far tabula rasa e ripartire da una paillette bianca, con massima libertà d’azione. Come fosse la prima notte di nozze. Il primo che prova la necessità di suonare secondo struttura nota è morto.
[title subtitle=”…e M.I.A. fece la voce grossa”][/title]
Per caso a qualcuno è venuto in mente di leggere il sound dell’ultimo album “Matangi” alla luce delle vicende di carriera di M.I.A.? Una visione interessante ce l’ha fornita un paio d’annetti fa proprio l’ex Diplo, una retrospettiva a cui va tolta la componente rancorosa ma che resta comunque valida: perché di fatto la M.I.A. migliore ad oggi resta sempre quella di “Paper Planes”, civettuola e ben disposta a farsi plasmare liberamente dal suo producer di fiducia. Dopo quella hit, però, la ragazza ha tirato fuori le unghie e ha voluto cominciare a dettar legge da sé. Con Diplo ha rotto, con l’album “Maya” non ha esattamente convinto tutti e quest’anno ha pensato bene di sbattere in faccia a tutti la propria identità genuina: “Matangi” dà proprio l’impressione di un disco pensato per far risaltare a tutti i costi l’estrazione anti-occidentale della protagonista, infilando folklorismi medioorientali ad ogni angolo. Un “That’s Me!” urlato al mondo, anche con una certa insolenza. A molti la cosa è piaciuta, ad altri è sembrata un capriccio privato, di sicuro il dibattito s’è acceso anche stavolta. Noi ci teniamo “Bad Girls” che resta una botta d’inventiva come pochi, su quello siam tutti d’accordo.
[title subtitle=”Laurel Halo mette la testa a posto”][/title]
Se n’era passati di capricci, Laurel Halo, fino a ieri. Era passata tra le grinfie della witch-house agli inizi, aveva frequentato l’élite dell’ipnagogico coi FRKWYS insieme a Ferraro, Lopatin, Borden e Godin. Pure l’anno scorso con “Quarantine” era venuta fuori la vena schizoide e ci siam ritrovati in mano una collezione completa di vocalizzi bizzarri e architetture sghembe. Una fricchettona, insomma. E per quest’anno nessuno in fondo s’aspettava nulla di tanto diverso. Poi ascolti “Chance Of Rain” e strabuzzi gli occhi. È proprio lei? Questa techno cattiva, severa e intransigente viene da lei? Quel rullo compressore di ansie industriali che è “Oneiroi” è una sua idea? A quanto pare sì. E il bello è che qui non si tratta della ripresa cosciente dell’identità techno che in un modo o nell’altro stanno mettendo in pratica i professionisti del genere. Qui abbiamo le visioni personali di un personaggio fuori dal giro, che decide di mettere in piazza i propri demoni, i propri equilibri disturbati. Roba che pesa non poco. Roba che ti piglia allo stomaco.
[title subtitle=”Maya Jane Coles sul banco degli imputati”][/title]
E alla fine, ecco un caso in cui ci siam ritrovati un po’ tutti in disaccordo. Maya Jane Coles l’aspettavamo da almeno due anni, si era fatta strada tra le nostre attenzioni a colpi di gran pezzi house e aveva già sfoderato tutta la raffinatezza femminile di cui era capace nel DJ-Kicks dell’anno scorso. Poi il problema deve essere stato l’ambizione: con “Comfort” la Coles ha voluto conquistare un pubblico più esteso del solo aficionado house, con pezzi sì di importante matrice deep ma pensati anche per l’ascolto di strada, con un’importante collezione di collaborazioni vocali (quasi tutte donne, peraltro). Per alcuni è stato un piccolo tradimento e la sentenza è stata dura, per altri invece è stato vero pregio del disco. Di sicuro è un’altra perfetta espressione di come la house sia sempre in grado di vivere alla grande il proprio tempo, anche quando il proprio tempo vira decisamente verso il pop. Per i Disclosure d’altronde eravate impazziti tutti, no? Ecco, lei altro non è che la risposta sensibile dell’universo femminile.