Non sono solo stereotipi. Dietro l’immagine nota dell’italiano medio ci sono delle precise attitudini caratteriali che noi nei fatti possediamo più degli altri, come ce ne sono altre che son più diffuse nei francesi, nei tedeschi o negli inglesi. E non sono solo aspetti negativi. Magari da dentro casa non ce ne accorgiamo (o è il nostro tendenziale disfattismo a chiuderci gli occhi), ma l’italiano ha anche diverse virtù per le quali viene apprezzato all’estero. E son cose che emergono anche quando si parla di produzioni musicali. Il #crumbs di oggi è più ambizioso del solito: vuol guidarvi lungo le espressioni fondate dell’essere italiano e lo fa scorrendo alcune produzioni musicali recenti made in Italy. Informazione e riflessione, proviamoci insieme. Che vuol dire essere italiani?
[title subtitle=”Farsi notare il più possibile: Tying Tiffany”][/title]
Beh, noi italiani siam quelli un po’ fracassoni. Quelli che in metro devono sempre parlare una misura più forte degli altri, quelli che amano la teatralità e la mettono in scena ogni volta che possono. Siamo tutti un po’ divi. E questo divismo congenito lo esportiamo da sempre in ogni campo artistico, moda, cinema o musica che sia. Prendete la nostra Tying Tiffany: quando è esplosa ci teneva a presentarsi fin da subito come trendsetter, cavalcando l’electroclash al grido di “I’m Not A Peach” (“non come quell’altra”), e ancora oggi il suo marketing consiste nel vendere l’immagine di sé stessa, prima della sua musica. A febbraio uscirà il suo quinto album, “Drop”, lei ha lo stesso ego di sempre e una storia di video dove metà del tempo passa a guardare il suo mezzo busto. L’ultimo singolo pre-album è “One Second”. E non c’è niente da fare, la smania di protagonismo è il nostro piccolo vizietto mai perso.
[title subtitle=”Collezionare mille talenti: Kaleydowave”][/title]
L’italiano è anche il creativo per eccellenza. L’artista magari bizzarro e fricchettone, ma capace di partorire idee come nessun altro (e apprezzato ovunque per questo talento). Quello che sente sempre il bisogno di sviluppare una passione, di identificarsi in qualcosa che lo faccia sentire qualcuno, che gli permetta di auto-definirsi. Gli altri lavorano 10 ore al giorno e poi tornano a casa a dormire, noi magari abbiamo un part-time precario ma intanto facciamo corsi di recitazione, street dance, tornei di risiko, mountain bike, costellazioni familiari e sesso tantrico. E poi tiriamo fuori prodotti artistici come questa prima compilation a nome Kaleydowave, progetto collettivo creato da due giovanissimi pisani, K U M O e HEDRA, che ha coinvolto un ventaglio particolarmente interessante di produttori italiani di giovane età e grandi ambizioni (Lynch Kingsley/Hymnature, Le Nonsense, Glanko, Lemau). Fa un gran piacere ripensare al mantra di casa, “we want innovation in music”, e scorrere nel frattempo le dieci tracce lungo un percorso sonoro che tocca di tutto, dalla house soulful al nu-jazz, dal dubstep completo delle sue sfumature post- al footwork più esplicito. 50 minuti e decine di direzioni completamente diverse tra loro: provate a chiedere qualcosa del genere a un gruppo di ventenni tedeschi. Free download dal loro bandcamp.
[title subtitle=”Restar fedeli alle buone abitudini: Scuola Furano ft. 88bros”][/title]
Certo, inseguiamo tante passioni e novità ma siamo anche più consapevoli di altri dell’importanza delle tradizioni. Sappiamo da dove veniamo, sappiamo che per fare le cose per bene ci vuole anche esperienza e conoscenza delle radici e conosciamo i nostri valori, i nostri punti di forza. Per esempio sappiam bene che la disco, in tutte le sue sfumature, è la specialità della casa e che ancora oggi questa nostra sensibilità ce la invidiano in tutto il mondo (non serve andare dai Daft Punk, chiedete pure ai norvegesi). E abbiamo ancora i nostri punti di riferimento, che continuano a portare avanti la storia disco in modi più o meno contemporanei. Borut Viola aka Scuola Furano è forse il personaggio più amato nell’ambiente disco nostrano. Sarà quella semplicità irresistibile delle forme, sarà la capacità di suonare tanto internazionale raggiunta coi due album. Sarà che ogni volta che esce una nuova traccia c’è da ballare un sacco: l’ultima è uscita proprio questo mese, “Magma”, e fa parte in realtà dell’EP “Fuckin’ Dancer, Fuckin’ Danger” prodotto dagli 88bros, ennesimo act di cui non si sa nulla ma che è riuscito a coinvolgere tra gli altri nomi come Tayone, Aquadrop & The Golden Toys, Terron Fabio dei Sud Sound System, Bunna degli Africa Unite, Space One degli Spaghetti Funk e pure Tullio De Piscopo. Tu non stare a pensarci troppo, schiaccia play e inizia a gasarti. E bada bene, qui accanto alle “roots” c’è tanta modernità.
[title subtitle=”Lavorare in modo serio: Cubedivision”][/title]
Infine, una cosa è certa: ci mancherà il lavoro e l’economia trascinante, ma quando si tratta di dimostrare che siamo all’altezza di un determinato compito, diamo il 150% per far vedere quanto valiamo. Forse perché ci trasciniamo dietro l’amara consapevolezza che nella vita non avremo molte occasioni, e quindi quand’è il momento conviene farsi valere. Il risultato è che siam capaci di livelli di professionalità, serietà, coscienziosità che gli altri si sognano. E magari nessuno se ne accorge: ti ritrovi ad ascoltare i lavori di Cubedivision, al secolo Max Araldi, un nome di cui pare non si sia accorto nessuno, e ci senti dentro uno spessore e una consistenza che meriterebbe ben più visibilità. L’ultimo lavoro è l’EP “Gamma”, uscito alla fine dell’anno scorso, cinque pezzi di ottima fattura che disegnano una prospettiva techno profonda e cerebrale, realizzata senza correre, lasciando il giusto spazio alle suggestioni astratte. Una specie di spazio libero che è lo stesso ascoltatore a riempire, col suo carico di sensazioni e affinità personali. Uno di quei lavori fatti con impegno e grande scrupolosità, tipico sintomo della presenza di qualcuno che sta lottando per ricavarsi lo spazio meritato. Sul suo bandcamp il free download dell’intero EP.