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[tab title=”Italiano”]Graze è il progetto transoceanico dei canadesi Adam Marshall e Christian Andersen. Lavorano a distanza per permettersi l’un l’altro di sperimentare in modo indipendente, oltre al continuo confronto a vicenda. Il risultato è un suono di contrasti tra generi e umori, frutto anche della distanza tra i background dei due. A dicembre è uscito su New Kanada il loro primo album “Edges”.
Come vi siete conosciuti?
A: Ci siamo incontrati a Berlino circa un anno e mezzo fa, Christian viveva lì. Non ci eravamo incrociati a Toronto, ma conoscevamo l’uno la musica dell’altro e sapevamo di aver lavorato entrambi un filo al di fuori della bass e della techno underground “mainstream”…
C: Sì, in pratica è stato così. Avevamo molti amici in comune ma non ci siamo incontrati finchè non ci siamo trovati entrambi a Berlino. Il primo punto di contatto musicale è avvenuto quando Adam mi ha chiesto di remixare la sua “Ferns” mentre io vivevo ancora a Toronto. Poco dopo essere giunto a Berlino aveva mostrato interesse a registrare con me e così uscì NK34 “Joy/Fear”. Dopo quella abbiamo deciso di scrivere musica insieme.
Cosa vi piace e cosa vorreste di diverso nella scena dei club di Toronto?
A: Non vivo a Toronto da più di quattro anni per cui probabilmente non sono il più indicato per questa risposta… So che Toronto ha sempre avuto ed ha tuttora una scena musicale varia ed appassionata in tutti i generi. Siamo entrambi fortunati ad esserci cresciuti e ad aver assistito all’“impollinazione incrociata” di ogni tipo di musica elettronica e alla sua miscelatura, spesso anche in uno stesso evento.
C: Ho sempre apprezzato come in un modo o nell’altro la musica a Toronto sia sempre stata influenzata da hip-hop e reggae. Il mondo musicale che ho vissuto ha sempre avuto questo elemento di base. Nella musica elettronica gli stili che si sposano bene con questo background hanno sempre riscosso un bel successo. Questo ha sicuramente accresciuto il senso del ritmo di molti del luogo, che penso sia espresso in tutta la nostra musica popolare.
Come è la visione collettiva in Canada nei confronti delle attività creative ed artistiche?
A: Non è spietata come negli USA ma è ancora molto lontana dal supporto che le industrie creative ottengono in Europa. Tuttavia non posso lamentarmi, negli ultimi dieci anni mi sono mantenuto come dj senza bisogno di cambiare stile o focus. A Toronto, dove siamo cresciuti entrambi, c’era un network di supporto collettivo per gente che seguiva le proprie passioni creative; c’era tantissima roba commerciale che ci passava intorno e quello portò davvero l’impegno a fare di testa propria, a fare cose che volevi fare invece di ciò che avrebbe pagato bene o ti avrebbe reso popolare. E se lo avessi fatto avresti avuto un network a supportarti, proprio come una famiglia, ognuno a fare una parte per far sì che le cose avvenissero, dall’organizzazione eventi alla gestione delle etichette, dal supporto tecnico al lavoro sulla rete. Guardo indietro agli anni della mia formazione a Toronto e in Canada in generale e mi sento orgoglioso di averne fatto parte, fortunato di provenire da tutto questo.
C: Toronto è molto diversa e vi si trova molta gente creativa. Questa porta ad un enorme corpo di energia da cui trarre spunto, così il meglio tende a raggiungere il top. E’ una città molto aperta e di sostegno, se proprio dovesse soffrire sarebbe per le troppe persone che provano a fare cose contemporaneamente. La gente qui è ben inserita nel clima e ho visto un cambiamento della cultura verso uno spirito più orientato alla comunità, che penso fosse più presente prima di me. E’ bello vedere le cose tornare su quella strada.
Adam, quando e perchè ti sei spostato a Berlino?
A: In Nord America avevo raggiunto un limite ed era il momento giusto per provare qualcosa di diverso e spingermi un po’ all’estremo. Tutti i miei amici della scena elettronica vi si erano già trasferiti, ero uno degli ultimissimi della nostra crew a spostarmi. E’ stata come una continuazione naturale: è davvero tutto comodo e semplice a Toronto, mentre io sentivo profondamente il valore di forzare il cambiamento ed essere pronto a nuove sfide. Mi attraeva poi poter aver accesso come dj al circuito dei club europei, ogni weekend in nuovi posti stupendi, con gente nuova e fantastica, appassionata alla vera musica innovativa.
Quali sono i vostri background musicali?
A: Sono cresciuto ascoltando la collezione dei dischi dei miei, alla quale mi sono presto ribellato in favore di indie rock e hip-hop. Il primo rock americano mi ha sempre influenzato profondamente sul lato emotivo ed estetico, di solito evitavo qualsiasi cosa industrial o elettronica, la trovavo fredda, dura. Ma a fine anni novanta ho cambiato direzione dopo aver sentito B12 e Aphex Twin e tutta la splendida roba IDM che usciva su etichette come Warp, GPR, Reinforced, Cheap.
C: Io sono un autentico prodotto dell’hip-hop dei primi anni novanta e del metal 80s e 90s. E’ stato il mio pane quotidiano per molto tempo e probabilmente lo sarà ancora a lungo. Ho ascoltato molta drum’n’bass e jungle e questo ha influenzato molto il mio modo di approcciarmi al fare musica; i ritmi multipli sono la base di tutto ciò che creo. Onestamente ho dato vera attenzione solo negli ultimi anni al mondo house e techno ed è stato interessante vedere come poter applicare le mie idee a questo format.
Quali sono i pro e i contro di lavorare a distanza anziché nello stesso studio?
A: In realtà non ci sono molti svantaggi per il modo in cui lavoriamo. Penso che ad entrambi piaccia poter modificare e sperimentare in modo indipendente, non siamo preoccupati di cosa pensa l’altro. Possiamo provare cose ridicole o usare tecniche di lavoro in disuso, non abbiamo paura che l’altro pensi “Ma che c***o sta facendo?!”. Sebbene questi processi siano in genere una perdita di tempo di tanto in tanto producono risultati davvero perfetti, innovativi. Penso che lavorare separati ci permetta di prenderci questi rischi e che questo sia un metodo di lavoro importante per entrambi.
C: Siamo entrambi persone solitarie ed è quindi un grande beneficio essere in condizione di lavorare ad un’idea al proprio ritmo, nel proprio tempo, da soli. Non c’è urgenza o un supervisore ad incombere. Lavorare insieme in studio è stressante e nuoce decisamente al risultato. Mi piace come facciamo, fa emergere le nostre forze individuali e penso sia essenziale per come suona il progetto.
Uno di voi ha l’idea di una traccia su cui lavorare, in base a cosa decide di proporlo all’altro o di lavorarci da solista?
A: In realtà non proponiamo, facciamo e mandiamo all’altro. Se gli piace ci lavoriamo, altrimenti cambiamo o distruggiamo. Ci fidiamo l’uno dell’altro, non è un problema dire: “No, questo non funziona”. E’ prezioso essere abili nel demolire un’idea prima di perdere tempo, altrimenti è come cercare di “vestire a festa un maiale”, si basa tutto sulla fiducia che abbiamo nella visione artistica dell’altro.
C: Abbiamo cumuli e cumuli di idee raffazzonate. Ogni tot mando ad Adam un file zip con sei o sette progetti ad esempio, che sono magari soltanto loop o parti di brani, bassi e sequenze ritmiche, qualsiasi cosa. Lui seleziona ciò con cui entra meglio in risonanza e ci lavora per un paio di settimane, poi rimanda indietro i risultati che gli piacciono. Se qualcosa non torna indietro lo riteniamo insufficiente e ci focalizziamo su ciò che funziona.
Quale caratteristica del lavoro del vostro partner apprezzate maggiormente?
A: Mi piace che provenga da una prospettiva del tutto diversa dalla mia, che non sia influenzato dalla stessa musica, specialmente come dj. I suoi groove sono diversi, lui vede e sente le cose in altri modi.
C: Direi la stessa cosa esatta di Adam; potresti pensare che lavorare con una persona che viene da un mondo così diverso possa confondere o frustrare, ma noi lo vediamo come una possibilità di avere una nuova prospettiva. Per la maggior parte del tempo è davvero eccitante.
Alla voce “influenze” nelle informazioni della pagina Facebook dell’etichetta il link ad una pagina wikipedia particolare, me la spieghi?
A: Non sono sicuro di dove sia questa sezione…(blink).
Adam, qual è il concept di New Kanada, la tua label?
A: E’ grandiosa perchè non ha un concept. E’ slegata, fluida, posso occuparmene senza le costrizioni date dalla necessità di farla figurare in un certo standard. E’ anche gestita come progetto-passione e non come un business. E penso che questo aiuti a poter correre dei rischi senza dovermi preoccupare che si venda o meno.
Parliamo dell’album da poco uscito: come sta rispondendo il pubblico dopo tre mesi? Avete ricevuto qualche feedback particolarmente interessante?
A: Siamo molto contenti della risposta generale, ci sentiamo fortunati per le approvazioni che abbiamo ottenuto finora. Siamo anche contenti che il nostro Live sia stato accolto così bene dal momento che il progetto era stato concepito inizialmente per darci una piattaforma in cui esibirci e improvvisare. Penso che da questo punto di vista guardiamo entrambi più avanti di chiunque altro.
C: Ero molto nervoso sul riscontro di questo disco. Non avevo mai fatto uscire una raccolta di lavoro così completa, credo di non aver saputo cosa aspettarmi. La risposta è stata incredibile e sono grato a coloro che hanno speso del tempo per divulgare la nostra musica e a coloro che hanno apprezzato ciò che avevamo da dire nel disco. Ogni cosa che ho letto indica che la gente capisce davvero cosa stavamo provando a fare, siamo riusciti ad essere chiari.
Qual è il filo rosso tra i brani di “Edges”?
A: Penso che la “contraddizione” sia un filo distinto lungo tutte le tracce. Di solito la nostra roba è abbastanza d’atmosfera, agrodolce, introspettiva, ma anche equipaggiata per l’energia e il flow di una situazione club.
C: Ho sempre cercato una giustapposizione creativa per dire la mia, trovando comunanze tra cose diverse. Ecco, è come il nostro progetto, come noi in quanto persone. Una combinazione improbabile, messa a fuoco sull’importanza delle connessioni, che le esplora appieno, fino al loro massimo potenziale.
Com è il setup del live uscito su XLR8R?
A: Abbiamo improvvisato con molta roba diversa e l’abbiamo cambiata abbastanza frequentemente. Non siamo puristi attaccati alla macchina. Amo i miei synth analogici e non mi libererò mai della mia drum-machine MFB Tanzbar, ma potrei anche produrre su un vecchio computer IBM senza grossi problemi. Se la musica deve uscire lo farà a prescindere da cosa tu utilizzi. Heatsick, che con un Casio spacca tutto, è un buon esempio di come la limitazione può in certe situazioni produrre musica del tutto convincente.
C: Noi ci muoviamo con ciò che funziona, non leggo i forum di strumentazione e non sbavo per la nuova chicca della settimana dal mondo macchine. Ci piace semplice, divertente ed efficace, useremo qualsiasi cosa realizzi questo obiettivo. Fare il live per XLR8R è stata davvero una buona opportunità per renderci conto di cosa sarebbe andato bene andando avanti lungo il percorso, così abbiamo giocato con tanta roba diversa che ha aiutato a formare il set-up che utilizziamo adesso dal vivo. Ma cambierà molte volte entro fine anno, ne sono certo.
Nel mercato musicale quanto è importante secondo voi rientrare in un trend per un artista?
A: Non è importante.
C: Probabilmente aiuta, ma è un tentativo stupido, destinato a fallire miseramente. A nessuno importa di uno che fa ciò che è appena già stato fatto.
Qual è il modo in fase di produzione per non perdersi nelle pressoché illimitate possibilità della musica elettronica?
C: Prendi una strada e stacci.[/tab]
[tab title=”English”]Graze is a transoceanic project of the Canadian Adam Marshall and Christian Andersen. They work remotely to afford one another experiment independently, in addition to the continuous comparison to each other. The result is a contrasting sound between genres and moods, also the result of the distance between the backgrounds of the two. In December their first album “Edges” was released on New Kanada.
Where and how did you meet?
A: We met in Berlin about a year and a half ago, while Christian was living in the city. Though we didn’t know each other from Toronto, we did know of each other’s music – and were aware that we both worked a little outside the “mainstream” underground techno or bass streams.
C: Yeah, basically what he said. We had plenty of mutual friends but didn’t end up meeting until we were both in Berlin. Our original point of musical contact was when Adam asked me to remix his track Ferns while I was still living in Toronto. Shortly after arriving in Berlin he had expressed interest in putting out a record with me and we did NK34 “Joy/Fear”. After that we were hanging out a lot and decided to write some music together.
What do you like or would be different in Toronto’s club scene?
A: Well, I haven’t lived in Toronto for over 4 years, so I’m probably not the best one to comment on this but I do know that Toronto has, and has always had, a very diverse and passionate music scene – across all genres. We were both lucky to grow up there and witness the cross-pollination of every type of electronic music, and melting together into the same events and parties. From techno to reggae, jazz to soca, classic house to indie rock. There were really no boundaries between the genres, and the father I go into the music business, the more I appreciate growing up in the this wild, passionate environment.
C: I have enjoyed how the music in Toronto has always been informed by hip-hop and reggae in some way or another. The musical world I have inhabited here had that element always sitting behind everything. In electronic music, styles that marry well with this background have always enjoyed a great deal of success in the fore. This has of course given most locals a heightened sense of rhythm which I think is expressed in all of our popular music.
How’s collective view in Canada about creative and artistic activities?
A: Well, it’s not quite as cutthroat as the US, but it’s still a far way off the support that the creative industries get in Europe. I can’t complain though… I’ve supported myself as a dj for the last 10 years, without needing to change my style or focus. In Toronto, where we both grew up, there was a collective support network for people to pursue their creative passions. There was so much commercial stuff going on around us, that it really took some effort to hold your ground and do things that you wanted to do, instead of what would pay well or make you popular. But if you did, there was a real family-like support network, and everyone had a part in making things happen – from organizing events, to running labels, to technical support, to networking. I look back on my formative years in Toronto and Canada in general and feel proud to have been a part of things, and lucky to have come from where I did.
C: Toronto is very diverse and there are a lot of creative people here. This leads to a huge body of creative energy to draw from and the best of the bunch tend to rise to the top. It is a very supportive and open city and if it suffers from anything it might be too many people trying to do things at once. The people here are well adjusted to the climate and I’ve seen a shift in the culture towards a much more community oriented spirit, which I think was more present before my time, and it’s nice to see things going back that way.
Adam, when and why did you move to Berlin?
A: Basically, I’d reached a ceiling in North America and it was just time to try something different and push the envelope a little. All my friends in the electronic scene had already moved over there, and I was one of the last last of our crew to make the move. It just felt like a natural continuation of things; everything had got really comfortable and easy in Toronto, and I truly feel it’s valuable to force things to change, and be receptive to new challenges… Additionally, having access to the European club circuit to dj every weekend at awesome new places, with amazing new people, who were also passionate about very cutting-edge music was attractive.
What are your musical backgrounds?
A: I grew up listening to my parents disco collection – which I soon rebelled against and then got into indie rock and hip-hop; the early American rock stuff always influenced me deeply in emotion and aesthetics, and I usually shied away from anything industrial or electronic, as I found it cold and hard. But I changed my direction in the late 90’s after hearing stuff like B12 and Aphex Twin, and all the awesome IDM stuff that was coming on labels like Warp, GPR, Reinforced and Cheap, etc.
C: I am very much a product of early 90s hip-hop and 80s and 90s metal. That was my bread and butter for a long time and probably will be for even longer still. I came up on a lot of drum n’ bass and jungle, and that informs a lot of how i approach making music, poly-rhythms are a staple of everything I create. I have honestly only in the last few years really given attention to the world of house and techno, and it has been interesting seeing how I can apply my ideas to this format.
What are the pros and the cons of long distance working instead of producing together?
A: There actually aren’t many “cons” in relation to the way we work… I think we both appreciate having the ability to tweak and experiment stuff independently, when we’re not worried about what the other thinks. We can try out ridiculous things, or use work techniques that are useless and not have to worry about the other thinking, “what the fuck is he doing?” – because even thought these processes usually are a waste of time, every once in a while they produce results that are really perfect and innovative. I think us working separately allow us to take these chances, and I think this is an important way of working for both of us.
C: We are both solitary people, so being able to pick away at an idea at my own pace in my own time by myself is a huge benefit. There is no urgency or looming supervisor. Working in person in the studio is stressful and definitely affects how things turn out. I like how we do things, it really allows for our individual strengths to shine, I think it really is elemental in how the project sounds.
What’s the main workflow difference between those two situations?
A: see above…
One of you is thinking about a track idea, depending on what he would propose it to the other?
A: We don’t really propose things, we just “do them” and then send them on to the other person. If they like it, they work on it, if they don’t – they change it, or kill it. As we trust each other, it’s not a problem saying “no, this is not working”. The ability to kill an idea before we waste time trying to “dress up a pig” is very valuable, and it’s definitely based on the trust we have of each other’s artistic vision.
C: Yeah, basically we just have piles and piles of half-baked ideas and, for example, I will send Adam a zip file with about 6 or 7 projects in it that are just loops or parts of songs, bass and drum patterns, anything. He selects which ones resonate with him best and works on them for a couple weeks then sends back the ones he likes, if something doesn’t come back we just assume it didn’t make the cut and we focus on whats working.
What do you most appreciate in your partner’s work?
A: I appreciate that he comes from a totally different perspective than me, and that he is not influenced by the same music that I am – especially in a dj sense. His grooves are different, and he sees and hears things in ways I would not.
C: I would say the exact same thing as Adam, you would think working with another person who comes from such a different world would be maybe confusing or frustrating, but we both look at it as a chance to see things we like from a new perspective. It’s actually really exciting a lot of the time.
I clicked on the link you propose on your Facebook page in the “Influences” section, would you please talk about that?
A: Not sure where this section is.
How’s New Kanada’s label concept?
A: It’s great, because it has no concept. It’s loose and fluid, and I can curate it without any constraints of needing to fit in a certain criteria. It’s also run as a “passion project” and not as a business and I think this helps it take chances without worrying about whether it will sell or not.
Let’s talk about your barely released album, how’s audience’s feedback? Have you got some particularly interesting?
A: We’ve been really happy with the reception in general and feel lucky to have gotten the accolades that we’ve gotten so far. We’re also really happy that our Live set has been received so well, as the project was conceived in the beginning to give us a platform to “perform” and “jam”, and I think we both look forward to this angle of the project more than any others.
C: I was really nervous about how this record would be received. I have never released such a comprehensive body of work before and so I guess I didn’t know what to expect. The reception has been amazing and I am thankful to everyone who took the time to tell people about our music and who enjoyed what we had to say on the record. Everything I have read about it indicates that people really understand what we were trying to do, which means we did our job of being clear.
Is there any connecting thread along the tracks?
A: I think “contradiction” is a distinct thread though all the tracks. Our stuff is usually quite moody, bittersweet and introspective – but they are also all geared towards the energy and flow of a club situation.
C: Definitely, I have always looked to creative juxtaposition to make my statement, finding the commonalities that connect unlike things. It is like our project, it is like us as people. An unlikely combination but one that focuses on it’s important connections and explores them fully and to their greatest potential.
I listened to your XLR8R‘s live, how was your setup?
A: We were jamming with lots of different stuff, and we switch it up quitter frequently. We are not purists who get really attached to gear. I love my analogue synths, and I would never let go of my MFB Tanzbar drum machine but I could also produce on an old IBM computer without that much trouble. If the music is going to come out, it will come out regardless of what you use. Heatsick rocking the Casio is a great example of how limitation can produce the most compelling music in some situations.
C: Yeah, we just go with what works, I don’t read gear forums and I’m not salivating for the new pick of the week in the gear world. We like it simple, fun and effective and we will use whatever achieves that goal. Making the XLR8R set was actually a good opportunity to figure out what would be good on the road going forward so we played around with a lot of different stuff that helped shape the setup we are using live right now. But the setup will change many times before the year is done I am sure of it.
How much is important to be a part of a trend in music market?
A: Not important.
C: It probably helps, but trying to be part of a trend is a fool’s errand and you are destined to fail miserably. Nobody cares about the guy who is doing what was already done recently.
How is possible not to lose in the electronic music’s infinite combinations when you produce?
C: Pick a lane and stay in it.[/tab]
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