Dopo il #crumbs techno della volta scorsa (e quello dubstep della volta prima), oggi non resta che ripassarci la house lungo le sue uscite recenti. Lo faremo tenendoci lontani dal suo lato più popolare (non vi diremo ad esempio cosa ha fatto Tensnake: arriverete alla delusione più avanti) e muovendoci lungo dei nomi che han sempre rappresentato una certezza per gli appassionati. Perché l’azzardo è sempre imprevedibile, solo ciò che conosci può darti il benessere quotidiano.
[title subtitle=”No, Frivolous, we’ll not forget”][/title]
Non so voi, ma da queste parti ogni volta che esce qualcosa a nome Frivolous ci si eccita come dei bambini alle giostre. Sarà che il produttore canadese non si fa vivo molto spesso, sarà che l’ultimo suo album, “Meteorology”, ce lo ricordiamo ancora come uno dei momenti in assoluto più potenti e toccanti della house degli ultimi anni. Ci piacerebbe eccome, un nuovo album, una nuova tappa delle navigazioni di Frivolous tra le terre delle sensazioni, ma per quest’anno dovremo accontentarci (si fa per dire) di questo “Lost & Forgotten”, la raccolta uscita a gennaio che comprende nove tracce unreleased prodotte in momenti diversi dal 2004 ad oggi. Poco male, visto che son nove pezzi di prima classe in pieno stile Frivolous, con la grinta giusta per movimentare l’ascolto ma sempre con quelle splendide invenzioni folky che solo lui sa usare così bene. Tra i momenti migliori il calore deep soffuso di “Love Is My Business”, i bassi avvolgenti di “Dark FM” e una “Bats At Twilight” che ti fa fare il viaggio completo andata e ritorno dentro tutte le sfumature della sua raffinatezza. Di nuovo un viaggio negli strati più leggeri della stratosfera: se anche voi non ritrovate più la strada di casa, l’appuntamento è in paradiso tra altri due ascolti.
[title subtitle=”Un contenitore trasparente: Christian Prommer”][/title]
Sono quelle classiche consapevolezze che ti arrivano lentamente, ma che quando ti arrivano ti lasciano un’enorme sensazione di benessere. Tu credi di conoscerlo, Christian Prommer, cerchi nel suo nuovo disco tutta la natura jazz che lui racconta sempre (di recente anche a noi), insegui un proseguimento di quelle armonie che avevano reso così stimolante “Alex And The Grizzly”, il bellissimo album realizzato nel 2011 insieme ad Alex Barck dei Jazzanova. Poi ti getti nel primo ascolto di “ÜberMood” e dentro ci senti tantissima house classica, tanti momenti in cassa quadra fatti alla vecchia maniera deep, con i tempi ben curati e il soul che vien fuori nelle parti cantate. A quel punto cominci a rifletterci e chiederti: “Che significa per uno come Prommer tornare al classicismo? Qual’è lo spirito di una mossa come questa?”. E mentre provi a darti una risposta continui ad ascoltare più e più volte, i pezzi iniziano a entrarti dentro e ti raccontano tutto di loro: “Future Light” ti parla di mantra tribali e armonie con la natura, “Aturo” va di visioni assolate come fosse una colonna sonora, “Tob, Der Bär” ti illustra la Chicago delle origini e “Wonders Of The World” è come un risveglio dei sensi. A un certo punto capisci che non c’è niente da capire. Il jazz è anche interagire con la sensibilità dell’ascoltatore in maniera fluida, senza per forza bombardarlo con mosse artsy o acrobazie ingegnose. La metrica house è semplicemente il contenitore, trasparente, gradevole e facile da maneggiare. Tutto il resto è contenuto, e nel caso di Prommer è un manto avvolgente che ti culla con dolcezza. Devi godertelo nei momenti giusti, davanti a un tramonto o in una spiaggia deserta, non è fatto per la frenesia di tutti i giorni. Ma se riesci a trovare la sintonia, lo adori dal primo all’ultimo suono.
[title subtitle=”Pillow Talk: il pop non è l’unica strada”][/title]
Arrivare nel posto giusto al momento giusto. Proprio quando la scena si va spaccando e la distanza tra chi insegue l’attitudine underground e chi si butta sulla popolarità diventa massima. Quando inizi a chiederti se davvero l’unico modo di avere successo è diventare un fenomeno pop, arrivano su album i Pillow Talk, che risposte più che valide sull’argomento ne davano già in tempi non sospetti: per loro il classicismo è una specie di pentola d’oro senza fondo, da cui pescare col massimo eclettismo al fine di ottenere il sound più gradevole e cordiale possibile. È così che si è formato quel mix gentile di funkosità classica e appeal cantato che ha fatto breccia in casa Wolf + Lamb fin dall’inizio e che oggi arriva all’album, “Je Ne Sais Quoi”, con risultati che vanno dal sensuale (“Slim’s Night Out”) al rock-oriented (“Devil’s Run”), passando tutta la serie di eredità r’n’b e soul lungo il setaccio della house vecchia scuola. Con tanto di pezzi dalla grande orecchiabilità come “If I Try”: ascoltatela solo una volta e la canticchierete per tutto il giorno. Quando un’operazione analoga la fecero gli Herculer And Love Affair sfondarono a tutti i livelli, ora siam proprio curiosi di vedere cosa succederà a loro. I presupposti perché la cosa si ripeta ci son tutti, casomai servisse una spinta iniziale gliela diamo noi: discone.