Stereo è una crew torinese che, ormai da anni, porta avanti il felice connubio tra techno e clubbing di qualità. Tra i primi, in Italia, a proporre quella techno berlinese che poi sarebbe esplosa di lì a poco e, successivamente, tra i primi a riproporre quella techno inglese – a nome Sandwell District, Surgeon e compagnia – dalle chiare tinte industriali che va per la maggiore adesso. Scelte azzeccate, coerenti, mature, che hanno pagato, soprattutto sulla lunga distanza. Per questo abbiamo deciso di sottoporre qualche domanda a Gandalf, uno dei fondatori della crew di Stereo.
Una domanda da cui non possiamo proprio prescindere, come nasce Stereo e come si vuole distinguere dal resto della nightlife torinese?
Stereo nasce quattro anni fa per mano di tre dj (Red¬¬rob, Tsura e il sottoscritto) e un promoter (Alessandro). Penso che lo stimolo principale che ci ha spinto a creare Stereo sia stato l’appiattimento della proposta musicale in ambito “clubbing” di quegli anni. Era forse il picco massimo di quella che viene spesso definita minimal-house o tech-house. Pur non rinnegando il fatto che in passato anche noi abbiamo seguito in qualche modo il genere, eravamo abbastanza annoiati da quel tipo di suono, per non parlare di tutto quello che girava intorno a esso. Ci siamo quindi detti: “Proviamoci”. E così è nato Stereo.
Siete stati i primi in Italia a portare molti nomi che sono “esplosi” poco dopo, basti pensare a Marcel Fengler o a Norman Nodge. Su cosa si sono basate le vostre scelte di booking inizialmente e su cosa si basano oggi che siete una realtà consolidata?
Non ti nascondo che all’inizio non avevamo le idee chiarissime. I nostri background, sia organizzativi che musicali, erano molto diversi tra loro. Diciamo che il primo approccio è stato quello di sperimentare e proporre “cose nuove” per la scena torinese… così ci siamo mossi all’interno di diversi generi, ma sempre puntando su delle prime per la nostra città. Marcel è stato forse l’ospite che ha fatto scattare la molla della techno: ci siamo resi conto che oltre all’aspetto musicale, c’era tutta una serie di connotazioni legati alla cultura della techno che si allineava perfettamente al nostro modo di vivere e vedere il clubbing. Oggi, sicuramente, dopo quattro anno siamo molto più consapevoli e convinti delle nostre scelte, che continuano comunque a basarsi su un discorso prettamente di gusti personali piuttosto che di logiche commerciali.
Cosa deve avere un dj per essere il perfetto ospite di Stereo?
Ah!!! Un dj innanzitutto deve essere un DJ. Mi spiego meglio. Oggi secondo noi si è perso l’aspetto del dj “puro”, capace di proporre nel suo set un proprio discorso o viaggio musicale, di leggere la pista e creare empatia con il pubblico. Ci sono ottimi producer che però non sono all’altezza in quanto dj (in quel caso preferiamo piuttosto proporre un live). Oltre a queste caratteristiche ci basiamo anche molto sul passaparola e su quello che sentiamo con le nostre orecchie in giro per l’Italia o l’Europa. Infine, se un dj “se la tira” difficilmente verrà invitato a una serata Stereo.
Facevate più incursioni nell’house music, diciamo fino a un anno fa. L’essersi concentrati maggiormente sulla techno è stata una scelta o una evoluzione spontanea?
Penso sia venuto da solo. Probabilmente non ci limitassimo a organizzare solo due eventi al mese continueremmo a proporre un maggior numero di ospiti house. Ciò non toglie che comunque continuiamo a seguire la scena e siamo sempre attenti a quello che capita… non escludiamo infatti in futuro di riprendere in parte questa linea musicale.
Il problema di molti locali italiani spesso è decidere se fare selezione alla porta o meno. Qual è la vostra politica in merito?
Il nostro slogan a riguardo è “no guest list, no dress code, just be polite”. Diciamocelo, per organizzatori e PR le liste sono solo una gran rottura di balle, soprattutto se si tratta di serate da 300-400 persone. Inoltre il discorso è legato anche alla selezione: come fai a dire a una persona che si è messa in lista che non può partecipare alla serata? Preferiamo quindi una selezione e una door policy “light”, legata più all’educazione di chi si presenta alle nostre serate piuttosto che all’aspetto fisico, al sesso o all’abbigliamento.
Stereo non è la vostra prima esperienza come promoter, come è cambiato (se è cambiato) il pubblico torinese dei club negli anni?
Il pubblico secondo me non è cambiato molto. A parte il normale ricambio generazionale, ciò che veramente è cambiato è il numero di serate e proposte in città. Se 10-15 anni fa esisteva un numero di proposte che si contava sulle dite di una mano, oggi la scena è molto più competitiva e parcellizzata. Il problema è che alla fine il numero di persone che va a ballare non è aumentato… Si tratta quindi di fidelizzare e cercare anche di rivolgersi al di fuori della propria città.
Molti ospiti di Stereo diventano esempi per i puristi del vinile, anche se voi non lo siete in modo così spiccato. Quanto senso ha per voi questo dualismo tra supporti digitali e fisici?
Guarda, la maggior parte dei “puristi del vinile” che abbiamo ospitato alla fine erano assolutamente i più aperti verso una libera scelta del supporto utilizzato. Mi ricollego al discorso del “saper fare i dj”. Pensiamo sia importante saper proporre dj set di qualità e adeguati alla situazione, piuttosto che concentrarci sulla noiosa diatriba vinile-digitale. All’interno di Stereo convivono più anime a riguardo, ma non è mai stato un problema.
E’ conveniente sapere in anticipo che impianto è montato nel locale in cui si passerà la notte? Di quale impianto disponete attualmente?
Qui si tocca un tasto dolente. Penso che il sogno di ogni promoter sia quello di poter disporre del miglior impianto possibile in base al locale in cui si organizza l’evento. Purtroppo qui ci addentriamo in un terreno minato: spesso il pubblico non capisce che non è una scelta del promoter se i volumi sono bassi o i sub “non spingono”, ma c’è un discorso legato a controlli e regoli imposti dal comune. Stenderei poi un velo sul fatto che non si capisce come facciamo alcuni locali a sforare i limiti di 10dB fino al mattino mentre se tu lo sfori di 2dB ti piombano gli SWAT nel locale. Ma l’Italia è anche questo… Tornando a noi, adesso che stiamo organizzando anche eventi più grandi in un locale (l’Audiodrome) lontano da zone abitate, cerchiamo di usare sound system di qualità come Martin Audio, Funktion One o Turbo Sound.
FuturFestival, Club2Club, Movement, Traffic: unica città italiana a ospitare un numero così alto di grossi eventi, ma coesistono molti problemi con il divertimento più “comune”, sui Murazzi e San Salvario. Come vedete la scena notturna torinese, oggi? Come la vedete domani?
Il problema di Torino è che i cosiddetti “poli del divertimento” sono stati progressivamente chiusi. Prima di Docks Dora, poi i Murazzi. Il problema è che a causa di questo la gente si è riversata in aree residenziali come San Salvario creando molti più problemi di “movida selvaggia” rispetto a quanti ce n’erano concentrando il pubblico in aree dedicate al divertimento. Pensiamo che il futuro sia nella riqualificazione degli spazi industriali nelle periferie, sperando che il Comune inizi a dare un supporto concreto a chi cerca di portare il divertimento fuori dalle aree abitate garantendo trasporti pubblici notturni e iniziative volte a promuovere un clubbing maggiormente consapevole.
La scena del clubbing italiano viene comunemente descritta come scarsamente unita, poco aggregata e molto egoista. E’ una condizione patologica, quasi genetica, o è realmente possibile cambiare, quantomeno per fare lobby verso le istituzioni e la scena internazionale?
Penso che la situazione sia esattamente la stessa in tutti i Paesi (sapeste cosa ci hanno raccontato di Berlino!) e che la questione della “scena poco unita” sia spesso solo una scusa per giustificare le difficoltà dei promoter. Pensiamo sia giusto che ci siano dei momenti in cui le diverse organizzazioni collaborano (ad esempio i festival), ma allo stesso tempo che ognuno debba portare avanti il proprio discorso senza troppi compromessi. Quello che forse manca veramente è un po’ più di rispetto e dialogo tra le persone che lavorano in questo ambiente. Per quanto riguardo il fare lobby verso le istituzioni, fin quando non verranno applicate le stesse regole per tutti, non sarà possibile far valere la propria voce: che interesse ha un locale/organizzazione che chiude sempre alle 7 del mattino in barba al normale limite delle 4-5 a lottare per un prolungamento degli orari? Stesso discorso per gli alcolici, i livelli sonori, ecc…
Stereo propone techno da molto, sicuramente da tempi più insospettabili di adesso. Cosa è per voi la techno, nel 2014?
Più proponiamo un certo tipo di techno, più ci rendiamo conto che si tratti di un genere fatto non soltanto di un certo tipo di suoni, ma di una vera e propria attitudine da parte di chi segue la scena. Oggi, che va di moda, si tende a definire “techno” un po’ di tutto. Tra di noi, per cercare di dare una definizione di quella che noi consideriamo la techno moderna, spesso parliamo di “Berghain Music”: non per mitizzare ulteriormente questo luogo, ma semplicemente perché qui passa, in tutte le sue sfumature, il 90% della musica che proponiamo all’interno di Stereo.
Come credete che si evolverà domani?
Dopo un periodo di estrema asciuttezza dei suoni techno, che nel suo estremo si è sviluppato nell’esplosione delle scena industriale, stiamo notando che la techno sta assorbendo nuovamente influenze di diverso genere (progressive, electro, house…). E’ difficile che al giorno d’oggi si riesca a creare qualcosa di completamente nuovo. In generale comunque di dj di oggi sembrano maggiormente aperti a mischiare tra di loro i diversi generi, mantenendo comunque quell’attitudine che caratterizza il mondo della techno.
Molte città con una forte vocazione industriale hanno anche una forte vocazione per la musica elettronica, come molte città del nord dell’Inghilterra o città nordeuropee come Rotterdam. Quanto questo può aver influito anche su Torino?
Probabilmente questo ha influito alle origini della scena, con la nascita dei primi rave e free party. L’impressione è che questa vocazione nasca comunque dai momenti di crisi del mondo industriale, per cui la musica diventa uno “sfogo” per far fronte alle difficoltà economiche di un ambiente. Se pensiamo all’Italia e alle scene techno di Roma o Napoli facciamo però difficoltà a trovare questo tipo di link.
Se vi chiedessi un disco per ogni anno di Stereo? 2010, 2011, 2012, 2013, 2014.
Qui entra il gioco il gusto personale, ma cercherò di torvare il giusto equilibrio tra oggettività e soggettività:
2010: Marcel Fengler “Enigma” [Ostgut Ton]
2011: Sandwell District “Falling The Same Way (Reality Or Nothing Extended)” [Sandwell District]
2012: Floorplan “Baby Baby” [M-Plant] (in verità è uscito a fine 2011 ma è “esploso” nel 2012)
2013: Shifted “Chapter 69” [Our Circula Sound]
2014: è un po’ presto, ma uno dei dischi che ha maggiormente impressionato tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 è Birth Of Frequency “The Soul” [Children Of Tomorrow]
L’artista che non avete ancora fatto ma che vorreste fare e perché?
Non sveliamo i nostri segreti… anche perché siamo convinti che se vogliamo farlo, lo faremo!