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[tab title=”Italiano”]Raime è il nome del progetto di Joe Andrews e Tom Halstead. Quello che fanno non è musica, oppure probabilmente lo è, ma sono il concetto e la ricerca a differenziarsi in modo sostanziale da gran parte del “resto”. Un’analisi, dunque, quella del lato oscuro e di tutto ciò che ci gravita intorno. Si potrebbe definire la colonna sonora delle paranoie, un lamento intimo che gratta le unghie e le ginocchia contro l’asfalto di sonorità urbane. Un’attenta indagine sempre e comunque rivolta al gelo e al minimalismo. I due inglesi sono così, un po’ schivi nella realtà, come anche sui dischi. Mietono lentamente. Il concetto risiede nelle viscere, in quelle della dubstep e della drum and bass, che vengono scorticate e graffiate, mangiate e manipolate, stuprate in quegli stessi angoli bui d’Inghilterra dove ne è stato concepito il culto. Ancora il rumore, a tratti atavico, detenuto dall’industrial, dal post punk e dai droni. Due dei figli della Blackest Ever Black (insieme a gente come Regis, Cut Hands, Black Rain, Vatican Shadow, Prurient, anche loro nell’abbraccio di papà Kiran Sande) si soffiano tra le fessure di un immaginario gotico-urbano, come nebulosa narcotica, sempre alla ricerca della valle nascosta dove risiede il tempo per dare una risposta ad ogni quesito. Tempo che hanno dedicato anche a noi e che abbiamo sfruttato per provare ad andare lontano, per affondare nelle sabbie mobili di un immaginario a tratti crudele, ma vincente. Fra qualche giorno suoneranno in Italia, a Pisa, per la rassegna Fosfeni, insieme a Emptyset, Fennesz e Cellule D’Intervetion Metamkine. Pare che ci sia una grossa novità a riguardo, ma andiamo con ordine.
Quanto è fredda la vostra musica? Mi sono sempre chiesto cosa vi abbia spinto a scegliere il gelo sonoro.
Credo che, questo tipo di sonorità sia maturato perché inizialmente abbiamo cercato di combinare alcune influenze musicali che apprezzavamo particolarmente e per constatarne poi le analogie. Questo ha tirato fuori il tipo di atmosfere di cui parli. Detto molto semplicemente, era la natura minimale di cose come la techno di Detroit, la drum and bass, la dubstep e le sonorità viscerali delle chitarre del doom metal, del post punk, dell’industrial e del noise, che abbiamo deciso di legare insieme. Nel momento in cui lo è stato fatto, abbiamo scoperto di essere particolarmente attratti dalla parte più emotiva di questi suoni. Così li abbiamo sviluppati tutti contemporaneamente.
Ma voi da dove arrivate, quali sono le vostre radici?
Allora, le nostre radici affondano in una città dell’Inghilterra, chiamata Reading. Ci siamo incontrati proprio lì quando avevamo sedici anni. Reading è un luogo piuttosto comune, che non ha molte attrattive, quindi immagino che è proprio da questa cosa che è cominciato tutto: parecchio tempo speso a “vivere la musica registrata” piuttosto che andare e vivere i concerti. Semplicemente perché dove abbiamo vissuto noi, non ce n’erano. Certo, c’era il Reading Festival, ma soltanto una volta all’anno. Diciamo che non era molto eccitante vivere lì, ma è stato un bene per la nostra creatività, perché siamo stati costretti ad usarla.
Cosa c’è oltre la vostra musica, che cosa volete trasmettere e cosa essa trasmette a voi nel momento in cui componete?
E’ difficile definire questo tipo di cose, ma credo che la nostra musica derivi da una sorta di sensibilità, poco evidente forse, ma che trova la sua via d’uscita nella percezione dello spazio. Pur essendo molto intensa, proviamo a renderla intima, quantomeno nel tipo di sensazione che l’ascoltatore percepisce attraverso di essa, anche se risulta fredda e densa.
Tutte le vostre produzioni come anche l’approccio live, hanno una linea conduttrice che si rispecchia in un immaginario urbano molto decadente, quindi, suppongo che voi siate piuttosto ancorati alla realtà.
Questa è difficile. Io penso che la nostra musica risieda in un livello molto interiore. Non discutiamo molto riguardo a cose reali né quando stiamo producendo né mentre ci scambiamo idee. Piuttosto che ad eventi di vita reale, preferiamo i sentimenti e le atmosfere. Tutto quello che abbiamo realizzato fino ad ora è stato sistematicamente associato ad esperienze politiche e sociali contemporanee, ma non lo abbiamo mai esplicitato direttamente.
E’ ormai risaputo, a distanza di parecchio tempo dalle vostre prime uscite, che avete adottato un sound molto minimale, quasi a voler dimostrare che scarnificando i suoni e portandoli all’estremo della sintesi, si possa comunque trasmettere emozioni forti e profonde.
Immagino che stiamo cercando di trovare un equilibrio tra l’emotività e la visceralità. Questa è una combinazione che può essere difficile da ottenere, ma, dopotutto, è quello che proviamo a fare. Sia l’emotività sia la profondità possono risultare cose piuttosto “drammatiche”, quindi proviamo a non evocarle totalmente, di modo da non far prevalere l’una piuttosto che l’altra. Quando componiamo, in realtà non discutiamo di cosa vorremmo creare a livello emotivo, lavoriamo sulle strutture delle tracce e sulla loro funzione narrativa. Ciò che vogliamo trasmettere, credo, arrivi immediatamente dopo.
Quindi come lavorate in coppia, sia quando producete che durante i live?
Beh, ci sono cose che ognuno sa fare meglio dell’altro, ma è questo il bello. Siamo diventati abbastanza bravi in questo e si nota soprattutto quando si consente all’altra persona di usare i propri punti di forza. La cosa migliore è quando l’altro ti sorprende quando fa qualcosa che normalmente non c’entra molto, ma che trova comunque la sua collocazione.
I vostri dj set si differenziano molto dal live, cosa volete ottenere?
Siamo entrambi grandi appassionati di musica, ovviamente, e i nostri dj set sono solo un modo per arrivare a suonare tutto ciò che c’interessa e che c’influenza. Compriamo sempre nuovi dischi e cerchiamo di scoprire nuove scene/artisti ed etichette, in modo da riuscirle a mostrare al pubblico, visto che talvolta, alcune di queste, sono eccezionali. Ogni collezionista di dischi sa quanto può essere bello mettere insieme una serie di brani della propria collezione e mostrarne i collegamenti tre le varie scene e le idee.
Siete molto legati all’immagine, i vostri show sono caratterizzati da un’atipica parte visuale, ce ne parlate?
Amiamo molto anche le arti visive e così ci siamo sentiti in dovere di provare a sviluppare uno show che aveva come parte integrante della performance le immagini. Volevamo provare a creare qualcosa che avesse una reale sinergia con la musica e abbiamo lavorato in modo da farla diventare parte integrante dell’esperienza.
Quanto sono collegati al cinema i Raime?
I Raime sono sicuramente molto appassionati di cinema ed è anche per questo motivo che utilizziamo scene visive come ispirazione, ma non credo che il legame vada oltre questa cosa. La nostra musica ha molto di cinematografico, ma non c’è mai stato un vero desiderio di farlo. Si è solo sviluppato con il tempo. Da quando facciamo musica, c’interessiamo alla struttura e alla narrativa, quando guardo i film mi concentro molto di più, appunto, sulla costruzione e sull’equilibrio, per esempio come gli eventi si possono sviluppare in proporzione, o meno. Come si risolvono in una struttura oppure in una narrazione.
Per chiudere, l’11 aprile suonerete in Italia, a Pisa, ci sarà qualche novità nello show?
La novità è che quello sarà l’ultimo show del suo genere. E’ uno spettacolo che abbiamo portato in giro per molto tempo ed ora è tempo di lasciarlo riposare. Sarà triste chiudere un capitolo, ma sarà altrettanto bello iniziare a lavorare per aprirne un altro.[/tab]
[tab title=”English”]Raime is the Joe Andrews and Tom Halstead’s project name. What they actually do is not music, or probably it is, but the concept and research differ materially, emerging from much of the other project aspects. An analysis, therefore, about the dark side and everything that revolves around it. You could define the soundtrack of paranoias, an intimate lament that is scratching his nails and knees against the asphalt of urban sounds. A careful investigation always turned to frost and minimalism. The two British are a little shy in their real life, as well as on discs. They mow slowly. The concept lies in the bowels, and in those of dubstep and drum and bass, which are bruised and scratched, eaten and manipulated, raped in those dark corners of England where that worship was conceived. Still the noise, sometimes atavistic, held from industrial, from post punk and drones. Two of the Blackest Ever Black children (along with people like Regis, Cut Hands, Black Rain, Vatican Shadow, Prurient, even into their father Kiran Sande’s hug) will blow through the cracks of a urban gothic imaginary, such as a narcotic nebula , always looking for the hidden valley where is the time that give an answer to every question. Time they have dedicated to us also and which we used to try to go away, to sink in the quicksands of an imaginary, cruel at times, but winning at the end. In a few days will play in Italy, Pisa, Fosfeni for review, along with emptyset, Fennesz and Cells On Intervetion Metamkine. Apparently there is a big news about it, but first things first.
How cold would you define your music? Why did you choose frosted sound?
I think the sound developed because we were trying to combine a few influences of music that we really loved and saw similarities between and this came out with the atmosphere and sonics that you are referring too. Put very simply it was minimal nature of electronic music such as Detroit techno, drum and bass, dubstep and the more visceral sounds of guitar based music like doom metal, post-punk, industrial and noise that we wanted to combine. When we tried to do this we also found that we were drawn towards emotive parts in these musics so develop this simultaneously.
Where do you come from, what are your roots?
Well our roots lie in a town called Reading in the UK. We met there when we were 16. Its a pretty average place that doesn’t have a lot of entertainment so I guess thats where it all started. A lot of time was spent experiencing recorded music rather than going to loads of gigs, because there simply weren’t that many where we lived. There was a Reading Festival of course, but that was only once a year. It wasn’t very exciting but was good for the imagination because it forced you to use it.
I would like to understand what’s beyond your music, what you try to communicate through this music and what this music communicates to you while you are composing it.
It’s hard to define these things but I guess our music comes from a kind of sensitivity maybe. Not an obvious sensitivity perhaps but one that finds its way out via the sense of place. Despite being intense sometimes we do like to try and make it intimate, at least in the sense that the listener feels connected to it, even if its through cold or hard sonics.
Every production and sound that you create, as well as your live approach, follow a line leading to a decadent urban imaginary, so I would think that you are very much linked to reality.
This is a difficult one as i think we make music very internally, we don’t really discuss reality ever when either producing or talking about ideas for the music. Its always about feelings or atmosphere rather than events in real life. What we have produced has been regularly associated with contemporary political and social experiences but we never directly intended that.
It’s well known, long after your first productions, that you have chosen a very minimal sound, almost as if you wanted to demonstrate that, by reducing the sounds to its minimum, you can still convey deep and strong emotions. What kind of emotions do you want to convey?
I think we are always looking to find a balance between the emotive and the visceral, its a combination that can be hard to get right but thats what we try and do. Both of these things are pretty “dramatic” so we like to try and evoke them with as little as possible so we don’t fully commit to either. When we are making music we don’t really discuss what we are trying to do emotionally apart from the structure of a track and how its narrative works, so its something that just comes out I guess.
How do you work in pair, when you produce and when you perform live?
Well naturally you have things that either of you are better at but its pretty even. We have become pretty good at it and mostly known when to allow the other person to use their strengths. The best thing though is when the other one surprises you and does something that they normally don’t approach so much and gets it spot on.
Your dj sets are very different compared to your live performances, what’s the purpose?
Well we are both huge music fans obviously and our dj sets are usually just a way of getting to play all the things that interest and influence us. We are always buying new records and finding out about new scenes/artists and labels so to be able to show some of them of sometimes is great. As any record collector knows it can be really nice to put together a series of tracks from your collection that mean something or show links between scenes and ideas.
You are very linked to the image, your shows feature an atypical visual part. Could you tell us something about this?
We like visual arts a lot too so felt like we would like to try and develop a show that used them as an integral part of the performance. We wanted to try and create something that had real synergy with the music and felt like it worked centrally as a direct part of the experience.
How and how much are Raime linked to the cinema?
We are definitely film fans and do use visual scenes as inspiration sometimes but I wouldn’t say that our links go beyond that. Our music can be quite cinematic at times but there was never a conscious desire to do that, it just developed over time. However since making music and becoming interested in structure and narrative in our production I have noticed myself thinking alot more about structure and balance while watching film. Like thinking about the arc of a narrative for example. How things are set up then resolved or not. Its something I quite enjoy working out.
At the end, on April 3rd you will perform in Pisa, will there be any news in the show?
The news is that this is the last ever show with the current visuals and music. Its a show we have been doing for quite some time now and while its changed in a number of ways its time to let it rest. So it will be both sad to see it go and also good to close a chapter and start work on a new one.[/tab]
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