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[tab title=”Italiano”]Il loro album “Based On A True Story” è uno degli album più venduti del secolo in corso. Sono dei musicisti perfetti, umili e autentici. Hanno conquistato il mercato dei dischi dall’underground, a forza di concerti, sudore e uno stile assolutamente originale, nato dal mix tra generi completamente diversi tra loro. Vengono dalla Nuova Zelanda, e il live per loro è uno stile di vita. Abbiamo incontrato il sassofonista dei Fat Freddy’s Drop, Chopper Reeds aka Scott Towers e ci ha dato la sua ricetta per il successo nel mondo della musica. Primo ingrediente? Far sbronzare il sassofonista.
Mi piacerebbe sapere qualcosa in più sull’ambiente dove è nata la vostra musica, dove siete cresciuti musicalmente insomma. Che cosa ha significato per voi nascere musicalmente in Nuova Zelanda? Come vi siete conosciuti e quale furono le prime composizioni del gruppo?
Ci siamo incontrati per strada, nelle jam alle quali partecipavamo in club e bar, insieme a DJ Fitchie aka DJ Mu quando lasciò perdere le b-sides strumentali per dedicarsi a hip hop, house e dub. Ci siamo organizzati e abbiamo iniziato a scrivere, registrare ed esibirci come fosse diventato un lavoro a tempo pieno. C’era quasi sempre la stessa line up, voce, chitarra, synth, una sezione di fiati composta da 3 pezzi e intensi ritmi dub. Crescere in Nuova Zelanda ci faceva partire da un’idea di profonda libertà musicale. Non appartenevamo a nessuno, e quindi abbiamo sviluppato un suono che ha preso in prestito tutte le influenze più interessanti provenienti da tutto il mondo, senza pestare i piedi a nessuno.
La vostra musica è un mix di disco, roots dub, blues, soul e funk elettronico, con basi jazz e reggae. Non è mai banale né scontata, e si passa da una dub rilassante e semplice da ascoltare ad un beat electro che fa scatenare. E’ una musica completa, ed è facilmente comprensibile la sua derivazione live. Puoi raccontarci qualche aneddoto relativo al primo concerto dei Fat Freddy’s Drop?
Io in realtà sono entrato nella band più tardi, dopo che il sassofonista originale Fulla Flash aveva lasciato per concentrarsi su altri progetti. Il mio primo concerto con i Fat Freddy’s l’ho suonato per sostituire lui in un evento all’aperto all’Università di Auckland. Diciamo che la sensazione era quella classica di quello che è capitato nel posto giusto al momento giusto: Fulla era distrutto dalla festa della sera precedente, avendo suonato con la sua altra band. Ho dovuto anche prendere in prestito un sassofono, non sapevo nessuna delle canzoni correttamente. E’ stata veramente dura, per non dire altro.
Come funziona il lavoro di composizione in una band così numerosa come la vostra? C’è un leader che tutti seguono o ognuno di voi ha le sue idee e le presenta in una democratica session al resto del gruppo?
Si inizia con una jam collettiva – che viene registrata – e poi prendiamo le migliori idee e lavorare in una forma di base. A quel punto qualcuno normalmente si fa avanti e suggerisce un paio di cose… le parole e la struttura le scriviamo solitamente dopo.
Con il numero di concerti che suonate durante l’anno, (qualcuno ha calcolato più di 800 esibizioni dal vivo, tra cui più di 400 in Europa), si può certamente dire che siete una band che investe tantissimo sulla musica dal vivo. Dalla nascita di internet, il supporto musicale sembra essere morto e sepolto. Secondo te, al giorno d’oggi, la musica live è davvero l’unico modo per guadagnare per un musicista?
Non è l’unico modo, solo il più significativo e consistente – sempre secondo la nostra esperienza, comunque. Devi essere intelligente; fare tutto bene – registrare, eseguire, accordi di sincronizzazione, editoria. Se sei un’indipendente come Freddys è ancora possibile far funzionare tutto. Non stiamo volando su jet privati, ma riusciamo a pagare le bollette e fare ciò che amiamo.
A volte è difficile da trasmettere su un album ciò che un artista è in grado di trasmettere live sul palco, soprattutto per una band come la vostra, che dà tutto nei suoi concerti. Nel vostro ultimo album Blackbird, uscito nel giugno 2013, avete fatto un grande lavoro in questo senso. Avete seguito delle regole speciali per riuscirci?
Basta essere veri per la canzone in sé, e concentrarsi sul catturare performance forti ed energiche nel processo di registrazione. Certamente per una band che suona molto dal vivo come facciamo noi, il lavoro è molto più semplice.
Vorrei sapere qualcosa in più sul vostro studio Bays, che sembra avere quasi un’anima per voi. Sembra che addirittura sia stato un luogo sacro in passato, una chiesa apostolica. Quanto l’atmosfera di questo luogo ha influenzato la vostra musica?
L’aspetto più importante di Bays è che stato impostato per partire, andiamo lì e iniziamo a lavorare. Nei nostri studios precedenti, abbiamo dovuto ripartire da zero in ogni session. Qui sappiamo come ottenere il suono che vogliamo – che significa che possiamo concentrarci sul fare musica, piuttosto che sugli aspetti tecnici di catturare il suono in maniera impropria. Detto questo, è un ambiente molto rilassato lassù – cuciniamo i nostri pasti, usciamo, beviamo, ascoltiamo dischi, pianifichiamo i nostri tour, giochiamo alla X-Box… e poi arrivare a registrare con uno stato d’animo molto rilassato.
Il punto di svolta della vostra carriera è stato l’album “Based on a true story”, cosa pensi sia cambiato da quel momento in poi nella vostra musica?
Tutto. Siamo molto più bravi a gestire sia il nostro business che la nostra band, per cominciare. Abbiamo così tanta esperienza di concerti alle nostre spalle che siamo in grado di affrontare qualsiasi cosa la vita ci faccia incontrare lungo il cammino, e di conseguenza ci sentiamo siamo molto più sicuri di prima. In passato abbiamo sicuramente passato dei grandi momenti, unici per un sacco di motivi. Siamo venuti fuori davvero dall’underground ed è stato emozionante, ma il fatto che siamo ancora qui adesso – e che stiamo migliorando sempre di più – è la migliore ricompensa per noi.
Il vostro successo viene dal basso, avete iniziato per l’appunto a vendere local, come si direbbe oggi in termini economici fighi, autoproducendo tutto. Poi avete conquistato il mercato neozelandese ed europeo. Vi sentite o pensate di dover raggiungere altri obbiettivi nel campo musicale?
Gli obbiettivi sono molto semplici, in realtà: far sì che il prossimo concerto sia una bomba, produrre qualcosa di nuovo entro Luglio, il prossimo tour europeo, il prossimo concerto a New York. Non siamo ancora riusciti a far breccia nel mercato americano o vincere il Grammy o suonare al Superbowl. Ma questa è tutta un’altra scena.
State per far uscire il nuovo remix di “Mother Mother” realizzato da Theo Parrish, un vero e proprio maestro. Un lento groove, taglienti hi-hats, una sezione di fiati incredibile. Theo ha praticamente fatto quel che sa fare meglio. Cosa ci dici su questo remix e dove è nata l’idea di collaborare con Parrish?
Il remix è un’incredibile, pazzesco viaggio mentale. Esattamente quel che ci aspettavamo da Theo. Come spesso succede, ci siamo conosciuti tramite amici di amici, e la canzone è arrivata dritta alle orecchie di Parrish. Quello che sta accadendo è incredibile adesso, perché in pratica è un remix che stanno richiedendo in moltissimi. Tutti i remix che abbiamo fatto, di Theo, Ashley Beadle (Never Movin), Cosmo (Mother, Mother) and Trojan Sound System (Blackbird), sono fantastici. Speriamo riescano tutti a vedere la luce del sole.
Quali sono i vostri progetti per il 2014? E quale dei concerti che suonerete è il più atteso?
Scrivere e registrare è il mantra del 2014. Naturalmente stiamo preparando due tour europei, tanti concerti in Australia e speriamo anche di riuscire a fare un giro in Giappone e New York. Il concerto allo Alexandra Palace a Londra ad Ottobre sarà il più grande concerto mai suonato da headline band e progettiamo di avere già qualcosa per un nuovo album. Sarà fighissimo.[/tab]
[tab title=”English”]Their album “Based On A True Story” is one of the best-selling albums of this century. They are perfect, humble and authentic musicians. They have captured the musical market from the underground, by dint of concerts, sweat and totally original style, born from the mix of totally different musical genres. They come from New Zealand, and livemusic for them it is a way of life. We met the saxophonist of Fat Freddy’s Drop, Chopper Reeds aka Scott Towers and he gave us his recipe for success in the music world.
I’d like to know the environment where your music did born. What didit mean for you to born musically in New Zealand? How did you meet and what was the first composition of the group?
We met in clubs and bars, jamming along to DJ Fitchie aka DJ Mu as he dropped the instrumental b-sides to hip hop, house and dub records. We got organised and started writing, recording and performing as a full time thing. It’s pretty much always been the same line up; vocals, guitar, synths and assorted keys, 3 piece horn section and rhythms/dubs. Being from NZ meant that we were left to our own devices and could develop a sound that took all the most interesting influences from around the world without stepping on anyone’s toes.
Your music is a mix of disco, rootsy dub, blues, soul and electronic funk, with jazzy and reggae base. It is never trivial and obvious, and you pass from an easy-to-listen and relaxing dub to electronic music that makes you dance. It’s a complete music, everybody can notice and understand that it arises from the live shows. Can you tell some anecdotes of your first gig like Fat Freddy’s Drop?
I actually joined the band later, after initial saxophonist Fulla Flash left to concentrate on his other projects. So my first gig was filling in for him at an outdoor event at Auckland University that I just happened to be at… and he didn’t make cause he’d been partying too hard the night before with his other band. I had to borrow a saxophone and got dumped in the deep end – I didn’t know ANY of the songs properly. It was rough to say the least.
How does the composition works in a band like yours? Is there a leader that everyone follows or each of you has his own ideas and uses to present to the rest of the group?
It starts with a collective jam – which is recorded – and then we take the best ideas and work them into a basic shape. At that point someone normally steps forward and suggests a few structural things… lyrics come later.
By the number of gigs that you played during the year, (someone calculated more than 800 live performances including over 400 in Europe), we can certainly say that you are a band that invests heavily on live music. Since the birth of the Internet, the musical support seems to be dead and buried. In your opinion, nowadays liveshows are really the only way to earn for a musician?
Not the only way, just the most significant and consistent – for us anyway. You’ve got to be smart; do everything well – record, perform, sync deals, publishing. If you’re and independent operator like Freddys you can still make it work. We’re not flying round in private jets but we pay the bills and get to do what we love.
Sometimes it is hard to transmit on an album what the artist is able to transmit live, especially for a band like yours that gives everything in its liveshows. In your last album Blackbird, released in June 2013, you have done it great. Do you have any special rules that you follow in order to succeed in this?
Just be true to the song itself, and concentrate on capturing strong performances and good energy in the recording process.
I would like to know something about your studio Bays, that seems to have a soul for you. It seems to be a sacred place, from the moment when it was even an apostolic church, in the past. How much the atmosphere of this place influence your music?
The most important aspect of Bays is that it’s set up ready to go, and we can just walk in and start work. In our previous studios we had to start from scratch each session. Here we know how to get the sound we want – which means we can concentrate on making music rather than the technical aspects of capturing the sound apropriately. That said, it’s a very laidback environment up there – we cook meals, hang out, drink, listen to records, plan our tours, play X-Box… and then get to recording in a very relaxed state of mind.
The turning point of your career was the album “Based on a true story”, what do you think has changed since that moment in your music?
Everything. We’re much better at running both our business and our band for starters. We have so much playing experience under our belts that we can cope with whatever life throws at us on the road – and as a result we feel we’re much better now thatn we were then. Those were certainly great times – and unique in a lot of ways. We really burst out of the underground and that was exciting, but the fact we’re still at it now – and getting better still – is the best pay off.
Your success comes from the bottom, you started selling self-produced recordings locally and you succeed to conquer large parts of the New Zealand and Europe music market. Do you feel or think you got other goals in your music career?
The goals are probably quite simple really; to do a great gig next time we’re on stage, to record some new tracks by July, to nail the next European Tour, to play in NYC. We’re not aiming to crack the US Market or win a Grammy or play at halftime at the Superbowl. That’s a whole other scene.
You are about to release the new remix of Mother Mother by Theo Parrish, a true masterpiece. Slow groove, cutting hi-hats, horn section. Theo does what he does and he can always fine. What do you think of the remix and how did the collaboration with this great artist start?
The remix is an amazing, freaky, mind bending trip. Exactly what you’d expect from Theo – he’splaying to his own set of rules. As is often the way the connection was made by a friend of friend, who put the song infront of Theo. The fact it actually happened at all is incredible – he must get asked by pretty much everyone. Actually all the remixes we’ve had done – by Theo, Ashley Beadle (Never Movin), Cosmo (Mother, Mother) and Trojan Sound System (Blackbird) – are fantastic. Hopefully they all see the light of day.
What are your plans and projects for 2014? And which liveshow is the most anticipated this year?
Write and record is the mantra for 2014. Of course we’re fitting in two European tours, more shows in Australia and hopefully a trip to Japan and NYC. The show at Alexandra Palace in North London in October will be our biggest headline show ever – and we aim to preview material of the new album. That’ll be cool.[/tab]
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