L’imminente – questione di poche settimane – avvento del festival Rock In Idro, quest’anno a Bologna all’Arena Joe Strummer al Parco Nord, ci ha permesso di parlare al telefono con uno dei Maestri con la “m” maiuscola se parliamo dell’arte di fare il dj (e dell’approccio “da dj” alla creazione della musica): il signor Norman Quentin Cook alias Fatboy Slim, che di Rock In Idro è prestigioso headliner nella prima serata, quella del 30 maggio, quella dal taglio marcatamente dance. Coi buoni uffici del festival è nata questa gradevolissima chiacchierata, dove il nostro uomo non ha fatto per niente il monumento di se stesso, è sempre stato alla mano, non si è tirato indietro al momento di fare critiche (anche contro se stesso). Lui per primo sa che quanto fatto in passato è, in buona parte, irripetibile: ma questo non per forza significa che questo passato valga di meno, né che il presente o il futuro siano per forza noiosi ed inutili – anche perché ancora oggi vederlo e sentirlo suonare può essere un’esperienza divertente, un’esperienza appassionante, un’esperienza illuminante.
Oh, se siamo qua a parlare è perché sei ancora l’headliner di un festival, pure bello grosso: te la cavi ancora, dai…
Sì! E ti dirò: è davvero sorprendente, considerando che non faccio uscire un disco da chissà quanto tempo. E sai perché non faccio uscire dei dischi da tanto tempo? Perché mi sto divertendo troppo a fare il dj. Però, funziona. Non so nemmeno spiegarmi bene il perché, pare un mezzo miracolo, ma funziona.
Funziona anche ora che non sei più il “vinyl junkie” di un tempo: se non sbaglio da un po’ di tempo sei diventato devoto a Serato…
No dai, “devoto” no! Lo uso. Questo sì. Lo uso, ma non lo amo.
Ma questo deve aver cambiato in qualche modo la tua maniera di suonare. O no?
Massì. Vedi, coi vinili quando volevi fare un mash up l’unica strada per ottenere qualcosa di decente, di suonabile era fare un acetato apposta: ma un acetato non te lo tirano dietro, costa un centinaio di sterline almeno, quindi ti dicevi che insomma era il caso di farlo solo se eri pienamente sicuro del risultato. Con Serato la storia è completamente diversa: puoi fare tutti gli esperimenti che vuoi! Puoi lavorare in tempo reale con l’editing, hai un controllo su tutta una serie di cose che prima erano incontrollabili o quasi, col risultato che provi a fare delle cose che prima non avresti mai provato a fare perché ti sembravano, a occhio, un po’ troppo azzardate. Ora insomma come dj mi sento molto più libero grazie alla tecnologia. E’ molto più facile tra l’altro poter variare il contenuto di un set, andare su e giù rendendo tutto comunque musicalmente sostenibile e coerente.
Tu ovviamente non te lo ricorderai, ma ci incontrammo di persona un sacco di tempo fa. Per la tua primissima data italiana. Al Maffia di Reggio Emilia. Quasi quindici anni fa.
Mi ricordo di quella notte, eccome. Una notte caldissima; un club gonfio di gente all’inverosimile; i vetri dei camerini che vibravano fortissimo per colpa dei bassi; una strepitosa cena a base di tartufi prima di iniziare a suonare.
Complimenti per la memoria! Ti manca qualcosa, di quegli anni?
Eeeeeh… Sai qual è la cosa che mi manca di più? Non scoprire più cose nuove. E’ sempre più difficile per me finire in un club dove non sono mai stato prima, trovarmi in una città che non avevo mai visitato prima. La prima volta che fai una cosa o stai in un posto, beh, ha sempre un che di speciale: ecco, questa è una sensazione che giocoforza per me è sempre più rara, difficile da incontrare. Ogni tanto mi riesce ancora qualche colpo gobbo: che so, trovarmi a suonare al Parlamento inglese, farlo per l’apertura di una Coppa del Mondo calcistica. Però ecco, è sempre più difficile. Ormai ne ho viste molte, fatte molte.
Hai mai avuto la paura che tutto attorno a te stesse diventando, in qualche modo, “troppo grosso”? Difficile quindi da gestire in modo sensato, umano?
Tantissime volte. Tantissime. Ma a me è andata bene, direi per una questione generazionale: le cose sono cresciute piano piano con me, quando il gioco è diventato impegnativo e con grossi interessi in ballo io, insomma, un po’ di esperienza ce l’avevo già e ho saputo come barcamenarmi. Ti dico onestamente: se a diciannove anni mi fossi ritrovato in mezzo a quello in cui si ritrovano oggi un Avicii o una Swedish House Mafia sarei, circa, andato via di testa… Tipo che oggi sarei in prigione. O direttamente sotto terra in un cimitero.
Non ti è successo. Forse non è mera questione generazionale, o non solo quella: forse anche tu hai saputo essere saggio il giusto?
Ad un certo punto mi sono stancato, e questa è stata una fortuna. Stancato di fare festa tutto il tempo. E’ bellissimo fare festa, bellissimo!, davvero; ma anche le cose più belle possono venirti a noia. E questa di tanto in tanto può diventare una salvezza.
Ma quando non devi andare a suonare da qualche parte, hai ancora voglia di andare in giro per club e semplicemente divertirti un po’?
Sinceramente? No. Prendiamo il 2013: di date ne ho fatte novantatré. Ripeto: novantatré. La volta che hai un weekend libero, ammesso che capiti, ti assicuro che non hai più molta voglia di andare in un club. O almeno, io non ne ho più.
Però il clubbing e la club culture restano sempre il tuo ambito d’elezione. A tal proposito, guardiamo un po’ alla line up di Rock In Idro, guardiamo gli headliner: tu, ma poi Iron Maiden, Pixies, Pogues, Queens Of The Stone Age… Tutto di altissimo livello, ma viene da chiedersi: “Fatboy Slim cosa c’entra in tutto questo?”.
Infatti non c’entro nulla. Ma a Rock In Idro hanno fatto le cose per bene, quindi invece di mescolare tutto indistintamente in un’unica giornata hanno creato delle serate separate, ognuna con la propria identità. La mia è di taglio marcatamente dance, com’è giusto che sia. Non mi sarebbe piaciuto suonare nella stessa serata dei Pixies o degli Iron Maiden, per dire…
Sai che questo quasi mi sorprende? Perché comunque tu sei un dj con un’esperienza e un eclettismo rari, è difficilissimo affrontare un pubblico “altro” rispetto al proprio, bisogna avere un certo tipo di preparazione “generalista” e mi sembra che tu ne abbia come pochi altri. E non mi pare che tu ti tiri indietro quando ci sono da sfidare grandi folle e contesti particolari.
Non è che non mi sia mai capitato di suonare dopo band rock di fama immensa, anzi. Ricordo benissimo la prima volta che mi successe, precisamente a Roskilde: prima di me sul palco una sfilza di rock band gigantesche, spettacolari, e poi che succede? Succede che il pubblico vede salire sullo stage il sottoscritto, uno sfigato con solo un mixer e un giradischi – niente chitarre, niente batterie con sedicimila tom, niente ampli giganteschi e scenografie apposite, solo io, i miei dischi, il mio mixer, due giradischi… Mi sono sentito veramente schiacciato – poi però è andato tutto bene, così come è andata bene tutte le altre volte in cui mi sono ritrovato in situazioni simili. Però ecco, se posso scegliere preferisco essere nel “mio” ambiente davanti alla “mia” gente: davanti cioè ad un pubblico che conosce, apprezza e ama la musica da ballare in un club.
Qual è il contesto perfetto, per te?
Festival come Glastonbury, o come Exit in Serbia: hanno le loro aree dance dedicate, ma al tempo stesso non sono schiavo dei nomi e della fama degli headliner, la gente va a quei festival a prescindere da chi ci sia in cartellone, il loro entusiasmo non è influenzato dalla fama di questo o di quello. Sono presi bene a prescindere. Poi, un altro contesto che adoro è quello dei grandi party in spiaggia: dopo aver fatto quello storico a Brighton, che è stato un gran rischio ma è terminato in un trionfo, ho avuto la fortuna di venire chiamato per fare cose simili ai quattro angoli del mondo – Brasile, Australia, Giappone… Adoro suonare circondato dalla sabbia.
Tornando per un attimo all’Italia, hai sempre aperto un buon canale col nostro paese: penso al tuo rapporto con dj e producer di casa nostra come Santos o Riva Starr. Hai notato qualcosa di particolare in chi arriva dalle nostre parti? Esiste qualche specificità italiana, nel campo?
La cosa buona, e decisiva, è che voi italiani vi siete innamorati della house praticamente negli stessi anni in cui è successo a noi inglesi. In altre parti del mondo invece ci si è arrivati un po’ dopo, in alcuni casi anche molti anni dopo: la differenza, in qualche modo, si sente. Da voi sono arrivati grandissimi dischi techno e house fin dagli esordi della scena, e quando parti da una tradizione forte e di qualità è difficile che poi tu perda completamente la bussola. Hai gli esempi giusti, se li vuoi andare a cercare, lì hai lì accanto a te: e quindi è più facile che tu, facendo il paragone con la cucina ovvero un campo in cui voi italiani siete indiscussi maestri, possa scegliere gli ingredienti giusti scegliendo anche il modo giusto per cucinarli. C’è una cosa che amo in generale dei dj e producer italiani: non si sono mai messi ad inseguire i trend. Hanno sempre avuto l’approccio, almeno quelli che conosco io, stile “So quello che faccio, lo faccio bene, mi piace farlo, continuerò a farlo, e chi se ne frega se nel mondo le cose al momento vanno diversamente”. Quanto mi piace questa cosa!
Tra l’altro per l’esperienza che hai, in qualità e quantità, penso che tu sia una delle persone più accreditate a cui chiedere un parere sullo stato di salute della club culture oggi come oggi: come stiamo messi?
Beh. Negli ultimi anni è arrivata questa componente che ha reso la club culture, o almeno una sua parte, una specie di mostro commerciale globale. Stiamo vivendo una bolla: una bolla che prima o poi esploderà, perché quello che sta succedendo attorno alla musica elettronica è troppo grande, troppo commerciale, troppo pieno di lustrini. Quando questa bolla esploderà, niente paura: perché comunque c’è stato, c’è e ci sarà sempre un numero sufficiente di persone che ha lavorato e lavora nell’underground, o in ogni caso rifuggendo i circuiti più commerciali. Loro, essendo abituati a stare sottoterra, resisteranno tranquillamente alla grande esplosione della bolla. Topi che resistono alle radiazioni, ecco! E per fortuna che ci sono, per fortuna. Comunque sì: oggi sotto molti punti di vista stiamo vivendo in una bolla che è destinata a scoppiare.
“Stiamo vivendo una bolla: una bolla che prima o poi esploderà, perché quello che sta succedendo attorno alla musica elettronica è troppo grande, troppo commerciale, troppo pieno di lustrini.“
Ma la scena underground continua anche ad essere artisticamente vitale, oltre ad avere come valore in sé il fatto di essere underground?
Credo di sì. Più il mainstream si fa cheesy, più l’underground si sente spinto ad essere più solido, più intransigente, più coraggioso. A questo aggiungi il fatto che, parlando in generale, non c’è mai stato un momento migliore nella storia per fare il dj o il producer di musica dance: sono trent’anni che sono in mezzo a questa faccenda, e ti posso dire che mai come in questi anni una figura come la mia è stata così rispettata, ben pagata, considerata importante. Questo significa che è attraente mettersi a fare il dj: per un mero calcolo statistico, questo vuol dire che è più facile arrivino nel nostro campo persone di talento.
Però permettimi una domanda: tu cosa sei? Intendo: si sente chiaro il tuo sentirti estraneo da certe logiche grandiose e commerciali, e va bene, al tempo stesso però credo che tu per primo non abbia voglia di definirti un soldato dell’underground. Quindi?
Hai ragione. Non sono né carne né pesce. Né underground né mainstream. Insomma, sono bloccato lì, a metà strada tra la spazzatura e le stelle (in inglese “halfway between the gutter and the stars”, chiaro riferimento al titolo del suo LP datato 2000)… un piede di qua, uno di là… è il mio destino, da sempre. Sono sempre stato un po’ a metà rispetto a questi due campi, sperabilmente rispettato il giusto sia dall’uno che dall’altro.
Ci sono errori passati che rimpiangi?
Errori? Beh, quando suoni ne fai parecchi: mettere un disco alla velocità sbagliata, fermarlo per errore, suonare lo stesso pezzo che hai suonato mezz’ora prima e non accorgertene – tutte queste le ho fatte tutte! Tutte! E altra ancora. Va detto che con la tecnologia è sempre più raro incorrere in errori del genere. Ma non esiste tecnologia al mondo che ti possa mettere al riparo dall’errore più grosso per un dj: suonare il disco sbagliato al momento sbagliato, e vedere la pista che si svuota…
In effetti.
Sai, la cosa mi terrorizza a tal punto che ancora oggi è uno dei miei incubi ricorrenti quando dormo: sbaglio completamente il pezzo da mettere, la gente mi guarda attonita e con un’aria di disgusto, io che mi fiondo sull’altro giradischi ma non c’è nessun vinile sopra e non riesco a farmi venire in mente cosa poter cercare nella borsa… aaaaah…
A proposito di dischi e vinili da cercare: quando ci capiterà di cercare nelle nostre borse o nei nostri hard disk nuovi album di Fatboy Slim? Scusa la domanda banale, ma è inevitabile.
Fai benissimo a chiedermelo. Ma non posso che risponderti che al momento una prospettiva del genere non mi pare all’orizzonte. Sai, non voglio infliggere alla gente l’ascolto di materiale di cui manco io sarei pienamente convinto.
Ok, niente produzioni nuove da parte tua, ma c’è in giro qualcuno che quando lo ascolti ti dici “Wow, questo ci sa fare”?
Skrillex. Nel momento in cui ha capito che poteva e doveva uscire dai confini del dubstep. Lo ascolto, e ritengo abbia un buon orecchio e una buona comprensione della musica.
Un’ultima cosa: abbiamo parlato degli errori “professionali”, quelli da dj, ma in realtà volevo anche chiederti se avevi dei rimpianti più generali nella tua vita, cose che hai fatto (o non hai fatto) di cui ti penti.
Non ho veri rimpianti. Sono stato fortunatissimo: sono vissuto esattamente nel momento storico in cui il ruolo dei dj è passato dal non contare quasi nulla al contare tantissimo, gli ormai trent’anni di carriera mi hanno fatto vivere per intero questa parabola – prendendola dal verso giusto. Per venticinque anni poi c’ho dato anche dentro, mi sono divertito come un matto, ho fatto festa come non ci fosse un domani; poi un giorno, cinque anni fa, ho capito che era arrivato il momento di darci un taglio, col bere e in generale il fare festa ad ogni costo. Sto benissimo così. Stavo benissimo prima, sto benissimo adesso.