Quante volte vi è capitato di ascoltare un pezzo, una traccia, un disco e subito esclamare con gioia: “che bomba! senti che potenza! senti che sound!”.
Poi lo risentite con attenzione, studiate ogni passaggio, pausa-pisciatina in bagno, lo risentite ancora…e allora là, nasce un quesito dentro la vostra testa: “bello, ma alla fine è semplicissimo, cazzo, …due suoni… due note… però senti come suona!
Beh a me personalmente, forse anche per “deformazione professionale” è capitato molte volte di farmi questi pensieri nella mia testa bacata, e quasi subito ho trovato la risposta: il mastering.
Dall’ormai onnipresente Wikipedia:
Il Mastering è il processo fondamentale per creare il Master di un album musicale partendo dalle tracce ottenute dopo il missaggio. Il Master è quindi la copia dalla quale verranno stampate tutte le altre.
Il Mastering ha fondamentalmente due scopi:
1. Amalgamare i brani presenti su un album (a meno che non si tratti di un singolo brano) decidendone la scaletta, le pause tra i brani e uniformandone i volumi, la risposta in frequenza e l’immagine stereofonica.
2. Ottimizzare la resa sonora dei brani rispetto al supporto su cui verrà stampato l’album (cd, dvd, vinile o altro) facendo sì che il disco riesca a suonare al meglio su qualsiasi supporto venga riprodotto.
PS: leggetevi bene la parte “problematiche e leggende legate al Mastering”.
Da allora mi si è aperto un mondo, mi informo, leggo, ricerco tutti gli studi esperti in materia, leggo su ogni disco dove è stato fatto il mastering, (ho capito che Babicz è un mostro in quest’arte, vedete il video a fondo pagina), ascolto i dischi con un altro orecchio! E allora ho dedotto che una grande percentuale di probabilità della riuscita e del successo di un disco è in mano a chi è seduto lì, in studio, a sudare con i compressori, filtri, equalizzazioni e tutto il resto per la perfetta riuscita dell’ultimo passaggio della “catena di montaggio” di un disco: il master finale. E così a volte da compratore/cultore/miscelatore di musica preferisco un disco “semplice” (apparentemente), ma che suona da dio, bello pieno, “caldo”, profondo… Ad un altri invece, che magari sono di indubbia qualità e varietà di idee, ma che poi alla fine, sugli impianti grossi e potenti dei club (e quasi mai settati bene) non rendono a dovere… Ah chiaramente servono delle scuole e dei corsi specifici per essere maestri nell’arte del mastering (perchè sennò si rischia di fare dei grossi casini), e da quello che so, potrebbero essere giusti indirizzi quello di sound design allo IED oppure il SAE. 😉