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[tab title=”Italiano”]Daisuke Tanabe è uno di quei musicisti in grado di far sembrare semplici le cose complicate. Non solo nelle sue tracce, che sono orecchiabili nonostante le strutture ritmiche siano complesse, ma anche quando gli parli, forse anche per via di un po’ di barriera linguistica, sembra sempre che ti dica solo l’essenziale, senza orpelli e inutili fronzoli. Non per questo però va considerato uno troppo sintetico: dietro le sue parole, come dietro la sua musica, si vede chiaramente una riflessione attenta e, come spesso capita nella cultura giapponese, un’attenzione a rimuovere il superfluo più che ad aggiungere.
Il tuo sound mi sembra essere estremamente difficile da rinchiudere in un solo genere specifico: tu come descriveresti, in generale, la tua musica?
Ho trovato il mio album nelle sezioni j-pop, new age ed electronica dei negozi, e non sono sicuro nemmeno io di quale sia quella corretta in cui classificarmi.
Leggendo la tua biografia, sembra che uno dei momenti chiave della tua carriera sia stato il periodo che hai passato a Londra. Come è stato che hai deciso di trasferirtici per un po’, e come ha influito quel periodo sulla tua musica?
La mia musica è diventata più clubby. Prima di Londra, non avevo mai pensato all’importanza delle linee di basso e a a cose del genere. E tuttora non sono sicuro che sia stata una cosa positiva, cominciare a pensarci.
Parlando del tuo periodo a Londra, proprio là nel 2010 hai partecipato alla Red Bull Music Academy. Ti va di raccontarci qualcosa di quell’esperienza?
E’ stato fantastico incontrare tutti quei grandi musicisti dai quattro angoli del mondo, ha sicuramente contribuito a espandere la mia idea di musica. Ed è anche stata un’enorme opportunità di imparare a collaborare con altri musicisti.
Nonostante il tempo che hai passato a Londra, la tua musica mantiene comunque, secondo me, un feeling distintamente giapponese: è così anche per te? Ti senti, in qualche modo, una sorta di punto di contatto tra il Giappone e il Regno Unito, da un punto di vista musicale?
Ho passato qualche anno a Londra, ma la maggior parte della mia vita l’ho passata in Giappone. La mia musica è basata principalmente sulla cultura giapponese e sull’ambiente che mi circonda al momento, ma allo stesso tempo amo i suoni UK. Quindi sì, credo di sì.
Un tema ricorrente nella tua musica e in altre tue interviste sembra essere la musica per bambini: so, ad esempio, che collezioni strumenti musicali per bambini. Vuoi raccontarci qualcosa di questa tua passione?
Molti dei miei amici sostengono che io mi comporti spesso come un bambino. E faccio musica per me stesso per la maggior parte del tempo.
Parliamo del tuo prossimo album, “Floating Underwater”: come è nato, e cosa possiamo aspettarci dall’ascolto?
Qualcuno ha detto, ascoltando una delle tracce dell’album, che io mi prendo sempre dei rischi. Non capisco bene a cosa si riferisca con la parola “rischi”. Significa che non seguo le mode? Se è così, non è affatto un rischio. Penso più che il rischio quando si produce una forma d’arte sia copiare cosa fanno gli altri e perdere la propria originalità. Nel mio album potete aspettarvi musica originale che proviene solamente da me (almeno, spero).
Avevi in mente un contesto specifico in cui ascoltarlo, mentre producevi “Floating Underwater”? A che tipo di esperienza d’ascolto è mirato, secondo te?
Assolutamente no, non avevo in mente un contesto in particolare. Nel mio caso, ascolto musica in ogni situazione e ogni volta la musica mi dà sensazioni differenti.
Non hai rilasciato niente di ufficiale dal 2012 a oggi. Hai passato gli ultimi due anni a concentrarti sull’album?
In realtà ho rilasciato qualcosa, ma erano compilation e remix. In ogni caso fin dall’uscita del mio ultimo album “Before I Forget” volevo già fare un album nuovo, però mi ci è voluto davvero molto tempo per deciderne la direzione.
Suonerai live in giro per il mondo per promuovere l’album? Hai una “live version” del disco già in mente?
Spero di sì. Sicuramente ho una versione live dell’album. Grazie per aver letto il mio inglese rotto e glitchy![/tab]
[tab title=”English”]Daisuke Tanabe is a musician able to make complex things seems simple. Not only in his tracks, that sound pleasant even when their rhythmic structure are very complex, but also when talking to him, maybe also because of some kind of language barrier: he always seems to say just what is essential, with no useless informations. He shouldn’t be considered too synthetic though: behind his words, as with his music, a careful reflection is evident along with an attention to removing what is unnecessary, instead of adding, as it often happens in the Japanese culture.
Your sound seems to be extremely difficult to enclose in a specific genre: how would you describe your music, generally speaking?
I found my new album in the J-pop, New Age and Electronica section and I’m not sure which genre is the correct one for me.
Reading your bio, it seems like one of the key moments in your career was the time you spent in London. How did you decide to move there for a while, and how did that period influence your music?
My music got more clubby. Before London, I never thought about the importance of bass lines and all that thought of things. And I’m still not sure if this was a good thing to start thinking about it.
Speaking about your time in London, you also participated in the Red Bull Music Academy there, in 2010. Can you tell us something about that experience?
It was great to meeting up all the amazing musicians from all over the world. It definitely expand my thought of music. And also it was a great opportunity to learn how to collaborate with other musicians.
In spite of the time you spent in London, your music still retains, in my opinion, a distinctly Japanese feeling: is that so? Do you feel like some sort of a melange between Japan and the UK, from a musical point of view?
I spent a few years in London. But I spent most of the time of my life in Japan. My music is based on Japanese culture and my current environment but I also I love UK sounds. So yes, I think so.
A recurring theme in your music and in other interviews you’ve given seems to be music for children: i know, for instance, that you collect musical instruments for children. Can you tell us something about this passion of yours?
Many of my friends told me that I behave like a kid. And I make music for myself most of the time.
Let’s talk about your upcoming album, “Floating underwater”: how did it come together, and what should we expect from it?
Someone commented on one of the tracks from the album that I always take risks. I don’t understand what the word “risk” is all about. Does this mean I don’t follow current musical trends? If so, I think that’s not a risk at all. I feel that the risk of making art is to copy what other people do and loose your originality. On my album you can expect original music that comes solely by me (I hope).
Did you imagine a specific listening context when producing “Floating underwater”? What sort of listening experience is it aimed to, in your opinion?
Absolutely not. In my case I listen to music in all situations and each time music gives me different feelings.
You haven’t been releasing anything officially since 2012. Did you spend the last two years focusing on the album?
I actually did some releases. But it were compilations and remixes.Anyway, since the last solo album “before I forget” I always wanted to make a new album. But it took me a very long time to decide the direction for the album.
Are you going to play some gigs around the world to promote the new album? Do you have a “live version” of the album already in mind?
I hope so. I got a live version of the album for sure. Thanks for reading my glitchy broken english![/tab]
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