Soundwall è un mostro strano: ha mille teste più di cerbero e decine di migliaia di anime. Il nostro universo di riferimento, quello della musica da ballo e dalla club culture, si è evoluto e anno dopo anno gli steccati sono stati via via quasi tutti abbattuti. Qual è la nostra musica? È difficile dirlo, per questo abbiamo deciso di cimentarci con l’agognato tema delle classifiche di fine anno usando un sistema particolare: qui sotto trovate due album per ognuno dei membri di quella che potremmo definire una redazione. Inizialmente c’eravamo dati due vincoli: un disco doveva appartenere per forza all’ambito clubbarolo, mentre per l’altro valeva la regola aurea del “libera tutti” (e chi segna per primo, vince). Mentre ci cimentavamo con le scelte, però, più andavamo avanti e più ci rendevamo conto che non aveva senso attribuire delle etichette anche lì dove le etichette non servono. Questi siamo noi, con le nostre diversità, le nostre incongruenze e le nostre visioni differenti. Questo è Soundwall, prendetelo così. Prendeteci così. Il 2014 è stato un anno importante scandito per noi dal traguardo del quinto compleanno. Ora è tempo di azzerare il contatore e ripartire. Come sempre a tempo di musica. La nostra, questa volta sì, musica.
[title subtitle=”Carlo Affatigato”][/title]
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[title subtitle=”Alex Banks – Illuminate (Monkeytown)”][/title]
Pochi dubbi sul titolo di disco dell’anno, se ne esce uno che si candida fortemente per quello di disco del decennio. Arriva da esordiente, Alex Banks, direttamente alla Monkeytown con un album che apre uno squarcio nel trend emozionale sbocciato quest’anno: “Illuminate” prende posto col suo approccio fondamentalmente classico eppure potentissimo, non si ferma a “suonar bene” ma va giù, fino in fondo, fino a raggiungere un suono definitivo. Si può esser definitivi in un disco di area intelligent & trip hop, con tutti gli anni di ricerca alle spalle? Ascoltare per credere. Track consigliata: All You Could Do
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[title subtitle=”Munk – Chanson 3000 (Gomma Records)”][/title]
La disco music in cima tra i migliori dischi del 2014? È mai possibile? Sì, se in giro c’è ancora un tipo chiamato Munk che ha il groove nel sangue e un talento inarrivabile nel perfezionare le forme. “Chanson 3000” spiega in maniera semplicissima come la quintessenza della disco music possa ancora vivere ai tempi d’oggi: con quel piglio accattivante, lo spirito catchy, i movimenti libertini, l’immancabile faccia tosta di un genere che sa ancora usare la testa. Perfetto per tutte le età e tutte le stagioni. Track consigliata: Happiness Juice
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[title subtitle=”Matteo Cavicchia”][/title]
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[title subtitle=”Lone – Reality Testing (R&S Records)”][/title]
Il suono di Detroit e quello di Chicago, beat hip hop e il tiro funk che caratterizza da sempre la sua discografia: “Reality Testing” di Lone, la sua seconda raccolta su R&S Records, è una miscela eterogenea dove, grazie al sapiente uso dell’editing, delle registrazioni ambientali e il totale abbandono di artifici e trick da post-produzione, l’artista inglese riesce a mantenere equilibrio e armonia tra elementi tanto distanti tra loro. Si tratta di un album semplice e schietto, immediato e fisico, vivo e avvincente. In “Reality Testing” Matt Cutler non è si inventato praticamente nulla, ma in cui dimostra di saper trovare un posto a ogni cosa senza diventare banale. Nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio. Track consigliata: Restless City
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[title subtitle=”Illum Sphere – Ghosts Of Then And Now (Ninja Tune)”][/title]
Riverberi di burialiana memoria, beat articolati dal sapore UK-dub, echi soul e flash in bianco e nero immergono “Ghosts Of Than And Now”, l’opera prima del britannico Ryan Hunn, in una fitta nebbia di dolce e accogliente pessimismo. Illum Sphere fa centro al primo colpo e ci consegna, via Ninja Tune, una raccolta in cui dimostra di sapere cavalcare, con il misurato equilibrio di chi ha la stoffa del campione, la più totale apertura alle contaminazioni che hanno contribuito alla sua invidiabile formazione artistica. Il suo album d’esordio è un’imperdibile raccolta crespuscolare che taglia in due la notte, abbracciando le nostre invincibili malinconie. Track consigliata: Love Theme From Foreverness
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[title subtitle=”Emiliano Colasanti”][/title]
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[title subtitle=”Dean Blunt – Black Metal (Rough Trade)”][/title]
Parlare di musica elettronica nel 2014 è difficilissimo: i confini sono più che labili e gli universi si toccano sotto l’egida di una confusione elevata a branca stilistica. Dean Blunt si è formato nella Hyperdub, mentre col suo altro progetto, Hype Williams (insieme a Inga Copeland), è arrivato ai cuori e alle orecchie della generazione…ehm… hipster. Stiamo parlando quindi di roba buona per sudare sul dancefloor? Per niente. La musica di Dean Blunt è inafferrabile e fumosa (nel senso di dopata), sospesa e figlia di un cantautorato soul digitale in cui i suoni generati dalle macchine e quelli creati dagli strumenti convivono in uno strano incrocio emozionale e dai toni sempre scuri. È lo-fi, ma il tipo di lo-fi che ti può capitare di ascoltare a un after, giusto un attimo prima di tornare alla vita vera. Track consigliata: 50 Cent
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[title subtitle=”Damon Albarn – Everyday Robots (Warner)”][/title]
Il pop come dovrebbe sempre essere: intimo, ma capace di arrivare a tutti, convoluto ma anche semplice, libero ma soprattutto ispirato. Damon Albarn è il songwriter perfetto, conosce le regole e sa bene come violarle. Per la prima volta – più o meno – decide di metterci il nome e il cognome, portandosi in dote tutto quello che ha seminato nel corso della sua lunga carriera: le suggestioni afro, la secchezza dell’hip hop e quelle melodie lì che le senti una volta e capisci subito chi le ha firmate. Tutto grazie a un’idea di suono precisa: pochi suoni, beat scarni e caracollanti, qualche arco (sia reale che campionato) e poi il solito pianoforte e la solita chitarra. È il disco della maturità che il guitar pop stava cercando da sempre, realizzato dall’unico che sapevamo potesse essere in grado di farlo. Track consigliata: The Selfish Giant
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[title subtitle=”Antonio Fatini”][/title]
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[title subtitle=”Drink to me – Bright White Light (42 Records)”][/title]
La sparo subito grossa: questo disco è stato il mio personalissimo “Syro”. Quella cosa che avrei voluto condividere con gli amici e il mondo intero prima ancora che fosse disponibile. Pur di farlo mi sono ritrovato a condividere screenshot del player sul mio iPhone. I Drink To Me sterzano pesantemente verso l’elettronica, abbandonano le chitarre e si ritrovano a giocare senza alcun tipo di remora in un campo di sonorità che non gli era mai appartenuto ma con cui si divertono da morire. La mano solida di Alessio Natalizia (tra i suoi tanti progetti anche la firma Walls) si sente e infiocchetta un album bellissimo, che rende di Cristo anche live. Non lasciatevi però trasportare solo dai suoni, ascoltatene bene i testi, dove Marco Jacopo Bianchi (conosciuto anche come Cosmo) da il meglio di se anche in inglese. Track consigliata: No Treasure
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[title subtitle=”Andy Stott – Faith in Strangers (Modern Love)”][/title]
Album di una concretezza rara. Andy Stott attraversa la materia e lo spazio come solo lui sa fare. Mescola e gioca con suoni e rumori che spesso non è facile digerire a cuor leggero. Come ogni sostanza psicotropa “Faith In Strangers” è stupefacente, ma il viaggio dipende solo da noi. L’ultimo lavoro di Stott trova forma concreta nella testa di Modigliani che spicca sulla copertina: linee nette, precise, rotondità e simmetria, colori freddi ma allo stesso tempo emozioni caldissime. Track consigliata: Violence
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[title subtitle=”Mattia Grigolo”][/title]
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[title subtitle=”Tobias – A Series of Shocks (Ostgut Ton)”][/title]
“A Series of Shocks” è un disco composto, pensato e suonato per stare nelle viscere. Di chi? Di che cosa? Un gigante. Una cosmonave. Un Elefante. Un carrello lasciato libero di scorrere sui binari di una miniera, lanciato verso il ventre della terra. Il tappeto di Aladino. Le onde. Una cometa. Non è solo techno, sarebbe riduttivo. E’ il movimento costante di questo disco. Non si ferma mai, qualsiasi cosa faccia, che salga oppure che scenda. E’ il motivo per cui ogni cosa che abbia un reale valore viene apprezzata, al di la delle definizioni: dove mi sta portando? Track consigliata: He Said
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[title subtitle=”Cliff Martinez – The Knick OST (Milan Records)”][/title]
Se c’è una cosa che Cliff Martinez sa fare piuttosto bene quando compone colonne sonore, è donare punti d’arrivo perfetti. Il cerchio che si chiude senza spirali. Non è l’unico, sia chiaro, ma non è nemmeno così scontato. Con The Knick fa di più: lega materiali indissolubili azzardando, consapevole che occorre sfondare più di una porta, per entrare di diritto in qualcosa. Scegliete voi cosa. Dunque, in un drama basato su vicende in parte realmente accadute all’inizio del secolo scorso, il compositore gioca magistralmente con suoni modulari, creando attimi destabilizzanti e proiezioni oscure che, come già detto, chiudono lucchetti senza chiavi. Track consigliata: Son of Placenta Previa
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[title subtitle=”Damir Ivic”][/title]
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[title subtitle=”Dave Aju – Black Frames (Circus Frame)”][/title]
Un disco da club (per il pedigree dell’autore, uno visto in giro con gente come dOP, Tiefschwarz, Guillaume) ma con momenti beyond, per come spesso e volentieri da altezze di crociera house si adagia su bpm lenti. Ciò che invece fa sempre, e non solo spesso e volentieri, è sciorinare classe altissima, decisamente sopra ogni media attuale. Si parla poco del producer di San Francisco (trasferitosi, guarda un po’, a Berlino), si vede che non ha il management danzettaro giusto, ma il talento che ha lui ce l’hanno in pochi. Un album come “Black Frames” lo dimostra al meglio: inventivo, raffinato, pieno di gusto. Track consigliata: Vins Noirs
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[title subtitle=”Plaid – Reachy Prints (Warp)”][/title]
Un disco beyond ma, a ben vedere, il disco forse più danzabile mai fatto dai Plaid: la cassa dritta pulsa decisa e continua infatti, anche se nascosta da architetture gotiche che complicano le geometrie e che soprattutto danno le vertigini per la loro bellezza. Tutti a parlare di “musica” e di quanto sia importante, ma quanto fanno Andy Turner ed Ed Handley disegnando melodie, cesellando cambi armonici, citando tanto Jean Michel Jarre quanto Mussorgskij o gli Autechre senza mai diventare inutilmente complicati o cervellotici, è incanto puro. In “Reachy Prints” come forse mai in passato. Track consigliata: Hawkmoth
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[title subtitle=”Dimitri Quintini”][/title]
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[title subtitle=”Gigi Masin – Talk to Sea (Music From Memory)”][/title]
“Talk To The Sea” è un viaggio ambient, frutto del talento e della carriera artistica di Gigi Masin. Premi play e dici a te stesso “ok, il mondo frenetico là fuori può aspettare, almeno per un’ora”.Capisci quanto è bella quella pausa fatta di lande sonore inesplorate, perché quella musica ti sta toccando l’anima e tu puoi solo ricominciare, rimettendo il disco dall’inizio, ancora e ancora. Immenso e sempre diverso perché cambia con lo stato d’animo di chi lo ascolta, un disco praticamente eterno. Track consigliata: Music For Chameleons
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[title subtitle=”Efdemin – Decay (Dial Records)”][/title]
Scuro, notturno, “Decay” è un dancefloor sudato di qualche scantinato di Neukoln. Qua però si va oltre la mera “potenza”, oltre al cibo per le gambe, perché sì è un disco techno, ma al tempo stesso estremamente ipnotico. Può stare nel iPod e al tempo stesso in un Funktion One, non sfigura in nessun caso, in perenne equilibrio tra gambe e mente. Track consigliata: Drop Frame
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[title subtitle=”Federico Raconi”][/title]
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[title subtitle=”Detroit Swindle – Boxed Out (Dirt Crew Recordings)”][/title]
Quando ti cuci addosso un’eredità granitica come quella della Motown, devi dimostrare (innanzitutto a te stesso) di essere all’altezza del compito. Lars Dales e Maarten Smeets, nati e cresciuti tra i canali di Amsterdam, dopo essere esplosi nel 2012 grazie ai loro singoli su Dirt Crew e Freerange (mica due etichette a caso) hanno provato a racchiudere l’essenza di ciò che è stata e che è oggi la musica house all’interno della loro prima fatica. Un disco interamente da ballare, capace di carpire tutte le sfumature di un suono che dopo trent’anni sembra non aver ancora esaurito il suo corso. Track consigliata: 64 Ways
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[title subtitle=”Cuthead – Total Sellout (Uncanny Valley)”][/title]
E’ il Robert Arnold del ritorno alle origini quello che filtra da “Total Sellout”. Un grido di ribellione all’etichetta di artista tipicamente house oriented che le sue ricercatissime produzioni su Uncanny Valley degli ultimi anni gli avevano prepotentemente avvicinato. Ciò che trasuda dalle diciotto tracce contenute nell’album (originariamente erano ben cinquantuno) è un chiaro omaggio alle sue radici hip hop ed agli scatenati party organizzati nelle periferie di Dresda con la sua Kunst:stoff Breakz. Track consigliata: All Night Long
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[title subtitle=”Marco Ricci”][/title]
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[title subtitle=”Pharrell Williams – G I R L (I Am Other/Columbia)”][/title]
Prima della collaborazione con i Daft Punk lo si cercava su “Chi l’ha visto?”, dopo l’incontro con Thomas e Guy-Manuel è diventato il personaggio dell’anno (grazie anche dal suo ormai famoso “cappello fashion” durante i Grammys) e nella sua testa si è smossa la voglia di far musica – aiutato da eccellenti featuring. In questo mare di techno un po’ di pop ci vuole soprattutto quando è ben fatto e accompagnato da buonissime collaborazioni, le migliori in questo pop contemporaneo. La faccia da bambino (che ormai non è più) colpisce ancora e ci ha resi, in questo mondo tutti un po’ più Happy e speriamo anche un po’ più Get Lucky. Aspettiamo il prossimo LP sperando che Mr. Williams si impegni un po’ di più…da solo. Track consigliata: Gust Of Wind
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[title subtitle=”Moodymann – Moodymann (Mahogani Music)”][/title]
Non sarà l’uomo più socievole del mondo e non sarà disponibilissimo con i media, ma quando è in studio conosce bene la formula della vittoria. D’altronde chi si fa gli affari suoi campa cent’anni, così si dice, no? Ogni sua produzione è sempre stata una goduria e questo nuovo album ne è un’ulteriore conferma grazie alle ventisette tracce che lo compongono, che per un LP possono sembrare tante ma per Moody non sono niente e il disco scorre con una tranquillità, un ritmo e quando presenti, delle linee vocali sorprendenti. Tra l’altro è consigliatissima la visione dei video di Lyk U Used 2 (produced by Andrés & Moody) e di Come 2 Me feat. Andrés & Nikki-O: non smetterete più di toglierli dal loop audio / video e finalmente farete il logout da Facebook affinché nessuno possa più disturbarvi. Occhio alla gambetta che già comincia a muoversi… Ogni dj dovrebbe portar con se almeno un disco di Kenny Dixon Jr. nella borsa dei dischi, sarebbe sicuramente una nottata migliore quando e se decidesse di suonarlo. Lunga vita alla Mahogani Music! Track consigliata: Come 2 Me
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[title subtitle=”Mattia Tommasone”][/title]
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[title subtitle=”Todd Terje – It’s album time (Olsen Records)”][/title]
Dopo un paio d’anni consecutivi in cui i suoi singoli apparivano in un po’ tutte le classifiche di fine anno, era ora di un album, e lo sapeva anche Todd Terje: era ora di dimostrare di essere più di un eccellente produttore “da hit”, di osare un po’ di più e di mostrare il talento. Missione compiuta, Terje: le hit ci sono, eccome, ma ci sono anche azzardi riuscitissimi come la cover di Johnny and Mary e in generale c’è tanto di quel feeling da film di spie anni ‘80 a cui il baffuto ci ha abituati e a cui ci siamo affezionati. Track consigliata: Johnny & Mary
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[title subtitle=”Guy Gerber & Puff Daddy – 11 11 (Rumors)”][/title]
Puff Daddy è uno che quando si parla di music business ha sempre avuto l’occhio lunghissimo, per cui era solo questione di tempo prima che decidesse di mettere un piede nella musica più danzabile, visto anche che ormai lo si vede più a Ibiza che altrove. Avrebbe potuto tuffarsi nell’EDM più becera e si sarebbe comunque arricchito, e invece ha preso un produttore rispettatissimo in certi ambienti ma ancora praticamente sconosciuto al grandissimo pubblico, e insieme hanno rilasciato – in free download! – un album cupo e di classe come non ci saremmo mai aspettati. Track consigliata: My Heart
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