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[tab title=”Italiano”]Il suo album omonimo è stato tra i migliori del 2014, d’altronde Chris Clark, in musica solo Clark, è oramai un artista consolidato, al suo settimo lavoro sulla lunga distanza, su Warp, come tutti i precedenti del resto. Lo intervistiamo in una fredda mattinata invernale milanese, in occasione della sua data al Magnolia, per chiedergli qualcosa di più sul suo nuovo lavoro “Clark”, di come vive e intende la musica, ma anche su come sia inevitabile essere influenzati anche dalle cose che non ci piacciono.
La tua prima release è del 2001, ma posso pensare che tu fossi un appassionato di musica elettronica già prima. Come sono stati i tuoi inizi, come clubber o in altro modo?
Andavo soprattutto a rave e party underground ma non seguivo assiduamente la scena, ascoltavo molto heavy metal, musica classica e rap. Non mi sento di “appartenere” solo alla musica elettronica, la mia è una combinazione di tutte queste influenze.
So che non ti consideri un artista elettronico, ma usi un sacco di strumentazione elettronica. So che la tua musica può cambiare velocemente, ma come descriveresti la tua musica oggi? Includendo anche aspetti emozionali se vuoi.
Mi piace cosa faccio, non voglio sembrare un musicista elettronico, perché mi piace suonare tutti gli strumenti. Amo usare cose elettroniche ma spesso suono il piano e studio musica. Solo la musica che ho pubblicato recentemente è elettronica, ma non mi vedo come un musicista di musica elettronica. Credo di non aver scritto molto ultimamente, per tutte le faccende dell’album, l’uscita, la promozione, ma è strano per me, perché di solito scrivo musica tutto il tempo, non mi piace non scrivere. E’ come qualcuno che si allena a uno strumento ogni giorno, scrivere è la stessa cosa. Non mi piace non avere tempo per questo, capisci?
Ho ascoltato il tuo “ambient mix” per la ristampa del materiale di Brian Eno su All Saints. Qual è la tua idea in merito all’ambient oggi? Sembra che sia molto di moda per un sacco di producer techno.
Non so molto su questo, ad essere onesto penso che sia tutto marketing. La musica ambient non è mai morta, non è che le persone non la producessero, penso a un sacco di album ambient degli ultimi sei-sette anni, come quelli di William Basinski. Inoltre l’idea che sia “revival”, per me, è come se qualcuno decidesse che adesso è ok, ma lo è sempre stata. Voglio dire, Thomas Köner, l’hai mai sentito? Perciò non è un revival, solo che qualcuno ha deciso che era di nuovo cool. Se qualcuno dice che è cool, io non sono interessato, perché non sentiresti la musica ma solo l’hype.
Ma possiamo vederlo in questo nuovo trend riguardante il post rave? E’ interessante costatare come certe sonorità tornino periodicamente.
Per il post rave ha più senso, perché è stato un periodo, che io chiamo break beats. Era una cosa molto distintiva, che è stata sull’onda forse tre anni nella storia. Perciò sì, è come avere un revival. Ma la musica ambient ha quaranta anni, è un genere enorme.
Parlando del tuo ultimo album “Clark”, è il tuo settimo LP, anche se hai prodotto EP e qualche remix. Possiamo però dire che il long play è il tuo formato preferito?
Sì, decisamente…
Forse perché ti consente di costruire una sorta di discorso, un percorso da seguire per l’ascoltatore? Ho letto che avevi pensato così anche “Iradelphic”, il tuo penultimo album, come una singola lunga traccia da esplorare e scoprire ogni volta.
Sì, è così, ho sempre pensato a un album come un’unica lunga traccia. Mi piace l’idea della musica come un unico spazio, con le tracce che descrivono posti diversi in una sorta di reame. Mi piace pensare all’idea che la musica esista fisicamente. Per me l’ascolto perfetto è con le cuffie…sei dentro la musica così, come se sentissi di poterti arrampicare dentro di essa.
Hai mai pensato alla tua musica come una colonna sonora, per uno specifico, momento o paesaggio? Voglio dire, stamattina stavo ascoltando “Iradelphic” e pensavo fosse musica perfetta per quel momento, nel mattino. Hai mai pensato a questo tipo di “connessioni”?
Sì, penso che “Clark” sia un album molto invernale. Il suono è freddo e solitario, come questa mattina (ndr, a Milano il cielo era bianchissimo e lui era atterrato molto presto al mattino). Per la verità mi piace molto il freddo e le situazioni estreme del tempo, forse questo è l’album più freddo, invernale e notturno che ho fatto.
Sono d’accordo è perfetto per una giornata nuvolosa come oggi. Comunque, come senti le tue prime produzioni? Un sacco di artisti odiano le proprie.
E’ molto strano. Qualcosa sembra prodotto da un’altra persona, che non conosco, mentre un’altra parte è esattamente la stessa, la sento come qualcosa di prezioso, nello stesso modo di quando l’ho fatta.
Ci sono altri generi o artisti che hanno influenzato la tua musica per quest’album?
Beh, sono influenzato da tutti gli artisti, da ogni cosa. Voglio dire, qualche volta non sei influenzato da buona musica ma anche da quella che odi, ascoltare musica che non mi piace mi fa venire voglia di scriverne ancora e ancora di mia. Non sono influenzato solo dalla musica ma anche da molte altre cose. In verità film e libri m’influenzano più della musica. Ti inseriscono in uno spazio loro per gran parte del tempo, come certe scene di film: la parte visuale della mia mente si mette a lavoro, io immagino concretamene il film e provo a scriverne la musica.
Sono molto curioso sul tuo processo creativo: ho letto che hai affittato una casa nelle campagne per lavorare a “Clark”. Ma quest’attitudine possiamo considerarla come parte del processo creativo?
Penso che il processo creativo possa cambiare, ma l’idea di stare quattro mesi in un posto, con nient’altro da fare, se non scrivere di musica, mi attira veramente molto.
Immagino questa casa nel Lincolnshire, nello stesso modo in cui posso immaginarla nelle campagne non così lontane da Milano, nel mezzo del nulla…
Sì, non c’era molto da fare, solo musica e ancora musica. Mi piace stare solo e quell’isolamento che ne scaturisce.
Parliamo del field recording: è una cosa che è presente in praticamente tutti i tuoi album. Lo usi come un input da cui creare la traccia, oppure è come un punto di arrivo?
E’ un input. Rende subito il mio lavoro molto personale, perché mi ricorda quando ho fatto la registrazione, amo l’impegno che ci metto per farlo. E’ come mettersi subito a lavorare alle tracce.
Parlando con il tuo manager italiano, mi ha detto che il soundcheck del tuo live prende molto tempo. Lo puoi descrivere?
Alla fine è molto semplice, drum machine a tempo e diverse versioni delle tracce dell’album. Ma è strano, perché, quando stai finendo di fare la musica di un album, ti sembra molto completa, ma poi la devi prendere a parte per il live show, facendo a volte nuove versioni. Sembra un po’ di costruire Frankenstein: sollevi le varie parti dalla tomba e le ricostruisci tra loro.
Il tuo show è orientato al dancefloor?
Sì, assolutamente. Comunque club e beats.
Sei sempre stato un artista della Warp, una tra le label più iconiche del panorama. Com’è nata questa collaborazione?
E’ come una seconda casa. Perciò non sono mai stato su un’altra label, ho un ottimo rapporto con loro. Quando ho firmato con Warp è stato molto eccitante, ma poi ho iniziato subito a pensare che c’era bisogno di lavorare un sacco per continuare a fare musica, loro però mi lasciano libero di esplorare i miei percorsi e non interferiscono troppo. Questo mi piace molto.
Questo secondo te è una delle ragioni per cui Warp, da 25 anni, miete successi?
Penso di si: hanno poi un ottimo team che lavora agli artwork e alla promozione. Sono molto bravi a fare tutte quelle cose che i musicisti non dovrebbero sentire il bisogno di fare, perciò poi hai molto tempo per pensare solo alla musica: fanno loro le cose che trovo noiose e mi lasciano fare la parte divertente.
E’ anche un’interessante case history per la musica elettronica, non esistono molte label con 25 anni di storia e successi, specialmente adesso.
Si è molto bello vedere come siano riusciti a cambiare nel tempo, restando così vari nella loro duratura storia. Penso che forse c’è stato un periodo in cui il suo sound era abbastanza circoscritto, ma adesso è come una celebrazione della diversità.
“Diverso” è un aggettivo perfetto…
Sì, distintivi, individuali…[/tab]
[tab title=”English”]His last homonym album is considered as one of the best of 2014, after all Chris Clark, only Clark in music, is a strengthened artist, at his seventh work on the long play format, on Warp, as all his works. We’ve interviewed in a cold winter morning in Milan, for his Magnolia’s gig, to ask further about his last album, how he live the music, but also on the inevitability of the musical influences of the things that we don’t like.
Your first release is dated 2001, but I guess you were in touch also before with electronic music. How was your beginning: as a clubber or what else?
Mainly going to raves and these underground parties… but I wasn’t just into electronic music, I was into heavy metal and classical music and rap. So I don’t really feel like I belong to just electronic music, so my music is like a combination of all of these influences, really.
I know that you don’t consider yourself an electronic music artist, but you use a lot of “electronic music oriented” instrumentation. We know that your music can change quickly, but how can you describe your music nowadays, including current emotional aspects?
I am just writing lots of electronic music at the moment. I like what I do, not just seeing yourself as an electronic musician, because I enjoy playing instruments as well. When I make music I just love using electronic stuff, but quite often I play the piano and study music. The music I released recently it’s electronic, but I don’t really see myself as an electronic musician. I guess I haven’t written much music recently, because this album have just been promoting and so…it’s a kind of weird for me, ‘cause I usually write music all the time and I don’t like not writing music. Like someone who practices an instrument every day, it is like the same thing to writing music. I don’t like not having time off, you know?
I listened to your “ambient mix” for Brian Eno re-issues on All Saints Records. What is your idea about ambient music today? It seems to be considered very fashionable for a lot of especially techno producers.
I don’t really know about that stuff, you know? To be honest, I think that’s all marketing. I don’t really think ambient has ever died really. It is not like people didn’t…I think about to a lot of ambient albums of the last six or seven years, like William Basinski. So besides the idea that it is “revival”, to me is just like this is someone deciding that it sounds good… but it’s always…I mean, Thomas Köner, have you heard of him?. So decided it’s a revival, I don’t really quite that. I mean, some people have decided that it is cool again… if someone says it’s cool, I’m not interested, because you don’t hear the actual music, you just hear the hype.
But you could see in the post rave music trend. It’s very interesting how music comes back every certain years. This happens not only to post rave but also for other genres.
I think it’s basically…for post rave is a bit more. It makes more sense, because there was that period with, like, “rave and rave”. I call them break beats. They were very distinct, they were really off, like maybe three years in history. So it’s like to have a revival. But ambient music is like forty years old, is a very big thing to…it’s a big genre.
Let’s talk about your last album “Clark”, is your 7th LP and you created a bunch of remixes. Is it correct to say that the LP format is your favourite one?
Yeah.
Maybe because it allows you build a sort of speech, a path to follow with the listener? I read that you think that your last album is like one single long track to listen, explore and discover.
Yeah, I like the idea of music being like one space, with tracks being different spaces in a kind of realm. I really like the idea of music existing in the space, like a physical space. For me the perfect listening is with your headphones on…so you really feel you can climb inside, you’re inside the music. Anyway, I always just think of an album as, yes, one long track.
Have you ever thought of your music like a sort of soundtrack for a specific moment, for a specific soundscape? I mean, this morning I listened to “Iradelphic” while I was having a shower and for me it was the perfect situation, in the morning…have you ever thought about this kind of connections?
Yeah, I think that this record is really like a winter time record. The sounds are very…a kind of cold and lonely, right like this morning. I actually really like cold weather; I like the extreme weather situations. Maybe this album is an extreme, cold, wintery, night-time record kind of thing.
Yeah, I totally agree, because it is definitely perfect for a cloudy day like today. Anyway, how do you feel about your early music? A lot of artist hates it.
It’s really weird. Some of it sounds like a completely different person, a person that I don’t know, and some of it sounds like I would make it exactly the same, and it feels just as precious as it did when I made it. So it’s quite strange.
Was there any other genre or artist that influenced your music for the last album?
Well, I am influenced by all artists, or everything. I mean, sometimes you are not influenced by good music, but you are influenced by music that you hate. When I hear music that I really dislike, that just makes me want to write more and more my own. I mean, I’m not just influenced by music, I am influenced by many things. Films and books, probably more than music actually. They put you in a space most of the time, like certain scenes from a film, like an atmosphere, my visual mind works on it and I imagine that the space is inside the film and I try to write the music for that.
I’m really curious about your creative process: I read that you rent a house in the countryside while you were working on “Clark”. Can this attitude be considered a part of the process?
I think process changes, but the idea of having four months in one place, with nothing else to do but write music, for me it is very appealing. You don’t have any distraction, it’s a really focus on the work, very like…very deep, right?
I use to imagine this house in Lincolnshire like similar to some places in the countryside around Milan, in the middle of nowhere…
Yeah, there is really nothing to do, but music right after music. I like being alone, I like that loneliness thing you get.
Let’s talk about the field recording: this technique is present in almost all of your productions. Do you consider it like an input, or it is like a point of arrival?
Like an input. To me it makes it instantly personal and makes my work really personal, ‘cause I remember when I made this recording and I love making the effort to do this. It’s like…I am putting work into tracks.
We also spoke with Warp Italian manager about how hard to build and to check must be the setup of your audio/video show. Can you describe your live show?
It’s just a very simple kind of, like, drum machines in time and then different versions of the album tracks. But it’s weird, ’cause when you are going to finish the music for an album, it feels very complete and then you have to take it apart for the live show, making new versions sometimes. It feels a bit like Frankenstein, like lifting these things out of the grave, fixing things to…
Is your live show dance floor oriented?
Yeah, I think so, definitely. Club anyway, beats.
You are a Warp artist. Warp is maybe the most iconic label in Europe. How was this relationship born? You career is all as a Warp roster, isn’t it?
Yeah and it’s really good, I mean, I’ve never been on another record label, so to me is just like second house…I mean, when I signed to Warp it was really exciting, but then quickly you just think “I need to do a lot of work, carry on making music”. But I really like it, they just leave me to explore my own path really, and they don’t really interfere too much.
Is this maybe one of the reasons of 25 years of success in Warp?
Yes, I think so: they’ve got a very good team for art work and promotion. They are really good at all of this stuff that musicians shouldn’t really need to do, so that you have a lot more time just to think about making music, you know…they do the stuff that I find boring and they just leave me to do the fun stuff.
Warp is an interesting case history for electronic music, because there are not so many labels with 25 years of history and success, especially now.
Yeah, it’s a long time and I think it’s really nice when you see things have a long life and change over time and it’s so diverse. I think maybe there was a time in which sound was quite narrow, but now it is just like a celebration of a sort of diversity
“Diversity” is a perfect adjective…
Yeah, it is very distinct, individuals…[/tab]
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