Erol Alkan, artista di origini turco-cipriote ma londinese di adozione, da vent’anni a questa parte riesce ad interpretare il nostro tempo nelle vesti più varie, che vanno dall’essere selezionatore musicale sopraffino dal respiro underground a “superstar DJ” per grandi platee, oltre che produttore in proprio e per altri musicisti, maestro indiscusso nell’arte del remix, manager artistico della sua etichetta Phantasy Sound, promoter e radio presentatore. La sua cordialità dimostrata prima del suo concerto romano targato L-Ektrica presso il Lanificio159 ci ha permesso di affrontare molte tematiche che riguardano sia la sua persona che più in generale l’attuale scena del clubbing nonché le dinamiche odierne dell’industria discografica.
Se sei d’accordo vorrei partire dalla tua genuina curiosità, quella che da ragazzo ti portava a smontare e rimontare gli oggetti più disparati che trovavi in casa, per scoprirne il reale funzionamento.
Si, sono sempre stato molto curioso, per esempio da piccolo avevo un trenino, dalla locomotiva usciva del vapore e volevo capire come funzionasse, allora l’ho smontato completamente per soddisfare questo mio bisogno, per capire esattamente quale fosse il suo meccanismo interno.
Credo che questa tua attitudine di voler andare al cuore della faccenda, a non fare nulla in modo superficiale, si possa ritrovare nella tua musica, sei d’accordo?
Ti ringrazio, sono convinto che nella musica così come nell’arte non si possa far altro che essere sé stessi. Dietro a quello che faccio c’è sempre una storia o un elemento sottinteso che considero di grande valore. Delle volte può essere una trama musicale particolare oppure un elemento che ti fa visualizzare un’immagine, mi piace dare all’ascoltatore qualcosa che lo faccia andare oltre il semplice ascolto. Ma non parlo per forza di roba complicata, delle volte la stessa semplicità contiene in sé elementi di interesse. Non c’è una formula precisa, si tratta sempre di veicolare le mie sensazioni per realizzare qualcosa di convincente.
Qualche tempo fa hai dichiarato, proprio sulle nostre pagine, che il tuo passato musicale è molto legato alle live band e che il tuo strumento principale è la chitarra. Come sei arrivato all’elettronica?
Da adolescente ero chitarrista in diverse band, ma allo stesso tempo ero molto incuriosito dall’elettronica. Erano i tempi in cui l’acid house passava in radio o perlomeno nelle stazioni che mi piaceva ascoltare, e per me fu una scoperta incredibile. Sentivo che questi brani avevano lo stesso carisma di un pezzo fatto con le chitarre, così ho vissuto in parallelo la mia passione per il rock e per l’elettronica. Un brano fatto con le chitarre ha sempre una storia, dal punto di vista musicale e lirico, mentre uno elettronico ha una attitudine ben precisa ed entrambi gli aspetti mi affascinano. L’acid house e la techno avevano per me la stessa attrattiva del punk-rock! Era difficile da giovani non essere influenzati da musica del genere.
Puoi farci qualche nome di artisti seminali che amavi ascoltare e che ti hanno influenzato nel tempo?
Sicuramente reputo l’electro-pop una delle influenze più importanti nella mia carriera, intendo band come i Depeche Mode, con le loro canzoni bellissime. Ma, come detto, reputo fondamentali anche molti dischi acid house, con i loro suoni totalmente fuori dal mondo, che a livello di impatto suonano assolutamente punk. Gli LFO per esempio, alcuni dei loro brani non hanno nulla di che invidiare a “God Save The Queen” dei Sex Pistols.
Hai tirato in ballo l’electro-pop ed è curioso perché riflettendo sulla tua figura mi viene in mente che potrei definirti un artista dalla “sensibilità pop”, il che non è così comune nella scena dei DJ, sei d’accordo?
Posso dirti che sono un grande fan della pop music o perlomeno di quella di un certo tipo, non di Miley Cyrus come puoi immaginare. Della musica amo l’impatto, di come qualcosa può essere sorprendente quando meno te lo aspetti, ed in questo la musica pop è esemplare, perché parla un linguaggio che chiunque può comprendere, anche quando presenta elementi meno immediati. Cerco sempre di tenere a mente questo aspetto del pop perché voglio che la mia musica sia invitante per il pubblico ma che allo stesso tempo abbia elementi che forniscano una certa longevità. E’ questo lo scopo che mi pongo. Poi devo dire che è bello quando si ha la sensazione, riascoltando un disco più datato, che sia ancora valido, nonostante magari si possano riscontrare in esso degli elementi di ingenuità.
E’ come constatare che in quel momento della propria vita artistica non si sarebbe potuto fare di meglio?
Esattamente. Potrei aggiungere, nel mio caso specifico, che non c’è nemmeno rammarico nel non aver accettato commesse importanti per realizzare un remix. Non immagini neanche quanti soldi mi hanno offerto per farne alcuni, ma non ho accettato perché i brani non mi piacevano e ancor meno quelle band. Semplicemente non mi sentivo di farlo e non l’ho fatto. Poi invece ci sono collaborazioni che nascono in modo del tutto naturale, come nel caso del mio mix per i Midlake (il brano in questione è “Roscoe” (Erol Alkan Mix) NDR) dove non conta assolutamente nulla il compenso ma solo la stima reciproca.
Una volta hai dichiarato che remixi solo materiale che non ti piace. L’ho sempre ritenuta una provocazione intelligente, perché spiega il tuo modus operandi ovvero il cercare di realizzare una versione migliorativa o perlomeno altrettanto efficace di quella originale.
Grazie. Chiaramente nei confronti dell’artista con il quale collaboro deve esserci un feeling di un certo tipo, ma non si tratta solo di questo. Il processo di realizzazione di un remix è attività molto complessa, la considero una vera e propria sfida con me stesso. E’ chiaramente qualcosa che sento di voler fare e sostanzialmente si tratta di filtrare un brano secondo la propria sensibilità per ottenere un risultato che valga la pena di condividere.
Vorrei parlare anche di come la tua figura artistica viene percepita dal pubblico. Sei considerato allo stesso tempo una icona dell’underground londinese dal quale non si sa esattamente cosa aspettarsi e un “superstar DJ” che anima folle in delirio. Io non la trovo una contraddizione in quando penso che si possa essere credibili in entrambe le vesti. Tu cosa ne pensi?
Ho capito cosa intendi, per descrivere questa mia attitudine potrei usare l’immagine di un pendolo, che oscilla tra l’underground ed il mainstream senza però mai essere del tutto né l’una e né l’altra cosa. E’ come coprire quel determinato spicchio che è nel mezzo, quindi anche io trovo che non ci sia alcuna contraddizione in questo. Come esempio posso raccontarti della mia esperienza in radio, i brani che scelgo non sono mai totalmente underground né mainstream ma riescono a suggerire i rispettivi mondi di appartenenza, che sono giusto ad un palmo dall’esperienza dell’ascoltatore, basta spingersi un pochino più in la per scoprirli. Anche quando poi si suona dal vivo bisogna capire quello che il pubblico vuole, ma per me conta soprattutto l’energia che una traccia può dare, al di là della tipologia di musica scelta. Se al pubblico viene proposta spazzatura essi stessi diventano spazzatura!
Raccontaci qualcosa della tua etichetta Phantasy Sound attraverso la quale dal 2007 esplori i territori sonori più vari, dalla psichedelia all’elettronica, come se fosse un riflesso diretto dei tuoi gusti musicali.
L’etichetta cambia di continuo, insieme a me ed alle persone coinvolte nel progetto. Ma si tratta di una evoluzione del tutto naturale, nulla di studiato a tavolino. Posso dirti che promuovo i dischi che mi piacciono e creare una base comune per artisti anche differenti. Credo nella possibilità di far dialogare mondi che solo in apparenza appaiono distanti.
Quindi nella gestione della Phantasy Sound conta più l’istinto che la programmazione, giusto?
Assolutamente, conta molto di più l’istinto. Poi nella gestione effettiva del tutto, considerato che l’etichetta è cresciuta parecchio, ho un label manager che mi da una mano. La direzione artistica è sempre mia mentre molti aspetti di natura tecnica vengono curati da persone fidate.
Cosa ci puoi dire invece riguardo al progetto musicale Beyond The Wizard’s Sleeve che condividi con Richard Norris? Lo avete descritto come un gruppo che non realizza remix bensì “rianimazioni cosmiche” di brani altrui (tra gli altri di Daniel Avery, The Chemical Brothers, Interpol, Goldfrapp).
Per me questo progetto è una valvola di sfogo, il giusto mezzo per sperimentare con l’elettronica e andare oltre i suoi stilemi classici. E’ un approccio fresco e dinamico di trasfigurazione dei brani originali dove più di ogni altro aspetto conta la nostra creatività.
Una curiosità, cosa ascolti a casa tua quanto hai voglia di rilassarti?
Il silenzio, niente musica. Ogni volta che ascolto qualcosa è per soddisfare un particolare bisogno, magari per scoprire qualcosa di nuovo, per rendere uno spazio più piacevole, semplicemente per il gusto di farlo oppure per studio. Quando ho voglia solo di rilassarmi tendo a non ascoltare nulla.
Com’è cambiata l’industria discografica dai tempi del tuo debutto di una ventina di anni fa?
L’industria discografica è profondamente mutata. Chiaramente perché la gente compra meno dischi e quindi c’è meno economia nell’indotto, ma credo che ci sia anche qualcosa di più profondo, come se le persone amassero la musica meno di un tempo o, per meglio dire, avessero un modo di rapportarsi ad essa molto diverso. Ritengo inoltre che la stessa proposta musicale attuale sia meno interessante di quella di un tempo, perché da un lato c’è il prodotto di grandissimo successo e dall’altro l’artista semisconosciuto, io sono sempre stato interessato all’artista o la band che è nel mezzo rispetto a queste due tendenze, ma sembra che questa fetta di offerta artistica sia sempre più ridotta.
Sono d’accordo ed ironia della sorte l’offerta di mezzo non riesce ad alimentarsi attraverso l’attuale sovraesposizione artistica, è più facile fare musica e sopratutto ottenere visibilità attraverso i muovi media ma sembra non bastare.
E’ tutto più facile di prima ma non è migliore.
Qualche giorno fa sulla tua pagina Facebook hai condiviso “Musique Non Stop” dei Kraftwerk che personalmente è un brano che adoro. Che rapporto hai con i social network?
Mi piace condividere la musica il più possibile, attraverso i social network così come in radio. Immagino l’impatto che possa avere una traccia come “Musique Non Stop” su una persona che non ha mai sentito nulla del genere. E’ come aprire una finestra su un intero mondo sconosciuto, insomma allargare di colpo i propri orizzonti.
Un’ultima domanda, cosa dobbiamo aspettarci dalla tua performance di questa sera?
Osserverò il pubblico, il posto dove suono e cercherò di fare del mio meglio. Voglio darvi buone vibrazioni e farvi ascoltare buoni dischi. Cercherò di interpretare l’idea di club che avete qui a Roma, che non può essere la stessa che si trova altrove perché è sempre diversa.
English Version:
Erol Alkan, London-based artist with Turkish-Cypriot origins, since twenty years is able to interpret our times playing more roles, ranging from superfine music selector with underground tastes to “superstar DJ” for large audiences, as well as producer of autographs works and for other musicians, undisputed master in the art of the remix, artistic manager of his label Phantasy Sound, promoter and radio presenter. The friendliness demonstrated before his concert at Lanificio159 in Rome, labeled by L-Ektrica, allowed us to talk about many issues concerning his person but also more generally on the current clubbing scene and on certain dynamics of today music industry.
Let me start from your genuine curiosity, that took you as a child to disassemble and reassemble different stuffs you found at home, just to discover the real function of them.
Ok, I have always been very curious, for example as a child I had a train, the locomotive gave out a steam and I wanted to understand the inner function, so I completely disassembled it to satisfy my need, to understand exactly how it worked.
I think your will to go in the heart of things, to do nothing in a superficial way, can be even found in your music, do you agree?
Thank you, I think that in music as well as in art you can’t be anything but yourself. Behind the things I do there is always a story or an implication that runs beyond. Sometimes can be a musical texture or a particular element that makes you see something, I like when the listener feels something more that just music. But I’m not talking necessary about complicated stuff, often simplicity itself contains elements of interest. There is no precise formula, it is always to convey my feelings to achieve something convincing.
Some times ago you told us that your musical background is rooted in the live band scene and that you use to play guitar as main instrument. How did you get into electronics?
As a teenager I was a guitarist in several bands, but at the same time I was very fascinated by electronics. Those were the days the acid house passed in radio stations, or at least through the channels that I used to listen to, and for me it was an incredible discovery. I felt that those songs had the same charisma of a piece made with guitars, so I lived in parallel my passion for rock and electronics. Songs done with guitars always has a story, from the musical and lyrical point of view, while an electronic piece has a definite attitude and both aspects fascinate me. Acid house and techno for me had the same attractive of punk-rock! It was difficult to be young and not to be influenced by such music.
Can you give us few names of seminal artists you loved to listen to and that influenced you in time?
Certainly electro-pop is one of the most important influence in my career. I mean bands like Depeche Mode, with their beautiful songs. But, as I said before, I consider fundamental also many acid house records, with their totally weird out sounds, absolutely punk. LFO for example, for me certain songs of them have nothing to envy to “God Save The Queen” by The Sex Pistols.
You have spoken about electro-pop and it is curious because reflecting on your figure I could call you an artist that has such a “pop sensibility” which is not common to find in the DJ scene, can you agree?
I can tell you that I’m a big fan of pop music, or at least of certain pop, not Miley Cyrus as you can imagine. I love the impact in music, how something can be surprising in an unexpected way, and pop music is exemplary in this, it speaks a language that everyone can understand, even when it has less immediate elements. I always try to keep in mind this aspect of pop because I want my music to be inviting but at the same time I try to add elements that provide some longevity. This is my purpose. It’s great when you have the feeling, listening to a dated record, that it still sounds good, although finding some naive elements.
It’s like to look back and see that you could not do better?
Exactly. And standing in my own shoes I can also say that I don’t regret not having accepted to do remix for money. You can’t imagine how much money they offered me to make some, but I did not accept because I did not like that song and I liked even less that band. I did not feel like doing it and I did not do it. And on the other hand there are collaborations that comes in a natural way, as in the case of my mix for Midlake (the song in question is “Roscoe” (Erol Alkan Mix)) where money does not count anything but there is only mutual respect.
Once you said that you remix only material you don’t like. I have always considered it a very smart gossip because it explains your modus operandi, your attempt to create a better version or at least one that is as good as the original.
Thank You. Of course I need to have a good valuation about the artist with whom I work, there must be a feeling of a certain type, but not only that. The process of making a remix is a complex activity, I consider it a real challenge to myself. It’s something that I want do and basically it’s like to filter a song according to your personal sensibility to obtain a result that is worth to be shared.
I would also talk about how your artistic figure is perceived by the public. You are considered at the same time an icon of certain underground movement in London that realize unexpected things and a “superstar DJ” that animates the crowds. I don’t find a contradiction in this topic. What’s your idea about?
I understand what you mean, to describe my attitude I could use the image of a pendulum, that swings between the underground and the mainstream without touching any extreme position. It’s like cover that particular segment which is in the middle, so according with you I find no contradiction in this. As an example I can tell you about my radio experience, I choose songs that are never totally underground or mainstream, but they can suggest the respective worlds of competence, which are just a few inches from the experience of the listener, the discovery is just besides him. Also when I play live I must be able to understand what the public wants, but for me the most important aspect is the energy that a track can give, not the type of music that I choose. If to the public is proposed junk, becomes itself junk!
Tell us something about your label Phantasy Sound through which since 2007 you explore the more varied territories of music, from psychedelic to electronics, as if it were a direct reflection of your taste in music.
The label is constantly changing, through me and through the people involved in the project. But it’s a natural evolution, nothing calculated in some ways. I can tell you that I like to promote the records that I like and create a common base for different artists. I believe in the possibility of dialogue between worlds that only apparently seem distant.
It means that in the management of Phantasy Sound is more important the instinct than the programming stuff, right?
Absolutely, the instinct matters the most. Then, for the everyday work I have a label manager that gives me a hand. The artistic direction is always mime while many technical issues are organized by people of whom I trust.
And what can you tell us instead the musical project Beyond The Wizard’s Sleeve that you share together with Richard Norris? You have described it as a group that does not realize remix but “cosmic re-animations” of edit tracks (among others by Daniel Avery, The Chemical Brothers, Interpol, Goldfrapp).
For me this project is like a shift, a great medium to experiment with electronics and go beyond its classic styles. It’s a fresh and dynamic approach of transfiguration of original tracks where more than any other aspect counts our creativity.
Just a curiosity, what do you like to listen to when you are at home and want just to relax?
Silence, no music. Every time I hear something is for a certain purpose, perhaps to discover something new, to make a space more pleasant, just for pleasure or for study. When I want to relax I don’t listen to the music.
How has changed the music industry since your debut twenty years ago?
The music industry has deeply changed. Of course because people buy fewer records and therefore there is less related economy, but I think there is also something that counts more, as if people love the music less than before or, rather, had a differently way to relate with it. I also believe that the current music proposal is less interesting than in the past. On one hand there is the great success act and on the other the little-unknown artist, I’ve always been interested in the artist or in the band that is in the middle, but it seems that this slice of artistic offering is constantly reduced.
I agree with this consideration and ironically the nowadays offer in not able to fit in this niche even though the current artistic overexposure for which it’s easier to make music and especially gain visibility through new media.
It’s become easier but not better.
Few days ago on your Facebook page you shared Kraftwerk’s song “Musique Non Stop“, a track that I love. What is your relationship with social networks?
I like to share the music as much as possible, through social networks as well as in radio. I like to imagine the impact that can be a track like “Musique Non Stop” on a person who has never heard anything like it. It’s like to open a window on a whole unknown world, really providing to wide the horizon.
One last question, what can we expect from your performance tonight?
I will observe the audience, the venue and try to do my best. I want to give to the public good vibes and good records. I will interpret the idea of club that you have here in Rome, that is surely different as elsewhere because it’s always different.